Treni pendolari, gare senza fondi
Lo Stato taglia, le Regioni riducono le linee: liberalizzazioni lontane
Roma, 14 giugno 2012 – II trasporto ferroviario pendolari è al capolinea, almeno nella forma che abbiamo conosciuto finora: da cosa sarà sostituito è tutto da scoprire, una linea politica chiara e coerente non c'è ancora né a Roma né nelle capitali regionali. La drastica riduzione dei fondi statali effettivamente disponibili per il 2012 a 1,2 miliardi (contro una media degli anni passati dell'ordine di 1,8 miliardi), il taglio dei servizi previsti dai contratti di servizio regionali (oscillante fra il 3 e il 20%), la totale incertezza delle risorse per il 2013, l'apertura teorica di una stagione di concorrenza e di gare che si faranno con risorse al ribasso e senza regole ancora definite, l'aumento dei biglietti che in certe regioni tocca - secondo Pendolaria 2011 di Legambiente - punte del 20%: tutti fattori che disgregano l'attuale regime di servizio senza indicare un modello alternativo.
Nel cassetto restano le promesse e i sogni annunciati, prima dal Governo Prodi, poi dal Governo Berlusconi, con i piani per l'acquisto di mille treni per risollevare e rilanciare il trasporto pendolari. L'Italia si impoverisce e quelle risorse non sono mai venute fuori. Non solo: il materiale rotabile, di proprietà di Trenitalia in quasi tutti i casi, è di fatto una barriera all'ingresso di nuovi operatori e costituirà un freno fortissimo all'apertura di una stagione concorrenziale. È saltato, intanto, almeno sul piano normativo, anche il modello opposto del monopolio Fs alimentato da contratti 6+6 anni e dal «catalogo»: la novità introdotta cinque anni fa da Mauro Moretti per costringere gli assessori regionali a proporzionare le richieste di servizi alle risorse pronte sul tavolo.
«Se non ci saranno le risorse, non faremo i servizi», ha detto ancora Moretti qualche giorno fa, ripetendo un mantra che ormai è nei geni costitutivi dell'ex carrozzone pubblico. «Siamo un'impresa privata e svolgiamo i servizi solo se veniamo pagati», sostiene non da oggi l'amministratore delegato delle Fs. Stavolta, però, le sue parole hanno fatto più rumore del solito e improvvisamente è stato chiaro a tutti che il 2013 sarà l'anno del "non ritorno". L'anno in cui una soluzione non potrà essere ancora rinviata.
Già la seconda parte del 2012, però, sarà "lacrime e sangue", sempre che non intervengano soluzioni innovative, in termini di risorse finanziarie e di linee di policy, dal Governo centrale. Difficile pensare che la nuova Autorità dei trasporti, per cui l'ultimo Consiglio dei ministri ha designato Mario Sebastiani alla presidenza, possa affrontare la questione con qualche possibilità di successo già quest'anno. Avrà forse l'ambizione di partecipare alla costruzione del nuovo modello, ma la cassa è altrove.
Il taglio delle risorse metterà ancora una volta a dura prova i comportamenti delle Regioni che dal 2001, anno in cui hanno assunto risorse e responsabilità del trasporto ferroviario pendolari, hanno mostrato atteggiamenti tutt'altro che omogenei. Nel 2011 il Veneto ha già tagliato il 20% dei servizi, la Liguria il 12%, l'Abruzzo il 10%. Tagli orizzontali, lineari, che quasi sempre consentono di evitare l'impopolarità di scelte più selettive. Una strada innovativa l'ha indicata coraggiosamente il Piemonte che è andato a tagliare più nettamente i «rami secchi» dove il traffico non giustificava il servizio: la reazione di comuni e cittadini colpiti dai tagli, però, è stata furibonda, a conferma che è difficile in Italia praticare una spending review su base razionali.
D'altra parte, negli anni passati, l'impegno delle singole Regioni si è misurato con le risorse integrative destinate ai contratti di servizio con Trenitalia e le altre imprese ferroviarie: nel periodo 2001-2011, sempre secondo Pendolaria 2011, la Lombardia ha speso 271 milioni, la Toscana 203, l'Emilia-Romagna 46, il Piemonte 140, mentre il Lazio, che pure ha stanziato 290 milioni interativi, li ha destinati in buona parte ai servizi urbani di Roma.
Al ministero delle Infrastrutture si ragiona sulla via per uscire dall'impasse, coniugando concorrenza e razionalizzazione dei servizi. Una strada che si sta valutando è quella di dividere nettamente in due il mercato: da una parte gare per assegnare le tratte che si autofinanziano grazie al traffico consistente, dall'altra un «servizio universale» razionalizzato e finanziato dal pubblic, assegnato anche questo con gara alla migliore offerta. Una soluzione che non piace alle Regioni, che non saprebbero fronteggiare l'impatto della razionalizzazione del «servizio universale». Se il 2013 sarà davvero l'annodi un nuovo trasporto locale, dovranno essere azionate altre due leve potenti: l'ampliamento dei servizi ferroviari con quelli sostituivi in gomma dove il treno non fa numeri sufficienti e al tempo stesso una revisione radicale in chiave europea della mappa dei contributi pubblici che oggi favorisce paradossalmente la gomma rispetto al ferro.