Flash news Infrastrutture:
 
 

Briciole di pane

Quando eravamo felici: il viaggio di Antonio Pascale lungo l’autostrada del Mediterraneo

Il giornalista e scrittore racconta i suoi viaggi in Calabria d’estate con la famiglia negli anni ’70. Il brano è stato estratto dalla Guida di Repubblica A2 Autostrada del Mediterraneo dedicata alla valorizzazione dei territori attraversati dall’Infrastruttura

I ricordi dell’infanzia riaffiorano tutti. Riaffiorano sempre. Quelli belli, quelli dei viaggi d’estate. Quelli di ore e ore passate lungo le strade del Paese. Con partenze alle tre di notte e l’arrivo col sole già alto. La meta è la storica Salerno Reggio Calabria. Ora la A2 “Autostrada del Mediterraneo”. Ed è proprio per la Guida di Repubblica dedicata alla storica autostrada, che tanto ha fatto parlare di sé, che con grande poesia ed emozione lo scrittore e giornalista Antonio Pascale - vincitore del premio Sandro Onofri e quello di Isola di Procida-Elsa Morante con La città distratta e quest’anno presentato al Premio Strega da Francesco Piccolo con La foglia di fico. Storia di alberi, uomini e donne, edito da Einaudi - fa riaffiorare le memorie di un tempo lontano, di un tempo in cui anche se c’era la crisi petrolifera “eravamo felici”. Come scrive Pascale: “provate un esperimento. Dite solo: Salerno/Reggio Calabria, la famosa A3. E vedete la reazione del vostro interlocutore. Qualcuno vi risponderà secco: ci devi andare? Augurissimi. Oppure: ti trattieni a lungo? Allora, mi credereste se vi dicessi che ora questa autostrada funziona, e bene anche, anzi possiamo definirla come: l’Autostrada del Mediterraneo? Forse no. Sono sicuro che voi come me avete avuto le vostre strane, brutte esperienze. E magari proprio ora, mentre, scrivo state cominciando a ricordarle. Vi rivedete da bambini in procinto di partire per la Calabria, in vacanza. Erano gli anni 70/80. Com’eravate? Come me? Io ero un ragazzino. Che a luglio, con famiglia e amici di famiglia, partiva per la Calabria, Acquappesa, località marina, vicino Cetraro. Ora, i ricordi possono essere fallaci, tuttavia se ci ripenso sento crescere in me una sensazione di spensieratezza. D’accordo sì, la crisi petrolifera, la prima domenica di austerity - 2 dicembre 1973 e tuttavia se mi volto indietro vedo i miei genitori e gli amici dei miei. Sembrano felici. Per lo meno i loro gesti quotidiani mi rassicurano. Allora abitavo a Caserta, e nonostante l’austerità io e la mia famiglia e gli amici dei miei ci sentiamo felici. Ci sentiamo membri di un nuovo club: quello del Sud e siamo orgogliosi, difatti, nonostante la crisi petrolifera e l’austerity, il Nord e Milano non ci sembrano poi così lontani: possiamo raggiungerli. Abbiamo sì il mutuo e le rate ma anche le cucine nuove, i bagni piastrellati, i frigoriferi. E le berline. Noi una Opel Ascona, e stiamo per partire per la Calabria. Viaggio notturno, partenza alle 3 di notte, perché l’A3 si presentava aspra. E pericolosa su molti tratti, curve assurde, gallerie non illuminate, ogni tanto un incidente, che vuoi farci? Ma noi negli anni ’70 eravamo spensierati, furbi e (forse) felici, e quindi prendevamo tutto come un’avventura. Allora sì alle tre di notte, tre ore e mezza e si era ad Acquappesa, 5 ore circa, se invece ci spingevamo fino a Tropea. Mio padre che non dormiva (per la tensione, diceva) e mi svegliava alle due e trenta. L’appuntamento al casello di Caserta Sud. La partenza, i mozziconi delle sigarette buttati dal finestrino, la striscia di brace sull’asfalto e poco più in alto la striscia dell’alba, noi tutti che procedevamo in carovana, i monti del Pollino, poi uscivamo a Cosenza, imboccavamo una statale piena di curve, qualcuno di noi vomitava e finalmente la costa: quel mare, quella luce. Lasciata l’aspra autostrada ci si ritrovava e felicemente tra la natura selvaggia. Macchia mediterranea (o meglio quello che restava delle secolari deforestazioni) e case senza intonaco, i ferri della speranza bene in vista, servizi igie­nici non a norma, niente sabbia e tante pietre, cazzute anch’esse, ovviamente spiagge libere, niente lidi, e le onde, quelle, in alcune giornate di vento erano enormi, piene di spuma, si ab­battevano sulla battigia, e s’allargavano sulla spiaggia: come un’ameba raggiungevano gli ombrelloni trascinando via tutto: e ridevamo tutti. Sì, eravamo felici”.

 Ma com’è oggi? Nel suo racconto il giornalista e scrittore è tornato a ripercorrerla dopo 40 anni, provando le stesse emozioni, ma trovando una strada completamente diversa, più larga, più veloce, senza lavori, più sicura e soprattutto gratuita: “Con questi ricordi in testa, dopo tanti anni, sono partito per ripercorre tutta la Salerno/Reggio. Che mi aspetta lungo il percorso? Voi cosa pensate? Vi posso dire quello che ho notato io? Avevo superato Salerno e camminavo (immerso nella luce) su un tratto auto­stradale di tre corsie, e insomma ho pensato: non c’è nessuno. Poco traffico. Chissà più avanti. E più avanti verso Sala Consilina doveva esserci - se non ricordavo male - una strettoia, quella del Serino, sì km 131, una strettoia lunga 40 anni. Mi ricordo che già negli anni 70 si camminava su corsia unica e c’era una lunga curva a gomito, vedo come se fosse ora mio padre che spegneva la sigaretta e abbassava il volume della ra­dio, per concentrarsi. E invece mi sono ritrovato da solo a sci­volare lungo il tratto Padula-Buonabitacolo/Lauria, senza in­toppi, anzi ho attraversato una galleria niente male, lunga, af­fusolata, avveniristica, con dei led di colore blu/violacei a in-dicare le uscite di sicurezza, così belli che mi sono venute in mente le luminarie accese per la festa. Che tra l’altro quella del monte Sirino è classificata zps: zona a protezione speciale. Non deve essere stato facile lavorare qui. Come si dice in gergo la zps si articola tra i 918 ed i 2.005 m di quota, c’è una mo­rena glaciale e un laghetto, pure questo di origine glaciale. Gli ornitologi ci vanno a nozze, c’è il picchio nero. Pure i botanici non scherzano, a parte la faggeta, c’è un flore molto raro, la vicia serinica, un’esclusiva del Massiccio del Sirino-Papa, un flore tipico lucano, azzurro-violetto. Che dire, mentre attra­versavo placidamente questo tratto e la mente vagava. Noi sta­vamo in Calabria un mese, chissà, forse anche voi. Affittavamo delle case in riva al mare. Credo fossero abusive. Costavano poco. Anno dopo anno le abbiamo visto cambiare. Si sono al­zate di un piano, poi l’intonaco, poi le antenne per prendere Capodistria. Tuttavia in quel gruppo di case abusive eravamo in tanti, non solo meridionali, c’erano anche i nordici e tanti tedeschi. Ah, certo, a metà stagione ci lamentavamo tutti. Il mare si sporcava. C’era questa striscia gialla nauseabonda che insozzava l’acqua cristallina. Allora, sì, afflitti dalla striscia gialla cambiavamo umore, e ci lamentavano, di tutto. Della Calabria e dei calabresi. Dell’A3 soprattutto, costruita male, un popolo di corrotti e concussori. Spesso urlavamo: non ce la faremo mai a ridurre questo divario con il Nord! Con questa autostrada, con questa bellezza tradita, il mare azzurro a inizio sta­gione, giallo già a metà luglio, le faggete, i picchi neri, la vieta, le morene glaciali e i monti della Sila, aspri e bellissimi e più avanti c’era Reggio Calabria, e il tratto dove i due mari si uni­scono - vi assicuro, dicevamo - è meraviglioso, ci sono delle coltivazioni di bergamotto...guardate, un incanto, le attra­versate e vi trovate sulla spiaggia, tra scirocco e libeccio, un incanto. Intanto ci sfogavamo e bevevamo (assieme ai tedeschi) birre a raffica e poi, afflitti, intimiditi dalla marea gialla, an­davamo nei bagni delle nostre case abusive e buttavamo tutto fuori. E mai, mai che ci sia venuto in mente che il problema eravamo noi. Noi inquinavamo il mare, noi che prendevamo le case abusive, con servizi igienici non a norma, noi che af­follavamo speranzosi e felici le spiagge calabresi senza depu­ratori (avrebbero alzato il prezzo delle nostre vacanze), noi così furbi da credere che il male fosse fuori da noi, magari assumeva a volte le sembianze di un’autostrada piena di curve, insensata, che tuttavia alla fine, noi, e solo noi, avevamo costruito. Ho ricordato tutto questo, in maniera molto disordinata, poi nei dintorni di Castrovillari ho pensato a quanto deve essere stato diffìcile costruire l’A3, con questo profilo altimetrico da su­perare. Duecento km in mezzo agli Appennini Lucani e Cala­bresi, 190 gallerie (125 km), 480 tra viadotti e ponti, tra cui forse l’opera più innovativa, il viadotto Italia, in calcestruzzo e acciaio, il secondo viadotto più alto in Europa e mi sono chiesto se gli ingegneri e gli operai non fossero la parte migliore di questo paese, gli unici che hanno davvero gettato dei ponti (e ci sono morti) per farci superare le asperità della natura e della cultura e ci hanno portato fin qui: in mezzo al Mediter­raneo. E poi l’ho visto, finalmente. Il mare. Dopo una galleria. Da ora in poi si scende di quota, si va verso San Giovanni e Lamezia e la costa è così bella che mi è venuto voglia di tele­fonare a tutti i calabresi che conoscevo e parlare di Nduja e delle cipolle di Tropea. La Salerno/Reggio funziona: sì, è l’Au­tostrada del Mediterraneo scivoli tra luce e il mare. Mi sono reso conto che stavo già a Reggio Calabria. Ero arrivato. Da Salerno 4 ore e 35. Poi, porca miseria, mi sono fermato nel­l’ultimo autogrill perché non trovavo il tagliando. Cioè, io so preciso, non perdo mai niente, dove mai l’avrò messo? Vuoi vedere che a forza di vagare con la mente mi sono distratto e l’ho buttato? E se è così, quanto devo pagare? Devo pagare da Milano? Come funziona. Ahhh che cretino, non si paga. Sulla Salerno/Reggio non si paga, ha pagato lo Stato, cioè noi”.