Flash news Infrastrutture:
 
 

Briciole di pane

Omicidio stradale, un nuovo reato per contrastare l'incidentalità

L'opinione pubblica reclama sanzioni più severe per chi adotta condotte di guida irresponsabili

Roma, 18 giugno 2013 - Di incidenti stradali si continua a morire. Ogni giorno. La cronaca delle ultime settimane ha evidenziato le storie tragiche di quanti hanno perso la vita per la disattenzione o gli eccessi di chi guida. Vittime, incolpevoli, di quanti disattendono il Codice della strada e il buonsenso. Come non rammentare, ad esempio, il pericolo rappresentato da coloro che si mettono al volante in stato di ebbrezza. Il ripetersi di episodi luttuosi che potevano, sicuramente, essere evitati ha portato al centro del dibattito politico-mediatico, sempre di più, la necessità di introdurre nell’ordinamento il reato di “Omicidio stradale”. Il comune sentire dell’opinione pubblica propende, ormai, in questa direzione.

D’altronde, il rincorrersi di disgrazie assurde amplifica lo sconcerto della gente. L’Asaps (Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale), promotrice, con le associazioni Lorenzo Guarnieri e Gabriele Borgogni di Firenze, della raccolta firme per l’introduzione del reato, conta, finora, oltre 70.000 adesioni. Chi guida ubriaco o sotto l’effetto di droghe, e causa la morte di altri, deve risponderne duramente: va data una risposta, ferma e puntuale, in termini di Giustizia a chi non c’è più e ai suoi familiari. Internet ospita un’infinità di siti dedicati proprio a questa problematica. Su www.giustiziavittimestrada.org si legge: “In Italia ogni anno quasi 5.000 persone perdono la vita in seguito a scontri stradali. Si può stimare che almeno un terzo di questi sia riconducibile alla fattispecie dell' "omicidio stradale". In Italia lo scorso anno sono ci sono stati circa 600 gli omicidi con arma da fuoco o da taglio. Uccidere con un mezzo meccanico - camion, auto, moto, ciclomotore - è molto più semplice che uccidere con una pistola.

In altri Paesi europei, dove le strade sono molto più sicure che in Italia, esistono già pene e provvedimenti simili a quelli che vorremmo introdurre nel nostro ordinamento”. La stessa parola “incidente”, è stato fatto rilevare, è riduttiva e denota, in fondo, una casualità. Ma non è così. Non c’è nulla d’imprevedibile. Tanto è vero che nel primo rapporto europeo sulla sicurezza stradale, quello del 2001, si parlava di una responsabilità condivisa. Di eventi, comunque, ipotizzabili rispetto a errate condotte di guida.

A quanti paventano la “novità” della fattispecie dell’”omicidio stradale”, si può replicare che è del tutto fisiologico che un ordinamento evolva sulla base di mutate percezioni nel sentire comune. Un sentire, come appena detto, che tende a dare sempre maggiore importanza al valore della sicurezza stradale. Ed è sempre meno disposto a far ricadere i sinistri nel generico alveo della “fatalità”. Lo sanno bene gli Enti proprietari di strade. Questi ultimi, nelle cause risarcitorie, si trovano ad affrontare, con sempre maggiore frequenza, quell’indirizzo (non legislativo ma giurisprudenziale) che li vorrebbe responsabili a titolo di “cosa in custodia”. Una responsabilità, cioè, molto più stringente della “ordinaria” responsabilità civile che, invece, richiede, da parte del danneggiato, la prova dell’esistenza di una “insidia”.

E se l’ordinamento giuridico mostra maggiore severità rispetto al fattore-strada, non è né insolito né illogico che faccia altrettanto rispetto al fattore-uomo, l’altra componente causale (preponderante, oltretutto) dell’incidentalità. C’è da rilevare, comunque, che nella Ue, nel 2012, le vittime della strada sono diminuite del 9%. Stando ai dati diffusi dalla Commissione europea, l'anno scorso si sono registrati 3.000 morti in meno. I Paesi con il minore numero di vittime sono il Regno Unito, la Svezia, i Paesi Bassi e la Danimarca, con circa 30 decessi per milione d'abitanti.

In Italia, il numero di vittime, nel 2012, si attestava a 62 per milione di abitanti. Registra, però, un calo costante negli ultimi anni. Questo grazie anche, è opportuno evidenziarlo, all’impegno degli Enti che gestiscono le strade che, nei tratti ricadenti sotto la loro competenza, monitorano costantemente i cosiddetti “punti neri” della viabilità e, più in generale, quelli “a rischio”, adottando, autonomamente o di concerto con quanti preposti alla prevenzione e repressione delle violazioni al Cds, tutte quelle iniziative e impiegando strumentazioni, ad esempio: l’installazione di impianti semaforici; il posizionamento di Tutor e, per l’Anas, di Vergilius - che concorrono, sinergicamente, a ridurre il numero dei sinistri.

E’ appena il caso si rammentare, inoltre, che il programma europeo di azione per la sicurezza stradale 2011-2020 comprende progetti che mirano a dimezzare il numero di morti sulle strade europee nei prossimi dieci anni. Stando a talune stime, in Europa, per ogni vittima della strada, si contano dieci feriti gravi e quaranta meno gravi. Attuare, pertanto, delle politiche di contrasto all’incidentalità è, come si vede, un’impellente necessità. Di preoccupante attualità.

Carlo Sgandurra