Storia affettuosa ma obiettiva delle strade ferrate d'Italia
Un libro appena aggiornato e ripubblicato racconta le vicende delle ferrovie italiane, fra progressi e problemi
Una storia delle ferrovie italiane che è un po’ anche un atto d’affetto per un mezzo di trasporto ormai più che centenario e che resiste nonostante tutto. Anzi, che si aggiorna e diventa una delle modalità di spostamento più avanzate e importanti per il Paese. Il libro di Stefano Maggi – “Le ferrovie” -, ripubblicato qualche settimana fa in versione rivista e aggiornata, è tutto questo, oltre che un dettagliato resoconto dell’evoluzione di un’azienda che nel tempo è cresciuta superando difficoltà e acquisendo dimensioni unica nel suo genere.
Stefano Maggi – che insegna Storia delle comunicazioni e dei trasporti, Storia dello sviluppo e Storia dell’economia e del territorio all’Università di Siena -, ha scritto numerosi testi sull’argomento, ma soprattutto è un appassionato del trasporto ferroviario. E lo si capisce fin dalle prime battute del libro, ad iniziare dalla dedica.
Il senso del libro, poi, emerge chiaramente dall’approccio al tema – le ferrovie -, basato sulla considerazione che poche cose come il treno hanno contribuito a definire la realtà e l’immaginario degli italiani. Nell’Ottocento la strada ferrata divenne simbolo dell’unità nazionale: non solo si scambiavano merci e idee, ma soprattutto le diverse genti della penisola entravano in contatto, si conoscevano, si mescolavano. Il treno insomma ha cucito insieme l’Italia: con le tradotte dei fanti della prima guerra mondiale, con i “treni popolari” dell’epoca fascista, con i tanti “treni del sole” che nel dopoguerra rovesciarono, a centinaia di migliaia, le genti del sud nelle periferie industriali di Torino e di Milano. E ancora oggi con i “treni del mare” periodicamente attivati in alcune aree dello Stivale. Il libro di Maggi racconta quindi la storia delle ferrovie italiane dalle origini all’evoluzione più recente, che comprende i nuovi treni ad alta velocità e l’ingresso di imprese private a seguito della liberalizzazione del settore. Tutto seguendo l’ispirazione iniziale: il treno che cuce e tiene unito un Paese.
Il volume – poco più di duecento pagine scritte con passione -, inizia quindi con il racconto delle ferrovie italiane nell’Ottocento e nel Risorgimento in particolare per poi passare alla illustrazione della fase dell’unificazione del Paese e dell’espansione della rete ferroviaria. Successivamente Maggi descrive il periodo a cavallo della Grande Guerra per arrivare quindi a quello del fascismo (con i “treni che arrivano sempre in orario”). Densi e importanti, infine, anche i capitoli dedicati alle ferrovie dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in avanti: i grandi progressi della ricostruzione, le nuove tecnologie accanto alle vecchie, la liberalizzazione e, come si è già accennato, l’Europa e l’Alta Velocità/Capacità.
Maggi non si nasconde - e non nasconde al lettore -, tutti i problemi che ancora devono essere risoli per rendere maggiormente efficace il trasporto ferroviario. Ma il suo libro è pervaso dalla consapevolezza della grande risorsa che le ferrovie italiane costituiscono per il Paese e l’Europa. Non a caso il libro termine con un augurio: “(…) che il XXI secolo sia di nuovo il secolo della ferrovia, come fu il XIX secolo, e che i treni contribuiscano all’unificazione europea, come contribuirono a quella italiana”.
La fatica letteraria di Stefano Maggi è tutta da leggere. Magari in treno.