Mobilità. Ci si sposta sempre di meno. Colpa, anche ma non solo, della crisi
Il 10° Rapporto sulla mobilità in Italia fotografa cambiamenti nelle scelte e nelle abitudini
Roma, 22 maggio 2013 – L’Italia rallenta. Per colpa della recessione, innanzitutto. La minore disponibilità economica, la situazione d’incertezza che scandisce la quotidianità del Paese si riflette sugli spostamenti, per motivi di studio o lavoro, degli italiani. Se nel 2008 se ne registravano 128 milioni, nel 2012 sono stati 97,5 milioni. Una riduzione significativa: quasi del 25%. Numeri e percentuali emergono dal 10° Rapporto sulla mobilità in Italia, realizzato da Isfort in collaborazione con il Centro Ricerche Hermes e le associazioni di trasporto Asstra e Anav.
Aspetto interessante, la diminuzione degli spostamenti riguarda tutti i mezzi (auto, moto, ciclomotori) e va di pari passo con la flessione delle vendite riguardante i rispettivi settori. Pure l’utilizzo dei mezzi pubblici scende di un 6,6%. In questo comparto, a dire il vero, la crisi potrebbe rappresentare una formidabile occasione per rilanciare il settore e, quindi, avviare davvero un percorso in direzione di una mobilità sostenibile che implichi un’evoluzione dei comportamenti, a tutto vantaggio dell’ambiente e della qualità della vita di chi risiede, soprattutto, nei centri urbani.
“La crisi economica e l’abbassamento dei livelli di consumo e di reddito delle famiglie - si legge nel Rapporto - si sono dunque ormai ribaltati, pienamente e pesantemente dopo una prima fase di divaricazione delle curve, sulla domanda di trasporto e di mobilità dei cittadini”. Bisogna, tuttavia, anche rammentare che si è assistito, in particolare nell’ultimo biennio, a una riduzione dei servizi di trasporto pubblico, causata dai tagli ai finanziamenti. Questo 10° Rapporto sulla mobilità tratteggia uno scenario di profonda criticità di sistema. “Senza entrare in dettagli analitici - si legge ancora nel Rapporto - è sufficiente osservare che nella mobilità urbana in 10 anni (dal 2002 al 2012) la quota modale del trasporto pubblico negli spostamenti motorizzati è aumentata di un solo punto e mezzo percentuale, mentre l’insieme dei modi sostenibili mantengono lo stesso peso attorno al 40%. La velocità media dei mezzi pubblici è rimasta stabile (attorno ai 15 km/h), mentre è aumentata quella dell’automobile. E’ cresciuta la quota di utenti soddisfatti della metropolitana, ma è diminuita quella degli utenti soddisfatti di autobus e tram. Dal lato aziendale, è aumentata di un solo punto la percentuale di ricavi da traffico sui costi operativi; e nel contempo l’età media degli autobus è cresciuta (...). Quanto alla mobilità extraurbana, la quota modale del trasporto pubblico è in diminuzione tra il 2004 e il 2012, per l’effetto perverso (…) dell’aumento del pendolarismo unito all’aumento della dispersione abitativa. E se aumenta un po’ la velocità media sia dei mezzi pubblici che di quelli privati, a fronte dell’allungamento delle percorrenze medie, diminuisce la qualità percepita dei servizi pullman e treno”.
Gli indicatori del cruscotto della mobilità a 10 anni di distanza ci dicono dunque, in aggiunta, che, pur nel mutato contesto generale, la mobilità passeggeri nel nostro Paese non ha fatto progressi apprezzabili sulla via della “sostenibilità”. Mancano risorse adeguate per un decisivo riequilibrio modale dentro e attorno i maggiori agglomerati urbani. Mancano altresì, non meno importanti delle infrastrutture materiali, le cosiddette infrastrutture immateriali: le regole. Un nuovo quadro regolatorio d’insieme, stabile ma al tempo stesso “Smart”, capace di tener conto delle specificità contemporanee della città, trasformatasi in grande area urbana capace di concentrare su di sé un’enorme massa di relazioni, appare ormai indispensabile. E, oltretutto, sarebbe a costo zero, o quasi. Proprio alle regole dedica grande attenzione il Piano Nazionale della Logistica 2012-2020, e proprio in riferimento alle problematiche di mobilità urbana, come più volte ricordato su queste colonne: ipotizzando l’introduzione di specifici criteri direttivi per evitare decisioni meramente localistiche e ottimizzare, così, la mobilità delle merci, anche mediante una valorizzazione del ruolo dei Piani Urbani della Mobilità. Finora non attuati.