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Briciole di pane

Nervi, progetto Sicilia

Una mostra ad Acireale riscopre le opere del grande ingegnere, comprese quelle mai realizzate

Roma, 7 aprile 2012 – Nei primi anni Cinquanta un viaggiatore americano, George E. Kidder Smith, percorre l'Italia da nord a sud in un insolito Grand Tour nei luoghi della ricostruzione. Il volume che racconta grandi città e piccole province, intitolato seccamente Italy Builds/L'Italia costruisce, ha immediato successo: non fotografa un Paese in ginocchio, sconfitto dalla guerra, ma restituisce l'immagine di una nuova nazione impegnata in un grande cantiere collettivo.
Protagonista indiscusso della rassegna è Pier Luigi Nervi, non a caso definito "insuperabile" da Kidder Smith. Sottili volte ondulate in cemento armato e strutture capaci di parlare alle emozioni occupano le pagine del volume. Nell'ultima pagina è pubblicato il progetto dei serbatoi interrati per benzina di Nervi costruiti a Palermo; un'opera che si potrebbe facilmente ascrivere al repertorio delle realizzazioni "minori".
Basta tuttavia la lettura delle poche righe descrittive a fugare ogni dubbio sulla ragione di questa presenza nella rassegna: «Molto simile ad una versione circolare della sala delle cento colonne di Dario, costruita a Persepoli verso il 500 a. C., questo imponente serbatoio di benzina dell'aeronautica a Palermo è uno dei tanti costruiti in Italia durante la guerra. (...) l' interno del serbatoio ricorda il miglior Piranesi». Le fotografie confermano la carica evocativa del progetto: la selva delle ventidue colonne in cemento armato è illuminata da un fiotto di luce radente che ne allunga le ombre. Ben altro che un semplice contenitore per carburante, questo spazio, che non dovrebbe avere per la sua funzione alcun fruitore, risveglia il desiderio di essere percorso e abitato, pur con qualche timore per la sua natura ambigua e misteriosa.
Come non restare catturati dal paradosso di un ingegnere la cui capacità di plasmare lo spazio è talmente forte da vincere persino la resistenza più grande: l'assenza di un uomo che possa percepirne le qualità.
Ma è il passaggio dalle pagine del volume e dai disegni dell’archivio ai luoghi a ribadire con forza il carattere visionario di questo progetto ipogeo. Grazie al paziente riscontro della planimetria conservata al Centro studi e archivi della comunicazione di Parma con le fotografie aeree di diverse zone militari in provincia di Palermo, una giovane studiosa, Giulia Argiroffi, ha individuato ben 12 esemplari realizzati del progetto prototipo per serbatoio circolare alle pendici del Monte Pellegrino. Ma il progetto del serbatoio non è che un tassello di una rete più ampia che si svolge silenziosamente sotto terra e che solo in alcuni punti riemerge.
Spazi naturali di grotte ipogee, sotto la via Monte Pellegrino, sono resi comunicanti da una serie di cunicoli voltati su progetto di Nervi; il sistema permette - con ogni probabilità - il collegamento sotterraneo tra la zona del porto e le pendici del Monte Pellegrino dove trovano realizzazione i 12 serbatoi circolari, enormi toloi, collegate tra loro da cunicoli di ispezione e "discenderie". Memorie arcaiche di città dei vivi o dei morti scavate nella pareti rocciose e sotto terra si risvegliano nell'osservare lo straordinario complesso di opere del Monte Pellegrino.
A Pier Luigi Nervi è dedicata la mostra "L'architettura molecolare" inaugurata ad Acireale, nella Galleria del Credito siciliano e aperta fino al 24 giugno 2012, arricchita di un portfolio fotografico di Luca Campigotto sull'aviorimessa sotterranea di Pantelleria e di un percorso sulle opere realizzate nell' Isola.
L’itinerario siciliano di Nervi è ricco di altre realizzazioni importanti come le due aviorimesse allo Stagnone di Marsala. La spazialità interna del vasto ambiente definito dalla successione parallela di archi costruiti attraverso l'assemblaggio di elementi in cemento armato prefabbricati a piè d'opera rientra nella linea evolutiva della serie delle celebri aviorimesse di Orvieto (1935-38), Orbetello e Torre del Lago (1939-42). Ma mentre queste sono state tutte demolite, i casi della storia ci consegnano intatte le aviorimesse di Marsala, divenute unica testimonianza del sistema costruttivo utilizzato.
Anche il dopoguerra vede Nervi più volte in Sicilia: il progetto per la copertura della stazione di Palermo del 1946 sarebbe stato, se costruito, una sorta di sperimentazione del sistema di copertura realizzata poi nel palazzo delle Esposizioni a Torino. Ma questo progetto condivide la sorte della maggior parte dei progetti siciliani del dopoguerra, non più legati alla committenza militare, ma a un'eterogenea serie di occasioni e contatti, e apre un altro piano di ragionamento e ricerca. Con l'unica eccezione di un campo sportivo a Taormina le opere del secondo dopoguerra resteranno sulla carta, raccontando forse non molto della pratica progettuale di Nervi, ma certamente moltissimo delle vicende urbane e architettoniche della Sicilia.
Incaricato da committenti diversi - l'università di Catania, la società generale immobiliare, le amministrazioni locali - Nervi progetterà una decina di opere per le città siciliane, senza che mai si arrivi alla fase realizzativa.
Se le opere precedenti la seconda guerra mondiale, proprio per il loro essere racchiuse all'interno di enclaves militari, non riescono a entrare in relazione con il contesto locale e restano nascoste agli occhi di altri ingegneri e architetti che operano sullo stesso territorio, le opere successive subiscono la medesima sorte di molte altre progettate per l'Isola, segnata da un destino di opere incompiute o non realizzate. È una storia dove talvolta le assenze parlano più delle presenze e dove i fantasmi di carta di architetture solo disegnate raccontano le città possibili.
È una storia però che vale la pena di ricordare perché la risposta progettuale di Nervi conserva intatta la sua lezione: non è l'Italia del benessere a produrre le grandi architetture di Pier Luigi Nervi che sono, al contrario, figlie del bisogno. Le opere di Nervi si affermano attraverso il sistema dell'appalto-concorso: non vincono le gare perché sono le più belle, ma perché sono la risposta più economica a un problema concreto. Il grande ingegno costruttivo, la perizia nel progettare e condurre il cantiere, nascono dal sistema di vincoli e ristrettezze imposte dal regime fascista prima e dalle poche risorse di un Paese sconfitto dalla guerra poi. Un ingegno, tutto italiano, erede della grande tradizione costruttiva delle cupole e delle volte in muratura, capace di svilupparsi e crescere nonostante una congiuntura economica ostile. O forse proprio grazie a questa.

Paola Barbera (Fonte: La Repubblica, edizione Palermo)