Incidentalità, verso una cultura della sicurezza e della prevenzione
Nel tempo è cresciuta l'attenzione al fenomeno. La UE segnala la necessità di porre in atto azioni di contrasto
Roma, 30 gennaio 2013 - Numeri impressionanti quelli legati all’incidentalità. Che lasciano riflettere. Dal 1952 a oggi, si rileva da una ricerca effettuata dall’Asaps (Associazione Sostenitori Amici della Polizia Stradale), che ha rielaborato 60 anni di dati Istat, si contano 443.802 vittime, 14.321.280 feriti e 14.868.849 sinistri. Stime in difetto, tra l’altro, perché fino al 1968, come hanno sottolineato dall’Asaps, erano annotati solo i decessi verificatisi entro una settimana dall’evento.
Oggi, invece, l’arco temporale di riferimento copre i trenta giorni. Il crescere della motorizzazione ha comportato, nel tempo, l’aumento del fenomeno dell’incidentalità. Il 1972 è stato l’anno in cui si sono registrati più sinistri. Nel frattempo, però, si è ampliata l’attenzione al problema. La stessa Unione Europea ha assegnato agli Stati membri l’incombenza di adottare politiche atte a contrastare l’incidentalità (- 50% incidenti e vittime dal 2010 al 2020).
In positivo, c’è da registrare che, attualmente, a fronte di un parco auto che sfiora i 50 milioni, il numero dei morti diminuisce, anche se cresce quello dei feriti. Molto contribuisce, ai fini della riduzione delle vittime, tra l’altro, la più rilevante attività di vigilanza da parte di quanti preposti alla prevenzione e repressione delle violazioni al Codice della Strada e, parallelamente, la migliore dotazione di sicurezza a bordo delle automobili e, per quanto riguarda i motociclisti, l’obbligo dell’utilizzo del casco.
I dati definitivi degli incidenti stradali del 2010, resi noti dall’Istat, indicano che sono al primo posto, per numero di sinistri, le strade urbane (anche se scendono del 2,2%). Sulle statali, provinciali e comunali extraurbane il calo dell’incidentalità è dello 0,5%.