“Bisogna dare concretezza a una sostenibilità che non è una condizione facoltativa bensì un’esigenza imprescindibile”
Intervista a Lorenzo Orsenigo, presidente di AIS (Associazione italiana per la Sostenibilità delle infrastrutture)

Presidente, Lei è a capo dell’AIS, l’Associazione Infrastrutture sostenibili. Come nasce e quali sono gli obiettivi prefissati?
AIS nasce nell’estate del 2020, in piena pandemia, dalla consapevolezza di alcuni manager e imprenditori della necessità di offrire ai decisori un interlocutore in grado di raccogliere le eccellenze di quella filiera tecnica e imprenditoriale che è chiamata ad essere protagonista di quel processo di rinnovamento e di qualificazione e adeguamento del nostro sistema infrastrutturale, essenziale per uno sviluppo socio economico. Siamo partiti in cinque e oggi dopo un anno siamo diventati più di trenta, in rappresentanza di aziende leader come il gruppo FS o ASPI, ma anche società di ingegneria e di progettazione, imprese medie che fanno della sostenibilità uno dei loro asset strategici. Ma abbiamo anche i maggiori produttori di calcestruzzo, aziende importanti della filiera industriale dall’acciaio alla chimica. Tutti convinti che si debba dare concretezza a una sostenibilità che non è una condizione facoltativa bensì un’esigenza imprescindibile. E un’associazione come la nostra può offrire strumenti, modelli, soluzioni. Il nostro approccio e il nostro metodo di lavoro costituiscono i capisaldi della nostra proposta tecnica e culturale.
Uno dei vostri obiettivi è quello di sostenere un processo di sviluppo infrastrutturale attraverso una migliore qualità delle strutture digitali, uso di materiali e cantieri pienamente sostenibili. È un lavoro molto complesso. A che punto siamo?
Quando siamo partiti il riferimento era il progetto della Commissione europea della Next Generation EU, che è alla base del Piano di Ripresa e Resilienza, il PNRR. È all’interno di questa strategia, che mette al centro sostenibilità, innovazione digitale e inclusione sociale, che oggi ci dobbiamo muovere per raggiungere gli obiettivi e rispettare gli impegni presi. È in questo scenario che abbiamo redatto il nostro Position Paper su La sostenibilità delle infrastrutture fattore determinante della Next Generation EU, dove abbiamo avanzato precise proposte e fornito indicazioni soprattutto su tre aspetti. Innanzitutto la misurabilità della sostenibilità nelle diverse fasi del progetto della costruzione e della gestione, mettendo al centro la LCA non solo dei materiali e dei prodotti ma dell’intera infrastruttura. Abbiamo sostenuto l’importanza di ricorrere a protocolli di sostenibilità come strumenti di riferimento; abbiamo e stiamo insistendo sulla necessità di ampliare il ricorso alla digitalizzazione per gestire processi e monitorare le opere e le loro prestazioni. Siamo molto soddisfatti che quanto da noi evidenziato e proposto stia trovando pieno riscontro nelle scelte e nei provvedimenti del MIMS ad iniziare dalle recenti Linee guida per il Progetto di Fattibilità Tecnico Economica (PFTE) con l’inserimento obbligatorio della Relazione di sostenibilità da un lato e il riferimento esplicito all’utilizzo di capitolati informativi dall’altro. Solo per fare due esempi. Siamo all’inizio di un percorso virtuoso che va alimentato con una ampia condivisione e con la crescita del sistema produttivo e industriale, mettendo a valore le grandi competenze di gruppi come FS con le sue società leader nella progettazione, nella ricerca e dove l’integrazione in una logica intermodale costituisce il cuore della strategia richiamata con il PNRR.
Il processo di sviluppo infrastrutturale sotto il profilo sostenibile come si declina invece specificamente nel settore stradale?
Che sia una strada o un tratto ferroviario, o un viadotto non cambia molto. Quel che oggi serve è un approccio diverso che consenta di valorizzare tutte le potenzialità presenti nel Paese in termini di competenze, organizzazione, tecnologie che devono essere gestite sulla base di regole chiare e utilizzando quegli strumenti di valutazione dei processi e dei risultati oggi esistenti. La sostenibilità di una strada riguarda una molteplicità di aspetti, dall’uso dei materiali alla gestione del cantiere, che deve essere sempre più sostenibile, agli impatti sui territori e sulle comunità locali. La sfida che abbiamo davanti è quella di riuscire a guardare a tutti questi aspetti in modo integrato. Ed è per questo che ci vogliono strumenti nuovi, ma anche un’organizzazione che sappia valorizzare la digitalizzazione. Ci sono temi prioritari ai quali va prestata la massima attenzione. Penso alla questione del riciclo piuttosto che all’impatto della CO2. Ma vi sono anche tematiche che spesso risultano determinanti in una valutazione di sostenibilità e che riguardano il contesto ambientale così come quello sociale, fattori che vanno tenuti presenti e che entrano in gioco al momento di prendere decisioni compatibili con gli obiettivi sia specifici che generali di sostenibilità.
Se ne è parlato anche a lungo nella definizione del PNRR, qual è secondo lei il modo più efficace per concretizzare nel nostro Paese la costruzione e riqualificazione delle infrastrutture e per accelerare il processo di mobilità sostenibile?
La nostra è un’associazione tecnico culturale e il suo compito è da un lato quello di offrire analisi, mettendo a disposizione studi e proposte per facilitare l’affermazione degli obiettivi di sostenibilità; dall’altro di promuovere una visione e degli strumenti condivisi dall’intera filiera, dalle stazioni appaltanti fino alle imprese e alle società di servizi ambientali, passando per la progettazione e la produzione. In questo modo attraverso i nostri Position Paper possiamo facilitare il lavoro normativo e legislativo potendo contare su un consenso a monte. Visti i tempi stretti previsti dal PNRR si tratta di un vantaggio non da poco. In questo modo è possibile accelerare il processo decisionale che resta uno degli aspetti più critici del nostro Paese. Così come il ricorso a protocolli di sostenibilità può consentire di disporre di indicatori oggettivi sui quali misurare le scelte progettuali in termini di risultati sul piano di una reale sostenibilità. Sono aspetti sostanziali, determinanti, sia per quanto riguarda la progettazione che la fase della costruzione.
La digitalizzazione dei processi delle costruzioni sta sempre più acquisendo un’importanza determinante nell’organizzazione e nella crescita del mercato e del sistema produttivo delle costruzioni. Il Bim per questo sarà fondamentale nei prossimi anni. In che modo?
Oggi è impensabile progettare e costruire una infrastruttura senza ricorrere a modelli digitali. I loro vantaggi sono ormai un dato di fatto. La loro efficacia in termini di riduzione degli errori progettuali, di interazione e di gestione dei processi e delle interferenze garantisce risultati qualitativi e una riduzione dei tempi e quindi dei costi. Tutti fattori in grado di migliorare ed efficientare l'intero processo produttivo. Ma il Bim è anche uno strumento prezioso per misurale la sostenibilità, in quanto il suo utilizzo consente la gestione di una mole di dati altrimenti ingestibili. Così come una gestione digitalizzata di un’opera finita riduce i rischi e consente di praticare una manutenzione predittiva.
Il Bim rappresenta anche un importante rapporto di collaborazione tra UNI e AIS, al quale parteciperà anche Anas. L’obiettivo sarà quello di approfondire chiaramente il tema della digitalizzazione della progettazione. Quali saranno i benefici di questa collaborazione e cosa possiamo aspettarci fra i suoi benefici?
Per noi l’adesione di UNI alla nostra associazione come socio di diritto costituisce un valore aggiunto importante. La normazione volontaria nel nostro Paese spesso integra virtuosamente la normazione cogente, quando non vi si sostituisce. Ritenendo la digitalizzazione e di conseguenza il ricorso e la diffusione del Bim nei processi progettuali e realizzativi delle infrastrutture un fattore chiave, abbiamo proposto di adeguare il nostro sistema nazionale a quanto avviene in Europa in sede CEN creando un corrispettivo gruppo di lavoro dedicato proprio alle infrastrutture, così come esiste per il building. Siamo solo all’inizio di una collaborazione che sono certo sarà proficua per entrambi. Per quanto riguarda Anas, l’orientamento di affidarle il coordinamento tecnico del gruppo di lavoro ci consentirà di lavorare insieme su questo tema così importante soprattutto nel medio termine, contribuendo a mettere a punto anche in questo caso indicazioni preziose per tutti gli operatori. L’auspicio è che il coinvolgimento sia il più ampio possibile mettendo allo stesso tavolo pubblico e privato, così da costruire quel consenso che costituisce un importante valore aggiunto.
Lei è uno dei massimi esperti dei sistemi di gestione qualità e ambiente. Quanto è importante avere una normativa chiara e al tempo stesso capace di eseguire lavori in maniera efficace e rapida al passo con i tempi e le necessità attuali?
È fondamentale. Troppo speso il nostro sistema sconta modalità di produzione delle norme cogenti che invece di facilitare l’attività degli operatori della filiera delle infrastrutture finiscono per creare ostacoli, rallentamenti, contenziosi. Oggi, se si vuole realmente garantire la qualità delle opere, è essenziale che le norme tengano conto e sappiano favorire la diffusione nel mercato di procedure e strumenti in grado di oggettivare i contenuti di sostenibilità e i risultati prestazionali. Un altro aspetto è quello di redigere norme chiare, evitando di offrire margini di interpretazione e di continuare a percorrere la strada del particolare, puntando a fornire linee di indirizzo rimandando poi, ad esempio alle norme volontarie, il rispetto di una serie di fattori di carattere tecnico.
L’Italia, ma anche l’Europa e il resto del mondo, sta vivendo una profonda trasformazione. Come saranno le infrastrutture e i cantieri nel 2030 secondo lei?
Io credo che già oggi il processo di trasformazione dei cantieri sia evidente. La digitalizzazione e le innovazioni tecnologiche guidano i profondi cambiamenti che ne caratterizzano la gestione e l’integrazione tra fase progettuale e realizzativa. Egualmente, la robotica costituirà una vera e propria nuova frontiera. Soprattutto per quanto riguarda le infrastrutture i cambiamenti saranno più rapidi, costituendo dei veri e propri apripista anche per l’edilizia. Sarà molto importante saper immaginare quali effetti questa rivoluzione tecnologica potrà comportare in termini di competenze e di relazioni all’interno dei cantieri. Penso alla sicurezza, ma anche alla gestione di tutti quegli aspetti legati ai processi di trasformazione, dove sostenibilità ambientale e sostenibilità sociale si incontrano. Tanto da diventare e da doverle considerare due facce di una stessa medaglia.