Frodi assicurative, un boom che non conosce flessioni
Il 20% dei sinistri denunciati è "sospetto". Il vero danneggiato è l'assicurato onesto
Roma, 21 luglio 2016 – Si attesta sempre a livelli patologici il numero di frodi assicurative nel settore della r.c. auto. O meglio: il fenomeno è oramai radicato a tal punto da dover considerare come “fisiologici” dati che, altrove, sarebbero ritenuti “patologici”.
Il recente studio “L’assicurazione italiana 2015-2016”, pubblicato pochi giorni or sono dall’ANIA (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici) e consultabile senza difficoltà sul web, ha un apposito capitolo intitolato, inequivocabilmente, “Frodi assicurative nella r.c. auto”. Nel quale viene elaborata, addirittura, la specifica categoria dei “sinistri a rischio frode” che individua le situazioni che debbono far scattare un campanello d’allarme. Per ricollegarci a quanto appena detto: il fatto che un fenomeno venga catalogato, misurato e dotato di definizioni “tecniche” è la miglior prova della assoluta “normalità” di quel fenomeno. Sono a rischio frode i sinistri che presentano almeno uno tra 12 “parametri di significatività” individuati dall’IVASS: per esempio, se il sinistro coinvolge una persona che compare – come proprietario, o contraente, o guidatore, o danneggiato, o testimone – in almeno tre sinistri verificatisi nei 18 mesi precedenti (parametro P1); oppure, se è coinvolta una targa che, nei cinque anni precedenti, è stata oggetto di almeno un sinistro denunciato con più di 6 mesi di ritardo (parametro V2).
Ebbene, le statistiche fanno riflettere. L’incidenza media, a livello nazionale, dei sinistri a rischio frode sul totale del campione di sinistri denunciati è stata, nel 2015, pari al 21,4%: un dato che si commenta da solo, oltretutto in crescita rispetto al 2014 (era il 19,3%). Degne di nota le diversità geografiche: 17,3% al Nord, 19,7% al Centro, 21,3% nelle isole e 34,3% al Sud – in pratica, un sinistro sospetto ogni tre denunciati.
Questo non vuol dire che tutti i sinistri a rischio frode celino effettivamente una truffa; ma fa impressione pensare alla quantità di indagini che le competenti Autorità dovrebbero attivare. Ce ne sarebbe di che bloccare tutta la macchina giudiziaria italiana, già parecchio intasata di suo. In realtà, il procedimento penale decolla davvero in pochissimi casi; il reato dell’art. 642 Codice Penale, che pure è reato di pericolo e non di danno – cioè: per commetterlo, basta denunciare un falso sinistro, a prescindere dall’effettiva riscossione dell’indennizzo; lo ha chiarito pochi giorni fa la Cassazione, sentenza 28281 del 7 luglio 2016 – rimane pur sempre procedibile a querela, e molte imprese assicuratrici ritengono raggiunto l’obiettivo antifrode con il ritiro della richiesta di risarcimento da parte del sedicente danneggiato, anziché con la presentazione di una querela.
Naturalmente, molto si muove: molti sforzi vengono fatti per dare una svolta a questo stato di cose e riportare il fenomeno entro limiti più contenuti. Uno strumento funzionale a far desistere i troppi “furbetti” potrà essere l’Archivio Integrato Antifrode o AIA, operativo da giugno 2016: le imprese hanno, con esso, la possibilità di fruire di un set di informazioni rilevate dalla banca dati sinistri dell’IVASS, dagli archivi della Motorizzazione Civile, del Pubblico registro automobilistico, della Consap nonché – ovviamente – dell’ANIA. In Senato è stato presentato il Disegno di legge n. 1915, per l’istituzione di una “Agenzia contro le frodi nel settore assicurativo”. Ma nella corsa tra guardie e ladri, ovvero tra vigilanza e truffatori, i secondi risultano avvantaggiati da un surplus di fantasia e creatività. L’ultima tendenza rilevata dalle analisi ANIA? Quella di allegare, per i danni alla persona, documentazione rilasciata da studi medici “fantasma”.