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Briciole di pane

Il trasporto pubblico “locale” come problema “generale”

A proposito del recente studio della Fondazione Filippo Caracciolo dell'ACI

Roma, 19 novembre 2012 - Solido e ben documentato, l’ultimo studio della Fondazione Filippo Caracciolo dell’ACI, dedicato al trasporto pubblico locale (“Il Trasporto Pubblico Locale in Italia: stato, prospettive e confronti internazionali”). “Le strade dell’informazione” ne ha già diffusamente parlato, evidenziando come risulti pienamente confermato, per il TPL (Trasporto Pubblico Locale) italiano, un quadro di notevole criticità, fatta di ritardi infrastrutturali, risorse decrescenti, regole farraginose, organizzazione dei servizi inefficiente. Più in generale, si percepisce come, a tutti i livelli, il settore sia ancora considerato la semplice somma di problematiche locali e non uno dei fattori strategici per la competitività, la crescita, la qualità della vita (e meritevole, come tale, di una complessiva riconsiderazione nelle politiche pubbliche).

Molto significativi, nello studio, i dati di confronto con altre realtà europee nel settore ferroviario urbano (tram e metro). Ecco quelli più eclatanti, peraltro già “rimbalzati” su diversi siti Internet: la sola Madrid ha più chilometri di metropolitana di tutte le città italiane messe assieme; la dotazione media di rete tramviaria (km di rete per milioni di abitanti) è 42 in Italia, 76 in Spagna, 130 in Francia, addirittura 184 in Germania. Sono altresì indicativi, a una lettura più approfondita, i dati del TPL su gomma, che pure, quanto a taluni indicatori di performance, non si discosta troppo dalla media europea. Tale specifica tipologia di trasporto, in Italia, è “urbana” al 39% e “extraurbana” al 61%; mentre in Germania le percentuali rispettive sono 47 e 53, in Olanda 58 e 42, in Belgio 63 e 37.

Questo vuol dire che in Italia, molto più che altrove, il problema della mobilità urbana non è solo questione interna alla “cerchia delle mura”: è un problema, innanzitutto, di accesso alla città, un peso che va a gravare sulle infrastrutture viarie extraurbane in misura sconosciuta ad altri Paesi. Insomma: c’è uno spread anche per chi, professionalmente, percorre soltanto quelle infrastrutture. E per chi le gestisce.

Carlo Sgandurra