Autostrade: Castellucci, confermato interesse di Atlantia su Serravalle
L'amministratore delegato di Atlantia precisa: "Il 'dossier' è così complesso che richiede molto tempo"
Roma, 5 dicembre 2012 - Rimane l'interesse di Atlantia per la Serravalle, la cui asta nei giorni scorsi è andata deserta, ma il 'dossier' è così complesso che richiede molto tempo. A spiegarlo è stato l'amministratore delegato di Atlantia, Giovanni Castellucci. "Il momento è tale e la complessità è tale per cui tutti i nodi vengono al pettine. Per questo è necessaria un'analisi approfondita del progetto", ha detto il top manager parlando a margine della presentazione di 'Agora', il nuovo magazine di Autostrade per l'Italia. "Abbiamo già detto che, vista la complessità dell'operazione e le ramificazioni delle società da ricapitalizzare, avevamo bisogno di più tempo".
Anche nel suo intervento alla tavola rotonda, Castellucci aveva fatto riferimento alla vicenda della Serravalle, così come quella della Sea e della Sagat. Casi emblematici che "devono far accendere un faro - ha evidenziato - sul perché certe opere non riescono ad essere attrattive per gli investitori che non aspettano altro che investire in infrastrutture". C'è sicuramente, ha poi spiegato, "un problema di certezza delle regole e, ancora di più, certezze dei contratti". E c'è anche "un problema di rapporto pubblico-privato che non può non essere ripensato".
Inoltre, parlando del rapporto tra infrastrutture e crescita, Castellucci ha fatto riferimento a "due tesi estreme" che si contrappongono: la prima sostiene che "il futuro lo si costruisce con interventi soft, per esempio, in cultura, formazione e ricerca"; la seconda, di stampo keynesiano, che teorizza il rapporto diretto tra spesa e crescita attraverso il cosiddetto 'effetto moltiplicatore'. "Scaviamo buche per poi riempirle", ha sintetizzato. Entrambe le tesi, secondo Castellucci, "potrebbero risultare fatali per la nostra economia" e "ci porterebbero al disastro"; piuttosto, "serve una visione equilibrata" e la via maestra deve essere quella della selettività nella scelta delle opere da fare.
"Quelle poche risorse che abbiamo, sarà importante focalizzarle dove c'è fattore produttivo, come le grandi città e i luoghi di attrazione turistica", ha detto Castellucci. "Non ci possiamo permettere null'altro che una selettività estrema".
Anche nel suo intervento alla tavola rotonda, Castellucci aveva fatto riferimento alla vicenda della Serravalle, così come quella della Sea e della Sagat. Casi emblematici che "devono far accendere un faro - ha evidenziato - sul perché certe opere non riescono ad essere attrattive per gli investitori che non aspettano altro che investire in infrastrutture". C'è sicuramente, ha poi spiegato, "un problema di certezza delle regole e, ancora di più, certezze dei contratti". E c'è anche "un problema di rapporto pubblico-privato che non può non essere ripensato".
Inoltre, parlando del rapporto tra infrastrutture e crescita, Castellucci ha fatto riferimento a "due tesi estreme" che si contrappongono: la prima sostiene che "il futuro lo si costruisce con interventi soft, per esempio, in cultura, formazione e ricerca"; la seconda, di stampo keynesiano, che teorizza il rapporto diretto tra spesa e crescita attraverso il cosiddetto 'effetto moltiplicatore'. "Scaviamo buche per poi riempirle", ha sintetizzato. Entrambe le tesi, secondo Castellucci, "potrebbero risultare fatali per la nostra economia" e "ci porterebbero al disastro"; piuttosto, "serve una visione equilibrata" e la via maestra deve essere quella della selettività nella scelta delle opere da fare.
"Quelle poche risorse che abbiamo, sarà importante focalizzarle dove c'è fattore produttivo, come le grandi città e i luoghi di attrazione turistica", ha detto Castellucci. "Non ci possiamo permettere null'altro che una selettività estrema".
