Flash news Infrastrutture:
 
 

Briciole di pane

Nessun danno a persone o cose. Ma è "incidente" lo stesso

Recenti applicazioni giudiziarie sulla guida in stato di ebbrezza

Roma, 19 gennaio 2017 – Comunemente, la locuzione “incidente stradale” evoca immagini di lamiere contorte, guard-rail ammaccati, frammenti di fanaleria disseminati sull’asfalto (se non peggio).

In effetti, la Convenzione di Vienna del 1968 definisce l’incidente stradale come “un evento in cui rimangono coinvolti veicoli, esseri umani o animali, fermi o in movimento, e dal quale derivino lesioni a cose, animali o persone”. Da tempo, però, molti addetti ai lavori – giudici penali compresi – adottano una nozione un po’ diversa, più tecnica e sofisticata: per “incidente stradale” deve intendersi una significativa turbativa all’andamento previsto della circolazione, a prescindere dai danni verificatisi.

 


Una concreta (concretissima!) occasione di confronto tra le due concezioni è data dai processi per guida sotto l’influenza dell’alcool. Va ricordato che l’art. 186 del Codice della Strada è giustamente severo.

Prevede, infatti, una pesante aggravante se (comma 2-bis) “il conducente in stato di ebbrezza provoca un incidente stradale”: in tal caso le pene sono raddoppiate, è disposto il fermo amministrativo del veicolo, il lavoro di pubblica utilità in sostituzione della pena non è ammesso.

 


Comprensibile quindi che chi, con i riflessi annebbiati da un tasso alcolemico non consentito, ha “semplicemente” e “isolatamente” fatto finire l’auto in un prato (o sulla banchina) cerchi in ogni modo di evitare l’aggravante: tenti, cioè, di convincere i giudici che l’assenza di collisioni e danni equivale all’assenza di “incidente”.
I giudici, però, si mostrano inflessibili.

Nell’anno appena concluso, l’inflessibilità è emersa più volte: Tribunale Bari 5 ottobre 2016, Cassazione Penale 38203/2016 e altre. Quest’ultima sentenza precisa che “ai fini dell’aggravante di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2-bis, nella nozione di incidente stradale sono da ricomprendersi tanto l’urto del veicolo contro un ostacolo, quanto la sua fuoriuscita dalla sede stradale; a tal fine, non sono, invece, previsti né i danni alle persone né i danni alle cose, con la conseguenza che è sufficiente qualsiasi, purché significativa, turbativa del traffico, potenzialmente idonea a determinare danni”.


Si può parlare di rigidità preconcetta, di volontà giudiziaria di arrivare comunque al massimo della condanna?

Riteniamo, sommessamente, di no. I giudici interpretano un’espressione usata dal testo di legge – come “incidente stradale” – sulla base di indicazioni desunte dalla normativa nel suo complesso; normativa che, chiaramente, intende riservare un più pesante trattamento sanzionatorio a chi abbia manifestato una maggiore pericolosità alla guida. Un conducente alticcio, rivelatosi incapace persino di mantenere la vettura entro la sede stradale, ha dato senz’altro prova di tale maggiore pericolosità. Anche se i danni fisici e materiali sono pari a zero.

Davide Fornaro