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Briciole di pane

Storia infrastrutture: San Francisco, 5 gennaio 1933

Iniziano i lavori di un'opera che ridefinirà i limiti dell'ingegneria

Roma, 29 febbraio 2012 - Lo stretto di Golden Gate collega la baia di San Francisco con l’Oceano Pacifico, separando i promontori delle penisole di San Francisco e Marin County con uno specchio d’acqua largo un miglio nella distanza minima e sottoposto alle incredibili forze delle correnti del Pacifico, che spostano due milioni di metri cubi d’acqua al secondo. Le scogliere, geologicamente instabili su entrambe le sponde, costituiscono il primo ostacolo che i fortissimi venti del Pacifico incontrano nel loro cammino e lo stretto, quindi, si trasforma in un gigantesco tunnel del vento.

L’incontro di masse d’aria calde e fredde è la causa di condizioni climatiche che, a volte, sono estremamente differenti da una sponda all’altra della baia e causano la formazione di nebbia. Intrappolata dalle masse d’aria, rimane ferma sullo stretto per almeno tre mesi l’anno, mentre sul resto della baia splende il sole. La nebbia, carica di sale marino, è deleteria per qualunque struttura metallica. Lo stretto di Golden Gate, inoltre, sorge tra le due faglie californiane più attive, quella di Hayward e quella di San Andreas.

All’inizio del XX secolo, a causa di questi fattori nessuno aveva mai preso anche soltanto in considerazione la possibilità di coprire la distanza tra le due coste realizzando un ponte e prima di allora, quindi, era stata accantonata l’idea di costruirne uno.

La produzione di massa dei primi anni del novecento rese l’indipendenza accessibile a milioni di persone, e automobili non costose permisero all’uomo comune di potersi muovere velocemente. Per raggiungere la zona di villeggiatura di Sausalito, nella contea di Marin, gli audaci pionieri di San Francisco erano obbligati ad utilizzare gli affollatissimi traghetti o a fare un giro di un centinaio di chilometri attorno alla baia. Il tasso di crescita della città di San Francisco era al di sotto della media nazionale per via della mancanza di un collegamento permanente con le altre comunità, raggiungibili con un traghettamento della durata di 20 minuti al costo di un dollaro, pari a un decimo della paga giornaliera di un operaio.

La sfida di realizzare un ponte sullo stretto di Golden Gate fu raccolta da un solo uomo: Joseph Baermann Strauss. Ambizioso e sicuro di sé, Strauss era un uomo che si divertiva ad accettare sfide impossibili, ma aveva anche molto fascino ed era abilissimo nel comunicare con gli altri. Sulla carta, Joseph Strauss è anche il meno adatto all’impresa: non ha mai costruito un ponte sospeso e non ha una laurea in ingegneria, ma vuole costruire il ponte più lungo del mondo, con le torri più alte e le fondamenta più profonde in un luogo tra i meno adatti della Terra, in mezzo a vorticose correnti, venti fortissimi e sotto la costante insidia dei terremoti. Per realizzare la costruzione che porterà a ridefinire i limiti dell’ingegneria, Strauss fece entrare nel progetto, dandone così la credibilità necessaria, il professor Charles Alton Ellis, matematico e ingegnere strutturista, e Leon Moisseiff, progettista del ponte di Manhattan a New York. La squadra di ingegneri di prim’ordine reclutata da Strauss propose un progetto basato sul concetto di ponte sospeso.

Strauss impiegò oltre un decennio per procurare il consenso necessario all’opera. Il ponte incontrò infatti opposizione e controversie da più parti. Il Ministero della Guerra era convinto che il ponte avrebbe interferito con il traffico navale e che una collisione o un sabotaggio potessero bloccare l’accesso ai suoi porti. I sindacati chiedevano garanzie che i lavoratori locali fossero favoriti nella costruzione. La Southern Pacific Railroad, monopolista del traghettamento che costituiva uno dei più importanti interessi finanziari della California, intentò una causa legale contro il progetto.

Nel 1928 fu costituita la Golden Gate Bridge and Highway District, autorizzata da un atto della legislatura californiana come entità ufficiale per la progettazione, costruzione e gestione del Golden Gate Bridge.

Ma dopo il crollo di Wall Street del 1929, a nove anni dal primo progetto, la depressione minacciava di lacerare la struttura della società americana. C’era a malapena denaro per mangiare. I fondi governativi per finanziare la costruzione del ponte più grande della storia erano insufficienti. Occorrevano 35 milioni di dollari. Ciononostante, alla gente serviva un lavoro come a San Francisco serviva un ponte.

Successe allora qualcosa che le persone di oggi non prenderebbero nemmeno in considerazione. Le popolazioni di sei contee decisero di ipotecare le loro proprietà: case, fattorie, vigneti e attività commerciali a garanzia del denaro necessario per la costruzione del ponte. Oggi la gente non metterebbe mai a rischio beni personali per realizzare opere pubbliche, ma questo fu esattamente ciò che accade allora. L’orgoglio contagiò tutti: persino le compagnie finanziarie, che si dichiararono disposte a mettersi in fila per contribuire. Amadeo Peter Giannini, fondatore della Bank of America, capì che per combattere la depressione bisognava lavorare. Offrì un credito di cinque milioni di dollari per costruire il ponte.

Il 5 gennaio 1933, una cerimonia ufficiale diede inizio ad una nuova era, ed il presidente della Golden Gate Bridge Company, William P. Filmer, insieme al Sindaco di San Francisco Angelo Rossi, diede il via ai lavori con la prima badilata. Iniziò così il più ambizioso progetto di ingegneria del XX secolo. Laddove una volta c’era solo la pochezza della depressione, finalmente una sottile speranza, che sembrava così lontana, stava per trasformarsi in realtà. La Golden Gate Bridge Company distribuì alle case cinematografiche della baia periodiche relazioni pubbliche filmate e costantemente aggiornate, per mantenere vivo l’interesse attorno al ponte.

Il lavoro procedeva più in fretta del programma stabilito, grazie allo spirito competitivo degli uomini. Dalla sommità delle torri del Golden Gate, in una posizione privilegiata sulla baia, non vedevano soltanto le sommità dei palazzi o la città di San Francisco che brillava lontano. Da lassù potevano vedere il futuro. Da lì si avvertiva una promessa di prosperità che faceva parte di un grande glorioso disegno, di cui loro sarebbero stati gli artefici.

Angelo Papalia