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Briciole di pane

"In viaggio con Platone": il viaggio in automobile come parabole della vita

Recensione del libro di Robert Rowland Smith, il percorso della vita accompagnato dalle riflessioni ispirate da grandi pensatori del passato

Roma, 5 giugno 2012 – Anche se si tratta del più speciale dei viaggi, quello della vita, presuppone un percorso da un punto A a un punto Z. Scandito magari, ad ogni tappa fondamentale, da profonde riflessioni ispirate da grandi pensatori del passato. Non semplice spostamento fisico, ma ricerca e comprensione del senso di tale spostamento. In compagnia di un accompagnatore d’eccezione: Platone, e tanti altri. “In viaggio con Platone”, titolo del libro di Robert Rowland Smith, descrive la parabola della vita adoperando, con ironia, la metafora del viaggio (in macchina): dalla nascita alla morte appunto. Imparare a camminare, cominciando a segnare la propria presenza nel mondo, equivale a tracciare un percorso sulla Terra. L’euforia dell’attimo in cui il bambino riesce a pedalare sulla sua bicicletta, senza rotelle e senza aiuto del padre, richiama la follia della decisione elaborata dal filosofo danese Soren Kierkegaard: lasciarsi andare o battere in ritirata.
Altra tappa fondamentale per la vita di un uomo è il conseguimento della patente, simbolo per eccellenza delle potenzialità che si schiudono per il giovane guidatore. Ma l’ebbrezza del foglio di guida deve passare necessariamente per segnali stradali più o meno familiari, per le nozioni basilari del motore a scoppio, assicurazioni e limiti di velocità. Prendere la patente significa affrancarsi, una volta per tutte, dalla dipendenza degli accompagnatori adulti e dai mezzi pubblici. Le prime volte al volante ci si sente completamente indipendenti e padroni del proprio destino. Certo, ci sono sempre i limiti imposti dal codice stradale, ma guidare una macchina fornisce l’occasione al conducente di esplorare più a fondo se stesso, in un rinnovato rapporto con il mondo. Come accade alle protagoniste del film del 1989 “Thelma & Louise” di Ridley Scott, con Susan Sarandon e Geena Davis: le due amiche chilometro dopo chilometro, a bordo della Ford Thunderbird verde, si riappropriano di una parte di sé che non credevano esistesse. Ma se per i protagonisti maschili dei classici road movie guidare ha sempre rappresentato una pulsione di libertà, per le due eroine in decapottabile, invece, guidare diventa un atto di ribellione (a quelle libertà che si sono concesse gli uomini) fino alle estreme conseguenze. Questa libertà legata all’automobile, però, comporta un allontanamento dalla società, anche perché il mezzo è stato sempre associato più alla partenza che all’arrivo. Non a caso, il filosofo lettone Isaiah Berlin ha parlato di “libertà negativa” quando non si ha interesse per gli altri. Dunque avere a disposizione una macchina, secondo questa teoria, mette a disposizione del neopatentato un ventaglio troppo vago e ampio di opzioni, e ciò non aiuta ad affrontare i problemi, ma a evitarli.
Lo scrittore inglese ha eletto Albert Camus, morto in un incidente stradale, filosofo della guida. Secondo il filosofo e scrittore franco algerino, l’uomo può scegliere di abbandonarsi al grigiore di una piatta esistenza o di lasciare il segno. Così l’automobile diventa il prezioso strumento per scegliere una direzione, e passare l’esame della patente dà accesso a questa capacità interiore.
Nella tappa della mezza età Smith non poteva mancare di citare i versi della Divina Commedia di Dante: “Nel mezzo del cammin di nostra vita/mi ritrovai per una selva oscura,/ché la diritta via era smarrita”. Dove “diritta”, nell’accezione religiosa dell’epoca, sta per vera. E se il termine via può corrispondere a qualsiasi strada, Smith l’associa alla via Appia, che Dante probabilmente conosceva. Per la teologia dell’epoca l’Appia corrispondeva alla direttrice che portava a Dio. Quindi seguire  “la diritta via” significava stabilire un contatto con il divino.
Quando si giunge alla tappa della terza età, capisci che il viaggio volge al termine. E non rimane altro che “Andarsene con stile”, come significativamente recita il penultimo capitolo. In fondo, è quello che insegna da migliaia di anni il filosofare: imparare a morire. Ma anche a vivere.
Robert Rowland Smith (traduzione di Valeria Bastia ), In viaggio con Platone, 256 pp., Ponte alle Grazie, 2012

Christian D'Acunti