Mobilità urbana: La crisi come opportunità per un radicale cambiamento di abitudini
Roma, 15 luglio 2013 - Ripetuta quasi ossessivamente, l’asserzione secondo cui “la crisi non è soltanto crisi, è anche un’opportunità” rischia di apparire stucchevole. Soprattutto se ci si pone di fronte al dato di fatto di un’evidente perdita di ricchezza. Recuperabile non si sa se, non si sa come né quando. C’è, tuttavia, un ambito in cui quella affermazione presenta un fondo di verità: l’ambito della mobilità urbana. Ne hanno discusso presso l’ANCI, a Roma, lo scorso 11 luglio, Sindaci di varie città. Di realtà molto diverse tra loro per dimensioni e collocazione geografica. La tavola rotonda, a dire il vero, era sulle politiche urbane in genere. Non deve meravigliare il fatto che il dibattito si sia incentrato soprattutto sulla mobilità, data la centralità di quest’ultima come fattore primario per la libertà del singolo, per l’iniziativa imprenditoriale in ogni campo, per l’aggregazione sociale a tutti i livelli. Nel nostro Paese, l’assetto della mobilità urbana è, come noto, la risultante di scelte atomistiche o individuali, stante l’assoluta prevalenza dell’utilizzo del mezzo privato (automobile): un segmento dei trasporti numericamente preponderante e che, dal punto di vista economico, si distingue in modo netto dagli altri comparti proprio per la presenza di milioni di cittadini-utenti i quali autoproducono il servizio, in quanto possessori e utilizzatori del proprio veicolo. La crisi, però, ridisegna le abitudini. Muta le propensioni individuali. Stravolge le preferenze. Obbliga, insomma, i singoli a cambiare le proprie modalità di effettuazione degli spostamenti. O, almeno, a provarci. L’occasione è ghiotta: nonostante la scarsità di risorse, conviene senz’altro compiere tutti gli sforzi possibili per investire nel potenziamento del trasporto pubblico e delle varie altre forme di mobilità sostenibile (come, ad esempio, quella ciclistica). Affinché il loro efficientamento “convinca” i cittadini radicando, definitivamente, nella collettività quel cambiamento di comportamenti che, per ora, è solo contingente, non voluto ma necessitato dalla gravità della crisi. Con l’obiettivo ultimo di mantenere, anche a crisi finita, aree urbane decongestionate e, dunque, più vivibili e integrate nel sistema economico-territoriale di riferimento. Insomma, è la premessa per un’effettiva crescita.