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Briciole di pane

La Città Metropolitana: un Ente nuovo per problemi vecchi e nuovi

I moduli di governo del territorio ideati dalla legge Delrio stanno per compiere un anno

Roma, 19 novembre 2015 - Quello di “complessità” è oggi un concetto-chiave, largamente utilizzato in molte scienze, dall’ingegneria all’informatica, dall’economia alla sociologia.
“Vi è complessità – scrive Edgar Morin – quando sono inseparabili le differenti componenti che costituiscono un tutto (…) e quando vi è un tessuto interdipendente, interattivo e interretroattivo fra le parti e il tutto e fra il tutto e le parti”.


Uno dei campi della vita contemporanea cui meglio si addice la nozione di complessità è senz’altro rappresentato da mobilità e trasporti. Scelte economiche, scelte infrastrutturali, assetti urbanistici e comportamenti sociali (assieme, naturalmente, alla situazione ereditata dal passato) determinano le “possibilità di spostarsi” sul territorio e quindi, in buona sostanza, un certo livello di sviluppo.


In materia, la sfida decisiva per il futuro avrà come teatro le grandi aree urbane. Sono queste a porre i maggiori problemi nonché (è l’altra faccia della medaglia) le maggiori opportunità: perché dette aree, a livello nazionale, europeo e mondiale, costituiscono ormai i veri motori dell’insediamento umano, nei quali si concentrano culture, economie e direzionalità di ogni tipo.

 


L’Italia ha davanti a sé, su queste stesse tematiche, una sfida ulteriore: “far funzionare” un modulo amministrativo e di governo completamente nuovo, dimensionato, anziché sulla città in senso tradizionale, sull’agglomerato urbano. La Città Metropolitana, appunto. Ente che unisce alle competenze tipiche di una “Provincia” (mobilità, viabilità) funzioni di pianificazione strategica e pianificazione territoriale tanto importanti da farne una sorta di micro-regione.
La Città Metropolitana, allo stato attuale, non è nulla più che una scommessa. Per vincerla, soprattutto dal punto di vista dei trasporti (e connesse ricadute sulla qualità di vita), serve il concorso di tutti.


I responsabili locali devono assumere la vision tipica del logistico, che guarda non alla singola performance ma all’efficienza complessiva di una filiera, non alla grandezza delle infrastrutture ma alla loro accessibilità, non ai meri dati statistici ma ai livelli di servizio effettivamente offerti.


Lo Stato centrale, dal canto suo, deve saper mantenere ferma e uniforme la “cornice di riferimento”: con una rete stradale d’interesse nazionale che di fatto garantisca l’accesso alle principali aree urbane del Paese e il collegamento tra centri logistici; con la previsione, già nel prossimo Codice della Strada, di strumenti giuridici appropriati in funzione di pianificazione della mobilità; e molto altro ancora.


I cittadini, infine, “ci devono credere”. Si tratta, in fondo, della medesima esigenza teorizzata a proposito della cosiddetta smart city, che nemmeno esiste se non coinvolge i suoi abitanti in un progetto complessivo e partecipato.
“Al pessimismo che diffusamente si percepisce sulle possibilità di un’azione incisiva delle Città Metropolitane nella promozione del ruolo e della qualità ambientale delle concentrazioni urbane del Paese, va contrapposto un inedito impegno civile e politico”. E’ una frase dell’economista Rocco Giordano, autore, assieme ad altri, del recentissimo libro “Città Metropolitana - L’occasione per riparare il territorio”. Una frase che sintetizza perfettamente il messaggio da recepire.

Carlo Sgandurra