Ponte sullo Stretto, l'opera non sarà accantonata
Il ministro Passera vuole però una revisione dei conti
Roma, 30 dicembre 2011 - Dopo aver detto sì alla Tav Torino-Lione e al Terzo Valico, il governo Monti non rinuncerà neppure al Ponte sullo Stretto di Messina, l'opera faraonica che Silvio Berlusconi considerava obiettivo prioritario del suo esecutivo. Ma il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera, che ha il dossier in mano, vuole procedere ad una revisione dei costi (8,5 miliardi), ritenuti eccessivi, ed approfondire altri aspetti, prima di dare il via libera definitivo che comunque dovrebbe arrivare entro febbraio con l'approvazione del progetto da parte del Cipe. La notizia è trapelata a margine dell'incontro che nei giorni scorsi il governatore della Regione Sicilia, Raffaele Lombardo, ha avuto a Palazzo Chigi con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà. Tema dell'incontro era il Piano per il Sud da attuare nella cosiddetta "fase due" dell'azione di governo. Lombardo ha consegnato a Catricalà una memoria su questioni specifiche che riguardano la Sicilia, fra queste, appunto, il Ponte sullo Stretto, la cui realizzazione era stata già caldeggiata dal governatore con una lettera a Monti lo scorso 3 dicembre e, pochi giorni prima di Natale, sempre con una missiva al premier, questa volta firmata da un gruppo di parlamentari del Mpa. Ebbene, qualcosa si è mosso, proprio negli ultimi giorni. Non a caso, Lombardo, uscendo da Palazzo Chigi, ha detto che «l'incontro è andato molto bene» e «che sono stati affrontati argomenti concreti». Ai giornalisti non ha voluto (o forse non ha potuto) dire di più, ma alle persone a lui più vicine Lombardo ha confidato il suo ottimismo sulle prossime mosse del governo, anche sul fronte delle grandi infrastrutture. Ma il Paese può mettere in conto, oggi, una spesa di 8,5 miliardi per un'opera che mezza Italia considera inutile? Il fatto è che ci si è probabilmente spinti troppo avanti. Se lo Stato rinunciasse dovrebbe comunque pagare oltre 400 milioni di penali, per ritrovarsi tra le mani solo un plastico. Se tergiversasse ancora , quei costi, già lievitati del 34% in un anno (secondo i calcoli del Wwf Italia), andrebbero completamente fuori controllo. Altro particolare non trascurabile: la rinuncia avrebbe ripercussioni pesantissime sulle società che dovrebbero gestire e realizzare l'opera, ossia la Stretto di Messina spa (società pubblica che riunisce Anas, Rfi, Regione Sicilia e Regione Calabria) e l’Eurolink (general contractor, capofila Impregilo). Le associazioni ambientaliste, tuttavia, non allentano la pressione sul governo. Legambiente, Italia Nostra e Wwf, chiedono lo stop del Cipe al progetto e si giocano la carta della Valutazione di Impatto Ambientale: «Non tiene conto di modifiche essenziali compiute sul progetto - sostengono -: i piloni ora arrivano a 400 metri, sono stati cambiati l'orientamento della struttura e la localizzazione della stazione di Messina». E ancora: non sarebbero state rispettate le prescrizioni paesaggistiche, così come le misure di sicurezza sotto il profilo idrogeologico. Tutte questioni che il ministro Passera sta approfondendo proprio in questi giorni, ma che, come detto, non dovrebbero mutare l'orientamento del governo. Così come non dovrebbe incidere la posizione contraria del Pd alla realizzazione del Ponte sullo Stretto. Passera sta inoltre lavorando al "pacchetto infrastrutture". Si tratta di confermare una cinquantina di opere strategiche, per un valore complessivo di 4,6 miliardi, attualmente a rischio di definanziamento. Opere bloccate per la mancanza dell'autorizzazione all'impegno da parte dell'ex ministro Tremonti o per altre ragioni (dalle autorizzazioni locali alla progettazione da rivedere ai ritardi nelle gare o nell'affidamento dell'appalto). Fra queste infrastrutture, strade, metropolitane e ferrovie urbane.