Aeroporti con passeggeri a terra
Ieri lo sciopero a Milano, e i dati 2013 registrano un calo generale
Milano, 30 maggio 2013 – Trasporto aereo nel caos a Milano. Ieri sono stati 156 i voli cancellati a Linate e Malpensa per lo sciopero dei dipendenti Sea contro la multa da 450 milioni di euro dell'Ue, che impone alla società di restituire allo Stato i 360 milioni ricevuti da Sea Handling, la divisione smistamento bagagli. Lo sciopero milanese ha una storia a sé, ma più in generale, il trasporto aereo italiano, alle prese con una crisi pesante e con l'azione di contenimento della spesa pubblica, non può più aspettare. Per gli aeroporti italiani è tempo di aut aut. O si procede con la privatizzazione, la razionalizzazione degli scali, l'evoluzione dei modelli gestionali, la differenziazione dei servizi alle compagnie aeree e l'avvio dell'Autorità dei trasporti o c'è il rischio di essere travolti. Senza troppi giri di parole il commissario straordinario Enac, Vito Riggio, fa notare che il Duty Free di Fiumicino parla francese.
Del resto i dati di Assaeroporti relativi ai primi quattro mesi del 2013 confermano che anche quest'anno non ci sarà alcuna inversione di rotta. La crisi congiunturale del 2013 è marcata da un quadrimestre in forte flessione sia in termini di passeggeri (-54%) che di movimenti (-8,6%) e cargo (-0,5%). Per quanto riguarda il traffico passeggeri a incidere maggiormente è il risultato negativo del mercato nazionale (-11%) a fronte di una riduzione contenuta del mercato internazionale (-1,1%), quest'ultima più in linea con i risultati del resto d'Europa. «I dati negativi riflettono in modo sostanziale la contrazione economica in atto, ma anche una politica industriale alla quale non giova la contrazione dell'offerta di uno dei suoi vettori di riferimento, solo in parte compensata da una forte presenza dei vettori low-cost, osserva Stefano Baronci, segretario generale di Assaeroporti. Dall'altro lato però Assaeroporti registra una crescita nel lungo termine che ha portato l'Italia a sfiorare i 150 milioni di passeggeri nel 2012, facendo segnare un aumento di quasi il 60% dei passeggeri transitati negli aeroporti italiani nel corso degli ultimi dodici anni.
Il direttore del Memit dell'Università Bocconi, Oliviero Baccelli, sostiene che «bisogna porre maggiore attenzione ai principi di sostenibilità economica di lungo periodo». Certo è che i nodi da sciogliere si stanno moltiplicando. Uno dei primi è senz'altro quello dei contratti di programma. In questa fase di incertezza in cui l'Enac non può più farne e l'Autorità dei trasporti non c'è ancora, «alcuni aeroporti significativi sono rimasti senza contratto e questo è un problema serio», dice Riggio che ha inviato una proposta al ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, sollecitando un atto di indirizzo per permettere all'Enac di tornare a fare i contratti di programma. In particolare, spiega Riggio, «c'è una situazione di assoluta urgenza che riguarda Bergamo, Genova e Torino».
Intanto la crisi sta facendo una selezione naturale tra gli aeroporti. Forlì sembra essere solo la punta di un iceberg. «Molti hanno grandi difficoltà perché il traffico diminuisce e gli investimenti non sono stati fatti - osserva Riggio -. A parte i grandi scali che coprono il 50% del traffico e a parte qualche aeroporto legato al trasporto low cost come Bergamo, tutti gli aeroporti generalisti hanno bisogno di un riordino». Per Riggio è urgente «attuare il piano rimasto bloccato a seguito della crisi di governo e completare il processo di privatizzazione, soprattutto nel mezzogiorno, in Puglia e in Sicilia, cercando di immettere capitali freschi e qualità manageriale».
Dalle società di gestione dei grandi aeroporti arriva una richiesta di attenzione forte al Governo e agli enti locali per gli sforzi che sono chiamate a fare. Il primo capitolo riguarda gli investimenti. La crisi? Certo che c'è, ammette il presidente di Adr, Fabrizio Palenzona ma nonostante l'attuale calo del traffico i gestori aeroportuali non devono cadere nella «trappola» di non fare infastrutture. Anzi devono cogliere «l'opportunità» agendo «con criteri diversi e spendendo meno», aggiunge. Del resto «in gioco non c'è lo sviluppo di un territorio ma dell'intero Paese», interpreta il presidente della Sea, Giuseppe Bonomi. Per quanto riguarda Adr, «occorrono 4,4 miliardi per sistemare Fiumicino Sud e altri 7,5 miliardi per il nuovo Fiumicino Nord», dice Palenzona.Tutto ciò in base alle aspettative, per lo scalo romano, di 50 milioni di passeggeri a regime. Aspettative ambiziose che però incontrano molti ostacoli. Per esempio, «è assolutamente sbagliato, non tollerabile che i passeggeri paghino tasse anomale che rischiano di allontanarli», aggiunge Palenzona facendo riferimento all'introduzione dell'imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili (Iresa).
Confrontando i dati del traffico Ue ed extra Ue, Bonomi rileva che il futuro degli aeroporti italiani passa da Oriente e da nuovi modelli di business. Per questo Sea ha deciso di scommettere sulle compagnie low cost come EasyJet o sulle compagnie emergenti come Emirates o QatarAirlines. «Dal 2007 - continua Bonomi - non abbiamo più un vettore di riferimento. Così puntiamo a Oriente per assecondare le nuove tendenze del mercato». Il mercato europeo però ha ancora delle potenzialità: «Lo scenario è devastante - dice Bonomi -, ma nonostante questa crisi l'Europa rimane un mercato vasto e ricco perché beneficia di una posizione baricentrica sui flussi di traffico aereo globale», e in questo scenario «anche per l'Italia si presenteranno delle opportunità».