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Briciole di pane

Cemento e ambiente partner per lo sviluppo economico. Il dissesto è un'opportunità

Galletti: "Per il contrasto al dissesto fuori i commissari. Poteri speciali ai presidenti delle regioni"

Roma, 27 giugno 2014 – L’Italia deve uscire dal circolo vizioso dell’ approccio emergenziale al tema del dissesto idrogeologico e passare ad una programmazione di medio-lungo periodo incentrata su interventi preventivi, per il bene dei suoi cittadini e per non continuare a buttare al vento miliardi di euro. Queste considerazioni, condivise e manifestate a più riprese da diversi attori della scena italiana, dai rappresentanti delle istituzioni alle varie associazioni di professionisti, passando per le organizzazioni che lavorano per la tutela dell’ambiente, sono state al centro del convegno organizzato la scorsa settimana dall’Aitec, l’Associazione Italiana Tecnico Economica del Cemento.


L’incontro, dal titolo “Rigenerazione urbana - Il ruolo dell’industria del cemento nelle costruzioni del futuro”, ha messo in luce la necessità, per il rilancio dell’industria cementiera, di incentivare le attività finalizzate alla riqualificazione e alla messa in sicurezza del territorio italiano, alla luce delle caratteristiche del nostro paese. Il suo assetto idrogeologico lo pone infatti in naturali condizioni di rischio, aggravate dalla pericolosa condizione di una abbondante porzione del patrimonio abitativo, non sottoposto ad adeguate opere di manutenzione.


La previsione di nuove politiche strutturali che sostengano la riqualificazione urbana creerebbe, dunque, una situazione win-win, capace di soddisfare gli interessi economici del settore che l’Aitec rappresenta nonché l’esigenza di sicurezza della popolazione.
Senza dimenticare che il rilancio del comparto delle costruzioni viene da molti considerato un volano per la ripresa dell’intera nostra economia, come ha ricordato anche il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi. “Noi dobbiamo chiedere alla politica che ci gestisce di avere un occhio particolare per il nostro settore, perché, continuo a pensare, che questo paese non ritroverà una ripresa, non vedrà una crescita vera del Pil se non rimetteremo mano all’industria delle costruzioni”, ha commentato Squinzi durante il convegno.


Alla tavola rotonda era presente anche il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, che ha sottolineato come la vera sfida per la crescita del paese sia innanzitutto di tipo culturale: imprese ed ambiente devono passare da una condizione di contrapposizione alla cooperazione. “L’ambiente”- ha detto Galletti- “deve affermarsi come partner dello sviluppo economico di questo paese e come promotore di occupazione”.


A proposito della questione dissesto idrogeologico, Galletti lo ha inquadrato nell’ambito del decreto #AMBIENTEPROTETTO, approvato di recente dal consiglio dei ministri, che si pone obiettivi quali il superamento delle emergenze e la semplificazione delle procedure. Intenti, questi, che si è pensato di perseguire, ad esempio, eliminando dei livelli burocratici, come quello rappresentato dai commissari che erano stati nominati proprio per gestire il contrasto al dissesto. Il nuovo decreto attribuisce infatti i poteri straordinari direttamente ai presidenti delle regioni, “nella speranza che il miliardo e seicento milioni che oggi giacciono nelle contabilità speciali dei commissari, fuori dal patto di stabilità, possano in breve tempo diventare cantieri aperti sui territori”, ha detto Galletti; se questa strategia funzionerà sarà solo il tempo a dirlo, ad ogni modo si potrà eventualmente individuare con facilità “di chi sarà stata la responsabilità dei fondi non spesi a fine anno”, ha concluso il ministro.


Intanto, da una analisi propedeutica alla messa in sicurezza del territorio effettuata dall’Ufficio Studi di Aitec emerge una infelice classifica delle province italiane a maggiore rischio idrogeosismico che vede ai primi posti diverse località del nostro meridione. Napoli è in testa, a seguire Reggio Calabria e Vibo Valentia. Anche la provincia di Roma desta preoccupazioni e si pone al quinto posto, preceduta da Catanzaro.
Lo studio si è basato sul calcolo di un Indicatore Sintetico di rischio, che combina i dati storici relativi al dissesto idrogeologico (frequenza ed effetti di frane e di piene) con quelli di pericolosità sismica (frequenza ed effetti di terremoti).
 

Chiara Natalini

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