Bene gli occhi elettronici, ma occhi (e cervello) del poliziotto valgono ancora
Storia di una multa fatta in condizioni "estreme". E confermata dalla Cassazione

Roma, 4 agosto 2016 – Siamo ormai portati a pensare che, in autostrada e sulle altre grandi arterie del Paese, il controllo della velocità veicolare lo faccia la tecnologia. In effetti, da un punto di vista statistico-quantitativo, le cose stanno così. Con la seguente avvertenza, però: Tutor e Vergilius sono sistemi che si aggiungono alla “modalità tradizionale”, non la sostituiscono.
Per “modalità tradizionale”, intendiamo riferirci all’accertamento effettuato, con i suoi cinque sensi e soprattutto con la vista, dall’agente: dal poliziotto, insomma. Il quale non possiede la capacità di misurazione di un apparato tecnologico, ma – in determinate circostanze – può attestare, al di là di ogni ragionevole dubbio, l’avvenuto superamento dei limiti di velocità.
L’agente, per esempio, può essere al volante di una vettura di servizio e accorgersi, dal contachilometri, di quanto “corra” il veicolo davanti: un caso classico. Basterà annotare sul verbale d’infrazione la velocità riscontrata dal tachimetro dell’auto dell’Amministrazione, e il verbale sarà perfettamente valido. Libero, naturalmente, il trasgressore di fare ricorso; ma davanti al giudice ci sarà l’audizione testimoniale del poliziotto, che consulterà le proprie relazioni di servizio: difficilissimo, rispetto a ciò, fornire una controprova efficace.
Il tutto è stato ribadito e diffusamente spiegato in una recente sentenza di Cassazione, la n. 13898 del 7 luglio scorso. Che ha anche il pregio di riportare stralci dal processo di primo grado, come questo:
Dopo il sorpasso ho accelerato, ma non riuscivo a raggiungere la Ferrari, solo al km 92 circa sono riuscito ad avvicinarmi all’autovettura senza raggiungerla in quanto questa era costretta a rallentare a causa di un’altra macchina, che superava nella corsia di sorpasso. Nel tratto di strada percorso sino al momento in cui ho raggiunto la Ferrari ho notato che il mio contachilometri raggiungeva i 220 km/h; preciso che l’autocivetta era una BMW 330”>>.
Nei giorni scorsi, quasi tutti noi abbiamo visto, in rete, i video dell’autoarticolato che fa inversione di marcia sull’autostrada della Cisa, o della cisterna che, sulla A10, taglia all’improvviso un’intera corsia per parcheggiare. E abbiamo sentito un brivido, pensando ai pericoli folli che, in simili frangenti, gravano sugli utenti della strada.
La sentenza di Cassazione non ha l’espressività delle immagini, è solo linguaggio grigio e un po’ burocratico. Tuttavia, nel leggere la testimonianza dell’ispettore K.B., il brivido che avvertiamo è più o meno lo stesso.