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Briciole di pane

Statale 106, "una strada che taglia a metà la nostra anima e si tuffa verso il mare"

Al Teatro Arcobaleno a Roma lo spettacolo di Giuseppe Argirò sulla statale calabrese

Roma, 21 marzo 2011 - Sulle note di “Onda Calabra”, la canzone della band rock Il parto delle nuvole pesanti, Giuseppe Argirò introduce il suo spettacolo Statale 106, che ha per protagonista proprio una delle strade statali più lunghe d’Italia che da Taranto per 490 chilometri si spinge giù lungo la costa Jonica per tre regioni, ovvero Puglia, Basilicata e Calabria per finire a Reggio Calabria. Scritto e portato in scena per la prima volta nel 2005 sull’onda del sentimento per la morte a Baghdad dell’agente segreto calabrese Nicola Calipari, lo spettacolo è un omaggio a lui e alla strada più importante della regione nella quale è cresciuto e sulla quale infinite volte ha circolato. Argirò che tiene da solo la scena da perfetto one man show ripresenta, con la collaborazione di Adriana Palmisano e Donne D’Itaca Lab, Statale 106 a Roma, al Teatro Arcobaleno (fino al 27 marzo), dopo aver registrato il tutto esaurito al Piccolo Eliseo lo scorso anno.

“Una strada che taglia a metà la nostra anima e si tuffa verso il mare” nasconde secoli di storie inesplorate. Questa è la 106. Nell’alternarsi di satira, costume e società fra passato e presente Argirò racconta la democrazia della nostra Italia attraverso la  storia dell’Antica Grecia, un po’ come Manzoni raccontò la Lombardia dominata dagli spagnoli al tempo in cui lo era dagli Asburgo. Con magistrale istrionismo l’attore-cabarettista interpreta tutti i personaggi modificando da un secondo all’altro registri, voci, movenze. Una performance che fa ridere e piangere e getta una luce veritiera sui nostri giorni e sul nostro Paese, dalla televisione alla politica, dai briganti alla mafia, con tutti i significati che ne derivano.

Un monologo “fisico” che dalle origini della democrazia, alla spiegazione dello stato di diritto si spinge sempre più verso il Meridione per arrivare piano piano a intessere il racconto della magia e del folclore di quella terra ricca di Storia, piena di contraddizioni, di vicende tragiche e malinconiche nel quale la statale 106 diviene testimone delle sofferenze dei suoi abitanti che abitano lungo la strada, dei loro canti interiori, ma anche delle loro vite e delle loro tradizioni. Una strada come anima femminile che dolente riecheggia suoni muti di violenze, come quella di Assuntina “data” al fratellastro del padre e poi morta o di sua nonna, una cameriera violentata dal suo datore di lavoro sposato e dalla quale avrà un figlio “bastardo” o della madre che sta zitta fino a quando non si vendica per la scomparsa della figlia.

La 106 è un testimone silenzioso di tante vite che ha visto passare avanti e indietro tra speranze e rassegnazioni, verso terre lontane, verso il futuro, o al contrario verso il ritorno a casa e alle proprie origini. Là sullo sfondo di quella strada che taglia in due le anime, in particolare nei luoghi calabri, vite e sentimenti sono stati vissuti, concepiti, costruiti e portati avanti. In particolare quelli di Nicola Calipari, che a Reggio Calabria hanno trovato la vita e a Baghdad l’hanno persa per salvare quella di una donna, la giornalista Giuliana Sgrena. Il resto della storia la conosciamo tutti purtroppo. E così Nicola come tanti altri non potrà più vedere l’orizzonte dell’alba e del tramonto che si può ammirare da quell’angolo di mondo a causa “della madre degli errori, la guerra” dove il nostro eroe diventa errore. Ma alla fine, conclude Argirò, tanti altri sono i misteri, tante altre le storie che non si possono raccontare.

Erminio Fischetti