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Briciole di pane

Distrazione "da smartphone" del guidatore: il dibattito negli USA

Molto si gioca sulle tecnologie in grado di arginare la negligenza del conducente

Che la distrazione causata dall’uso di telefoni sempre più sofisticati costituisca un problema per la sicurezza stradale, è assolutamente risaputo. Il fenomeno è sì deplorevole, ma anche consolidato: rientra purtroppo nel campo delle ‘abitudini sbagliate/sbagliatissime’, più che in quello delle ‘infrazioni episodiche’. Non per caso il Ministero dell’Interno, nell’ultima direttiva sui controlli di polizia stradale, la cosiddetta Direttiva Minniti del 21 luglio 2017, ha pensato a un paragrafo dal titolo “Lotta ai comportamenti che sono causa di distrazione”: viene sancita la – per così dire – ‘istituzionalizzazione’ del problema. Enti proprietari di strade e altri organismi pubblici si sforzano, mediante iniziative di sensibilizzazione, di modificare tale perniciosa abitudine degli automobilisti; un esempio meritorio è la campagna #GUIDAeBASTA patrocinata anche da ANAS S.p.A.

 

Ma in un Paese come gli Stati Uniti, che sulle liti, le corti e le giurie ha costruito una parte non piccola delle proprie coordinate socioculturali, ci si è spinti oltre: posto che la negligenza del guidatore è un dato stabile, ci si è interrogati sulle cause ultime, riconducibili al telefono. è normale che uno smartphone venga usato in viaggio, mentre ci si sposta? Esistono tecnologie ordinarie, di agevole realizzazione, che possano far sì che il telefono ‘capisca’ di essere a bordo di un veicolo in movimento e si spenga rilanciando il messaggio automatico “I’m driving, I’ll call you back later”? Entrambe le domande hanno risposta affermativa. L’idea che ci sia una responsabilità (anche) del produttore di telefoni, allora, non appare del tutto peregrina o campata in aria.

 

Ovviamente, il dispositivo che ‘blocca’ lo smartphone all’interno di una vettura in movimento dovrebbe poter essere disattivato dal passeggero non al volante, con il logico corollario che, ove la disattivazione fosse invece impostata dal conducente, si avrebbe un vero e proprio comportamento fraudolento e il produttore sarebbe liberato da ogni addebito. Ma è sulla totale mancanza di tale dispositivo che si soffermano le riflessioni dei giuristi d’Oltreoceano. Il caso Modisette vs. Apple, iniziato davanti alla Corte di Santa Clara, California, offre tuttora un dibattito aperto, ricco di implicazioni. La domanda posta dalla parte attrice era appunto la seguente: può un costruttore di un telefono – il celeberrimo Iphone, tanto per non far nomi – commercializzarlo anche quando è a conoscenza, in base all’esperienza, che verrà usato spesso dai conducenti di veicoli a motore in violazione delle normative, e già dispone di una tecnologia che permetterebbe la disattivazione automatica del telefono quando rileva il moto della vettura?

 

In ultima analisi, è come se il baricentro del discorso gradualmente si spostasse: dalle regole di circolazione stradale a quelle sulla pericolosità da prodotto. In quale senso potremmo categorizzare lo smartphone come ‘pericoloso’? Alla stregua di un detersivo, o alla stregua di un macchinario? Nel primo caso, basta una banale etichetta: “non ingerire”, “non inalare”, ovvero – è la nostra ipotesi – “non usare mentre si guida”. Nel secondo caso, si è costretti ad ammettere che il telefono debba conformarsi a tutta una serie di accorgimenti in funzione delle prevedibili, ancorché scorrette, modalità d’uso del prodotto. In fondo, pure il diritto europeo (cosiddetta direttiva macchine) precisa che il costruttore è tenuto a valutare anche gli errori più comuni dell’utilizzatore, attuando protezioni per evitarli. Il dibattito, insomma, apre scenari impensati anche nei nostri sistemi. C’è da scommettere che ne sentiremo ancora parlare.

Davide Fornaro