Infrastrutture e mobilità sostenibile
Intervista a Pierluigi Stefanini, Presidente ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) - di Mario Avagliano

La mobilità sostenibile rappresenta una delle sfide fondamentali nell’ambito del processo di decarbonizzazione e di lotta ai cambiamenti climatici. Secondo Lei l’Italia è pronta ad affrontarla?
Per certi versi il nostro Paese può vantare straordinarie punte di eccellenza nel campo della ricerca scientifica e delle soluzioni per la mobilità sostenibile. Ma il processo è ancora lungo e richiede un impegno costante soprattutto sul fronte della mobilità integrata, quella che riesce a mettere a sistema la mobilità classica con quella dolce. Bisogna insistere molto sull’aspetto comportamentale. Abbiamo attualmente situazioni di criticità in alcune aree specifiche come ad esempio la pianura padana che presenta gravi situazioni di inquinamento. In questo senso la mobilità sostenibile è decisiva per attenuarne l’impatto in maniera significativa. La pandemia da Covid-19, per altro ancora in corso, ha rivoluzionato gli stili di vita. Quello più eclatante è lo smart working che ha contribuito a ridurre i livelli di inquinamento specie nelle zone più industriali del paese. Si è compreso che, per alcune professionalità, specie quelle legate ai servizi più che alla parte produttiva, questo tipo di modalità di lavoro può essere adottata nel futuro in virtù anche del risultato di best practice per l’ambiente. In ogni caso dobbiamo incoraggiare l’uso dell’intermodalità, dell’adozione di mezzi non inquinanti per lo spostamento all’interno delle nostre città. Ricordiamoci che dalle grandi crisi si possono cogliere delle importanti opportunità. E quelle offerte in questa particolare contingenza, sono irrinunciabili per cercare di salvare il nostro pianeta.
Secondo Lei, in termini di mobilità sostenibile, quale è il nostro stato dell’arte rispetto all’Europa?
L’Europa presenta luci ed ombre. Rispetto a molti paesi in termini di mobilità sostenibile non siamo certo messi male, ma rispetto alla parte più avanzata siamo sicuramente indietro. Soprattutto per quanto riguarda il trasporto pubblico locale caratterizzato da un parco veicolare piuttosto vetusto. L’anno scorso alcuni paesi quali la Germania e la Polonia hanno dispiegato significativi investimenti per l’acquisto di autobus elettrici mentre noi su questo fronte abbiamo ancora strada da fare. In alcune aree del nostro paese il trasporto urbano denota una forte arretratezza così come la quantità di auto inquinanti ancora in circolazione. È una situazione che non possiamo più permetterci. Dobbiamo investire anche in vista degli obiettivi fissati dall’Agenda 2030, un orizzonte sempre più vicino. Anche le stesse case automobilistiche ormai hanno fatto scelte irreversibili, puntando solo su tecnologie green.
In quale modo le infrastrutture materiali possono contribuire al cambiamento green del nostro paese?
Il ruolo delle infrastrutture materiali nella lotta ai cambiamenti climatici è importante, ed il nostro paese in questo senso è pieno di esempi virtuosi. D’altro canto dobbiamo spingere l’acceleratore sul digitale, big data e altre tecnologie per renderle sempre più competitive. Solo con queste innovazioni finalmente avremo una sicurezza e un monitoraggio delle infrastrutture realmente efficiente in termini non solo di realizzazione ma di gestione dell’opera. Inoltre bisogna sviluppare e puntare sul trasporto ferroviario, sia per le persone che per le merci. L’alta velocità non può limitarsi ad alcune tratte ma deve intersecare tutte le aree del nostro paese. Uno sviluppo che deve correre di pari passo con l’intermodalità
Come immagina la mobilità in Italia fra dieci anni?
Non si torna più indietro, il processo è ineluttabile e l’Agenda 2030 ci ricorda l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra per tale data di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990. Una cifra enorme. Sono certo che fra dieci anni avremo fatto passi da gigante con una presenza elevata fra il parco circolante di vetture alimentate ad energia pulita. Occorrerà inoltre prepararci a nuovi scenari. Ad esempio quello illustrato da una recente ricerca della fondazione Unipolis che vede nel futuro una popolazione italiana sempre più anziana anagraficamente e con un maggior numero di disabili. In questo scenario, occorre riflettere su come i mezzi di trasporto pubblico e non potranno rispondere alle esigenze di questa popolazione, evolversi, e diventare un elemento costitutivo delle future comunità sostenibili.
Come può la sostenibilità trasformarsi da costo economico in vantaggio competitivo, per le aziende e per la società civile?
La sostenibilità è la strada da percorrere. Fondamentale è un approccio sistemico trasversale che si pone sulla scia degli impegni sottoscritti dall’Agenda 2030. Se all’inizio può sembrare un costo aggiuntivo in realtà aumenta il vantaggio competitivo perché vi sono riconosciuti dei plus, tra cui le condizioni di vita migliori per tutti. Se investiamo nella sanità ad esempio garantiamo un’esistenza futura di certo più serena perché preveniamo rischi per la salute. Forse la migliore best practice, dove noi rappresentiamo una eccellenza è l’economia circolare che riduce i rifiuti da smaltire e i consumi di materie prime ottimizzando il ciclo di fine vita dei prodotti. Decisiva perché attraverso l’impiego di materia trasformata ci fa risparmiare nel consumo energetico e nelle emissioni. Dobbiamo continuare in questa direzione.