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Briciole di pane

La logistica "green" a metà del guado

Luci e ombre dal primo Green Technologies Report

Roma, 18 marzo 2014 - “Green logistics”. Ossia: reimpostazione delle attività logistiche in chiave di sostenibilità ambientale. Molto se ne parla e molte sono le iniziative in campo. Peraltro, può essere interessante domandarsi se si tratti di iniziative ancora, tutto sommato, estemporanee, o se, invece, queste esprimano l’esistenza di una effettiva consapevolezza imprenditoriale al riguardo, orientata a percepire il tema della sostenibilità ambientale come prioritario per non rischiare di essere estromessi dal mercato futuro. Perché un fatto è certo: l’evoluzione in senso “green” di tutte le funzioni aziendali (dal New Product Development al Purchasing, dall’organizzazione delle linee produttive alle soluzioni ICT, oltre, naturalmente, alla logistica) è un fenomeno inesorabile, che inciderà non solo sull’immagine, ma sulla sopravvivenza stessa delle imprese.
Alcune indicazioni interessanti le dà il primo “Green Technologies Report”, curato dal Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano e presentato lo scorso 13 marzo. Sono state scelte più di ottanta imprese italiane, diverse tra loro come dimensione, fatturato, conoscenza del marchio; il campione è stato definito in modo tale da coprire macrosettori eterogenei (automotive; manifatturiero e servizi tecnici; metallurgia e industrie di processo; non durable goods), ponendo altresì attenzione a non privilegiare le aziende di grandi dimensioni a scapito delle piccole. Poi, sulla base di un modello classico di catena del valore, si sono esaminate le funzioni aziendali fondamentali individuando, per ciascuna, delle possibili “green practices”. Per la funzione “logistica”, ne sono state identificate quattro: audit ambientale (cioè: valutazione dell’impatto ambientale di un prodotto in riferimento esclusivamente alla supply chain); Reverse logistic (implementazione di un sistema logistico per il recupero di prodotti e materiali); ottimizzazione della logistica (che significa, in sostanza, minimizzazione dei flussi di merci attraverso, ad esempio, la saturazione dei mezzi o l’esternalizzazione di certe attività); Short supply chain (disintermediazione delle relazioni ottenuta attraverso la vicinanza logistica).
I risultati delle analisi, dicono che soltanto una azienda, e per di più con fatturato inferiore ai 10 milioni di Euro, ha indicato come “presenti” tutte e quattro le pratiche. Le 11 aziende che hanno dichiarato di adottare 3 pratiche pesano circa il 30% del volume d’affari complessivo del campione. Ben 29 aziende, che pesano circa il 22,5% di tale volume, non hanno indicato nessuna pratica.
Insomma: nella logistica, l’idea di sostenibilità ambientale sembra viva e attuale, ma stenta (ancora) a farsi strada. In proporzione, risulta più agevole riorganizzare una singola linea produttiva introducendo apparecchiature a basso consumo energetico, o programmi di riduzione dei materiali di scarto. Mentre intervenire sulla logistica significa, sempre e comunque, incidere sull’intero sistema di relazioni e movimentazioni, con una visione globale in grado di riorganizzarlo. Un compito, come si vede, qualitativamente più complesso. Ciò vale per il micro-sistema della logistica aziendale, affidato al singolo imprenditore. E vale, a maggior ragione, per il macro-sistema della logistica territoriale, affidato al regolatore pubblico.
 

Carlo Sgandurra