Furti e rapine, anche questo è gap trasportistico
Le ricerche internazionali indicano un peggioramento della situazione italiana

Roma, 20 maggio 2015 - Se ne parla sottovoce, quasi l’argomento sia tabù. Del resto, sembra ancora un fenomeno difficilmente monitorabile: la conoscenza che ne abbiamo è frammentaria. Ma è un fenomeno concreto. Drammaticamente concreto, per chi l’abbia subito sulla propria pelle. E preoccupante per tutti.
Parliamo di furti e rapine ai veicoli industriali: che è, poi, la parte preponderante di quella tematica del trasporto etichettata sotto il nome di security.
In materia, effettivamente, siamo avvezzi a ragionare su dati parziali, come le statistiche Confetra “furti e rapine mezzi pesanti”, ferme al periodo 2002-2005 (per inciso, con un trend di veicoli rubati in costante crescita); o su notizie isolate, come quella dell’incontro del febbraio scorso tra Polizia Stradale e associazioni di categoria dell’autotrasporto (incontro nel corso del quale la Polizia ha evidenziato la necessità, per i camionisti, di adottare sempre comportamenti prudenziali, come viaggiare in convoglio o parcheggiare con il lato del rimorchio attaccato al muro).
Una panoramica più completa, paradossalmente, sembra venirci da un soggetto estero e non istituzionale: l’organizzazione internazionale Freight Watch International, che ha pubblicato il rapporto 2014/2015 sui furti e rapine ai danni dell’autotrasporto in Europa. Nella ricerca, condotta sulla base di informazioni raccolte da fonti locali atteso che le informazioni ufficiali “latitano” un po’ dappertutto, sono indicati i “punti neri” dove avviene la maggior parte degli episodi.
L’Italia figura tra i primi quattro Paesi colpiti, con Francia, Germania e Russia (maggiori informazioni sul sito specialistico TrasportoEuropa a questo link).
Elemento particolarmente inquietante: in Italia, il tasso di assalti violenti agli automezzi, rispetto al totale di episodi di reato, è il più alto d’Europa. Tra i punti più a rischio, le aree urbane di Milano, Bari e Napoli. Non va sottovalutata, in queste attività delittuose, la grande presenza della criminalità organizzata, che può giovarsi delle proprie “collaudate” reti di ricettazione.
Non diremmo nulla di nuovo, affermando che anche questi aspetti di security danno la misura dell’efficienza di un sistema trasportistico e, in definitiva, della competitività di un’economia.
Merita, comunque, un apprezzamento l’approccio scelto da Freight Watch International, che ha provato a esaminare l’intera rete viaria di un Paese; individuando come punti più pericolosi, per l’Italia, la S.S. 16 tra Foggia, Cerignola e Bari, nonché la SP 231 tra Canosa di Puglia e Bari. Questo, mentre le analisi italiane in materia sono per lo più focalizzate sulla sola rete autostradale, anche a causa della eterogeneità delle forze di polizia presenti sul territorio.
Giustissimo differenziare le autostrade dalla restante viabilità, finché si parla di traffico, confort, livelli di servizio, tempi di percorrenza, standard tecnici, caratteristiche infrastrutturali. Assai meno giusto invece, a nostro avviso, differenziarle sotto il profilo della tutela fornita dagli apparati pubblici rispetto a atti criminali.