Anas driver dello sviluppo sostenibile
Intervista a Marco Frey, ordinario di Economia e gestione delle imprese e direttore del gruppo di ricerca sulla sostenibilità della Scuola Sant'Anna e Direttore di Ricerca allo IEFE - di G.M. Rita Pofi

L'introduzione di criteri di sostenibilità negli acquisti può portare un vantaggio competitivo alle stazioni appaltanti o c'è il rischio che aumentino solo i costi?
Nella dinamica attuale in cui il trend della sostenibilità è diventato così importante e definito tale da portare ad una grande trasformazione c’è bisogno di sviluppare di continuo capacità innovative nei materiali e nelle realizzazioni. È inoltre fondamentale valorizzare le potenzialità di queste innovazioni considerando che ormai siamo dentro un processo dove sono richieste sempre di più caratteristiche quali la compatibilità, la circolarità e la sostenibilità. Il valore di questi elementi non ha soltanto una funzione distintiva ma anche migliorativa. Naturalmente l’impatto economico dei criteri di sostenibilità può esserci soprattutto nella prima fase ed in quella transitoria ma ritengo che nel medio e lungo periodo i vantaggi competitivi siano di gran lunga superiori ai costi.
Quale è lo stato dell’arte in Italia rispetto al resto dei Paesi Europei?
Siamo in una situazione paradossale perché in termini di obbligatorietà il nostro Paese è ad un livello avanzatissimo. L'Italia è seconda al mondo, preceduta solo dal Giappone. Nella realtà dei fatti, quanto a competenze, mostriamo ancora una certa arretratezza. Più che altro è necessario lavorare tanto sul fronte della consapevolezza e della cultura. La quota di implementazione effettiva è ancora bassa se paragonata ad altri paesi europei dove i criteri non sono obbligatori ma scelti su base volontaria. D’altro canto ritengo però che il PNRR e il green deal europeo cui sono rivolte le strategie industriali e digitali accelereranno le trasformazioni in atto. In tal senso le nuove infrastrutture daranno uno sprint a questo cambiamento, coinvolgendo le filiere interessate, a tutti i livelli.
Una stazione appaltante può diventare driver dello sviluppo sostenibile indirizzando le scelte della supply chain nel segno di una riduzione dell’impatto ambientale?
Stazioni appaltanti con un grande peso specifico quale ad esempio Anas, possono diventare promotrici di comportamenti virtuosi, coinvolgendo nel processo di sostenibilità, tutti gli attori della filiera con cui si confrontano. Dobbiamo qualificare la nostra capacità soprattutto perché abbiamo l’occasione di rivedere in maniera complessiva il modus operandi. Il ruolo della committenza in questi processi B2B diventa centrale e risolutivo. I singoli fornitori, in virtù di un minor impatto anche contrattuale fanno più fatica a inserirsi nel solco dell’evoluzione segnata da sostenibilità e circolarità dell’economia. Conciliare la sostenibilità con la competitività e con la crescita è ormai prassi abitudinaria nelle dinamiche concorrenziali.
Secondo Lei nell’ambito del green public procurement si potrebbe fare di più? Quali sono le criticità applicative?
Certamente la domanda pubblica può trainare lavoro, beni e servizi con elevate caratteristiche di sostenibilità ambientale. Ricordandosi però che è sempre fondamentale accelerare il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti per fornire un livello adeguato di competenze. Come ribadito in precedenza la consapevolezza in questo momento può giocare un ruolo chiave così come risolvere i problemi derivanti dalla burocrazia che rallentano l’innovazione. Siamo in un momento storico cruciale che per certi versi, a causa della pandemia da Covid -19 ancora in corso, può essere paragonato al dopoguerra. Una crisi profonda può generare grandi opportunità, a patto che si sappiano cogliere e si vada nella direzione giusta. Una direzione che però è già tracciata, e questo ci facilita. Il PNRR e l’Agenda 2030 infatti hanno posto delle linee guida con cui raggiungere gli obiettivi di sostenibilità. Inoltre a differenza di quella fase di ricostruzione del secolo scorso abbiamo a disposizione una quantità di fondi ben superiore. È venuto dunque il momento di ritrovare quella capacità visionaria che ha portato al boom economico del novecento. In ultima sintesi recuperare quella capacità di trasformazione per seguire un percorso identificato che ci porterà alla transizione green dove sostenibilità ambientale andrà di pari passo con crescita economica.