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Briciole di pane

Pirati della strada, basta con i cavilli

Un'importante sentenza sull'omissione di soccorso

Roma, 30 aprile 2014 - Per debellare il fenomeno della pirateria stradale, serve agire su due fronti. Da un lato, occorre rendere estremamente improbabile l’eventualità che il colpevole riesca a dileguarsi nel nulla. I dati attuali, d’altronde, sono del tutto insoddisfacenti. Nel 2013, secondo l’Osservatorio ASAPS-Associazione Sostenitori e Amici Polizia Stradale, è stato possibile dare un nome e un volto al responsabile solo nel 55,8% dei casi. Leggermente meglio era andata nel 2012, con il 59,7% dei pirati individuati. Comunque, sempre troppo poco.

Per persone carenti di senso etico, una situazione che offre quasi una possibilità su due di farla franca rappresenta uno stimolo a scegliere il comportamento illecito anziché quello socialmente doveroso. Da questo punto di vista, peraltro, le cose miglioreranno solo una volta implementati nuovi, e più efficaci, strumenti di controllo e investigazione. Il che presuppone un aumento delle forze dell’ordine ora presenti sul territorio, nonché un notevole sforzo di formazione specifica, con addestramenti, per le varie polizie locali. Un percorso, come si può immaginare, lungo e complicato.


Ma c’è anche un secondo livello su cui concentrare l’attenzione e gli sforzi: l’applicazione giudiziaria della norma. Su questo versante, la sentenza di Cassazione n. 14616 del 28 marzo 2014 segna, crediamo, una tappa importante. Offrendo una lineare disamina di ciò che in gergo penalistico si chiama elemento soggettivo della fattispecie incriminatrice, la Suprema Corte arriva a chiarire che l’obbligo di cui all’art. 189 Cod. Strada (“L’utente, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, ha l’obbligo di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona”) sorge per il solo fatto di un sinistro stradale avente caratteristiche idonee a determinare l’apparenza e a fare nascere il timore di possibili lesioni fisiche; mentre non è affatto richiesta, per la sussistenza del reato, la consapevolezza, da parte del soggetto, del danno provocato alla vittima.


In tal modo, è stata confermata la condanna penale inflitta a una guidatrice che, con la propria autovettura, aveva urtato un motociclista facendolo cadere, e si era quindi data alla fuga. Non ha nessuna rilevanza il fatto che la donna avesse visto, dallo specchietto retrovisore, il malcapitato rialzarsi tranquillamente e senza danni apparenti; il suo obbligo era, comunque, quello di fermarsi e prestare assistenza, e tanto basta. I pirati della strada, insomma, devono sapere che, almeno su questo punto specifico, il quadro normativo è chiaro e tale da non lasciare margini ad arzigogolati “escamotages”. I quali sarebbero, inequivocabilmente, contrari all’ordinamento giuridico. Oltre che, naturalmente, al senso civico.
 

Carlo Sgandurra