Alta Velocità, Moretti la vuole più a nord
A pesare sulla decisione l'accelerazione da parte austriaca dei lavori sul loro versante alpino. E Unicredit è pronto a spostarsi da Monfalcone
Trieste, 30 maggio 2011 - Dice il viceministro alle Infrastrutture, Roberto Castelli, che la candidatura di Unicredit a investire un miliardo di euro sui porti di Monfalcone e Trieste è "una bella intenzione di intenti" (sic! Come da dichiarazione resa ai microfoni del Tg Rai del Friuli Venezia Giulia nei giorni scorsi, durante la campagna elettorale). Tesi confortante, posto che Unicredit si è ufficialmente candidata a attrezzare nuovi moli e dotazioni logistiche per i due porti giuliani "soltanto" nel febbraio 2010, con la benedizione esplicita dei ministri Franco Frattini e Altero Matteoli e del sottosegretario plenipotenziario Gianni Letta. Che a distanza di un anno e mezzo la mobilitazione di uno dei principali soggetti finanziari europei, accompagnato nel suo progetto da un leader della logistica mondiale come Maersk, sia definito "una bella intenzione di intenti" magari è un fortunato vaticinio per i destini del porto di Capodistria. Il governo sloveno, infatti, ha spalancato le porte ai vertici di Unicredit, tant'è che l'amministratore delegato Federico Ghizzoni ha già incontrato vari ministri a Lubiana. E nel frattempo, ovvero in un anno e mezzo, il governo di Roma e la giunta regionale friulgiuliana non sono nemmeno riusciti a condividere una bozza di accordo per stabilire chi fa che cosa, insomma chi ha competenza sull'iniziativa assunta da Unicredit. In qualsiasi paese del mondo appena un po' meno bizantino e autolesionista dell'Italia, Monfalcone e Trieste sarebbero intesi come un unico porto con due scali, ma il burocratese sequestra il buon senso e per ora il rimpallo tra Roma e Trieste produce il nulla. II tema del porto è strettamente connesso con quello delle ferrovie, posto che Trieste fin dall'800 —quand'era il glorioso affaccio al mare dell'impero asburgico — è stato il porto più ferroviario d'Europa: poco meno di metà delle merci movimentate sulle banchine se ne vanno poi alla destinazione finale su un carro delle Fs. Mentre in Val di Susa i comitati no-Tav tornano in trincea contro la costruzione della tratta Torino-Lione, il valico orientale del celebre Corridoio V è — se possibile—materia ancora più nebulosa. In buona sostanza, il segmento della linea ad alta velocità/alta capacità a Est di Mestre è un punto interrogativo. Anzi, a ben vedere, al punto interrogativo in qualche modo ha dato risposta nei giorni scorsi Mauro Moretti. L'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, in un convegno allestito dal Festival delle città impresa, ha pronunciato un inedito impegno su un obiettivo e dichiarato il suo aperto scetticismo rispetto a un altro. L'impegno consiste nel fatto che "per il 2019, anno in cui Venezia potrà essere la Capitale europea della cultura, o al massimo nel 2020, stimiamo che la Tav potrà arrivare nella città lagunare e colmare così il gap che fino ad ora ha lasciato il Nordest ai margini di questo importante sistema infrastrutturale. Data la forte domanda del mercato, considero il completamento della tratta Milano-Venezia la priorità numero uno per il sistema Paese". Fin qua la previsione di Moretti, che perla prima volta ha indicato un termine possibile dei lavori Tav in territorio veneto. Ma il capoazienda Fs ha pure detto chiaro e tondo che "Trieste e Lubiana non hanno bacini di passeggeri sufficienti a proseguire su quella tratta. E poi oltre confine non ci sono neppure le progettazioni preliminari. Al momento, se ci sono problemi di risorse finanziarie per la parte nostra, faccio presente che quelli di parte slovena sono molto maggiori". Da notare che, se la Tav da Mestre a Trieste non sarà mai altro da un segno su una cartografia, dipende molto dalla stravagante idea della Regione Veneto di tracciare la nuova linea verso la costa con il presunto obiettivo di servire le località balneari adriatiche. Tesi che fa lavorare gli ingegnerie discutere i consigli comunali, ma che pure per le Fs non ha alcun senso. Se Ia tratta Venezia-Trieste come immaginata finora non ha senso e il valico attraverso le Alpi Giulie verso Lubiana è impraticabile, per ragioni finanziarie e ambientali, per l'insufficienza dei bacini di traffico e per questioni di consenso politico, Moretti punta l'indice su quel che già abbiamo. Dice che per andare verso la nuova fabbrica d'Europa, che sta tra Polonia e Balcani, è possibile passare per il Tarvisio e usare la ferrovia Pontebbana, inaugurata nel 2000 e dotata di caratteristiche Tav, "ammesso che gli austriaci mi completino il loro pezzo dall'altra parte". E a questo proposito è maturato un mezzo miracolo. Dopo un paio di decenni di indecisionismo degno della miglior politica all'italiana, il governo austriaco ha dato il via ai lavori per l'ammodernamento della ferrovia che dal Tarvisio va verso Vienna. Viadotti e gallerie attuali sono stati costruiti un secolo e mezzo fa dall'ingegnere veneziano Carlo Ghega, con un tracciato che è il più alto d'Europa. Opere ingegneristiche tutelate dall'Unesco, ma che costringono oggi i treni a non superare la velocità di 40 chilometri orari. Un mese fa è iniziata la costruzione dei 20, chilometri di galleria alla base del Koralm tra Klagenfurt e Graz (5,2 miliardi di investimento). Il governo austriaco ha inoltre deliberato per l'anno venturo l'avvio dei cantieri per il tunnel del Semmering, che sarà lungo 28 chilometri per una spesa prevista di 2,8 miliardi. Nel 2024 i primi treni dovrebbero percorrere le nuove gallerie, in qualche modo apparentabili a quelle svizzere del San Gottardo e del Loetschberg, e darebbero ovviamente più senso alla ferrovia Pontebbana e ai venturi terminal portuali di Venezia, Trieste e Monfalcone. La direttrice ferroviaria in questione sarebbe un segmento del cosiddetto Corridoio europeo Adriatico-Baltico, tanto importante che la Slovenia coltiva il progetto concorrente di portarne la radice non nel Nordest italiano ma esattamente al porto di Capodistria, dove sta coltivando un nuovo terminal capace di gestire traffici containers per un milione di Teu l'anno. Va da sé che questo è l'obiettivo sloveno e non certo il collegamento con l'Italia via Corridoio V. Il Corridoio Adriatico-Baltico è inteso come la via d'accesso a mercati come Austria, Baviera e parte dell'Europa dell'Est, che oggi generano un traffico containers di circa 9 milioni di Teu, stimati a 13 milioni nel 2015 da Unicredit-Maersk.