“La mobilità elettrica è dietro l’angolo: si tratta di costruire il perimetro normativo giusto e avremo tutto”
Intervista a Francesco Naso, Segretario Generale Motus-E - di Erminio Fischetti

"MOTUS-E è la prima associazione in Italia costituita da operatori industriali, filiera automotive, mondo accademico e movimenti di opinione per fare sistema e accelerare il cambiamento verso la mobilità elettrica” si legge sul vostro sito. Ci racconta come nasce e quali sono gli obiettivi che vi siete posti?
Motus-E nasce nel 2018 su iniziativa di ABB, ALD, Allianz, Cobat, Enel X e il Politecnico di Milano, le aziende fondatrici venivano da due mondi diversi, quello dell’energia e quello dell’automotive. Queste due realtà si sono rese conto di avere molto in comune pur parlando linguaggi molto diversi: da un lato il mercato dell’energia, molto regolamentato, mentre dall’altro quello dell’automobilismo, concorrenziale e internazionale. Motus-E nasce quindi come piattaforma di incontro fra queste due realtà ponendosi come obiettivo quello di accelerare il business della mobilità elettrica, supportando inoltre le istituzioni che si devono occupare di costruire un perimetro normativo adatto. Un altro nostro obiettivo è quello di fare cultura della mobilità elettrica sia verso un pubblico generalista che nei confronti dei professionisti che si affacciano a questo nuovo mercato, contribuendo così all’aumento delle competenze, che sono molto complesse: dalla produzione del veicolo alla gestione dei mezzi passando per le infrastrutture e i servizi offerti.
In che modo interagite con il mercato dell’automotive?
Il mondo dell’automotive è essenziale per la nostra Associazione perché si trova anche all’interno del nostro direttivo e collabora attivamente attraverso il rapporto col mondo dell’energia, dalle analisi di mercato alla mappatura degli scenari del mondo produttivo e del futuro del settore. Lavorando anche sul segmento dei mezzi pesanti e del trasporto pubblico locale tutto questo è fondamentale soprattutto per garantire il monitoraggio delle infrastrutture di ricarica. Partecipiamo infatti a iniziative di comunicazione che possano essere propedeutiche allo studio e alla realizzazione di sviluppi di nuovi scenari. In questo momento di cambiamento, le case automobilistiche si trovano a dover lottare per uno sviluppo non certo semplice: stanno cambiando tutte le linee produttive che definiranno i prossimi 10-15 anni del sistema industriale, che sarà quasi completamente nuovo. Collaboriamo anche con altre associazioni come con Unrae, Aci, Anfia. Siamo molto attenti pertanto al mondo dell’automotive. Stiamo inoltre realizzando uno studio sulla percezione e le inclinazioni degli utenti verso l’uso dell’elettrico.
La vostra mission ha “l’obiettivo di analizzare gli ostacoli tecnologici, economici e normativi che rallentano la crescita del mercato della mobilità elettrica in Italia”. In che modo?
Il nostro modus operandi è quello di collaborare a tavoli di lavoro compartecipati con le società per trovare al loro interno le risposte e l'expertise per capire quali sono i trend e gli scenari del momento. Questo ci permette di capire quali sono gli ostacoli tecnologici e come superarli. Organizziamo poi spesso incontri fra i nostri associati, sia nazionali che internazionali, per mettere a confronto i trend di mercato e normativi, in corso sia in Europa che nel mondo, e poi siamo all’interno di due associazioni, AVERE e la Platform for Electromobility. Quindi la nostra è una realtà a tutto tondo che ci permette di passare dalle realtà locali, come quelle dei piccoli comuni a quelle internazionali.
Come si fa per migliorare questo trend?
Sicuramente facendo tanta cultura. Quella della mobilità elettrica è una transizione importante, che il nostro Paese deve cogliere. Moltissimi Paesi europei sono molto avanti rispetto a noi. È una transizione che necessita del suo tempo e che avverrà gradualmente però è un'onda che l’Italia deve seguire adesso. Non è tollerabile in questo momento sentire che la transizione ecologica farà perdere posti di lavoro perché non è così, anzi è vero il contrario. Il vero problema è che siamo fortemente in ritardo nel panorama internazionale, anche perché in realtà la sostenibilità entro il 2050 genererà milioni di posti di lavoro e il nostro Paese, fatto di piccole e medie imprese, deve cogliere questa occasione anche, e aggiungerei soprattutto, sotto il profilo economico, altrimenti resteremo indietro. È inoltre necessario da parte delle istituzioni lavorare per generare un sistema normativo chiaro.
Uno dei vostri obiettivi è quello di portare sulle nostre strade 4 milioni di veicoli elettrici entro il 2030. A che punto siamo?
L’obiettivo si realizzerà, e secondo me arriveremo anche a 6 milioni di veicoli, perché il mercato sta andando in quella direzione. Prima o poi le auto elettriche costeranno quanto i veicoli con a combustione interna. Quando le nuove tecnologie saranno concorrenziali il cambiamento sarà naturale, considerando che oltretutto forniranno un servizio tecnologicamente più avanzato, soprattutto quando si arriverà al mercato dei veicoli più piccoli per il grande pubblico. La vera domanda è quanto l’Italia coglierà da tutta la macchina operativa per l’epoca nel campo della formazione, della produzione, della distribuzione e dei servizi. Si tratta di un nuovo ecosistema che deve prendere piede. E per fare tutto questo è necessario fare cultura fra le istituzioni, fra le imprese e fra le persone.
L’Italia resta però fra i Paesi dell’Unione Europea con il più alto numero di veicoli, spesso anche di vecchia data e quindi fra i più inquinanti, per popolazione. Cosa si può fare per accelerare il processo di trasformazione soprattutto nelle aree urbane dove è necessario uno sviluppo di piani di mobilità a zero emissioni che permetterebbero di promuovere, con incentivi appositi, una trasformazione di mezzi più sostenibili ed efficienti. Come state lavorando con le amministrazioni locali?
Stiamo lavorando tanto in quest’ambito perché ci sono questioni da risolvere velocemente: dobbiamo migliorare in primis la qualità dell'aria perché non è buona e il nostro Paese ha ricevuto procedure d’infrazione dall’Unione europea perché non sta rispettando i parametri essenziali. Occorre quindi fare politiche mirate come l’estensione delle zone a traffico limitato e quelle pedonali soprattutto nelle città metropolitane. Quest'anno stiamo lavorando a un'analisi per aiutare a far capire ai comuni in che modo estendere le aree pedonali, come migliorare il trasporto pubblico che deve coadiuvare queste scelte sia attraverso l’utilizzo di più mezzi pubblici per diminuire le auto e al tempo stesso provvedere a fornire mezzi che siano ecologici perché non si può pretendere dal cittadino che abbia l’auto elettrica quando il trasporto pubblico è composto da veicoli diesel euro 1 o euro 2 e di conseguenza ad alte emissioni inquinanti. Le amministrazioni devono fare la loro parte e dobbiamo superare la pericolosità dell’inquinamento che è all’altezza del nostro naso e delle carrozzine dei nostri figli. L’altro tema sul quale stiamo lavorando è quello di aiutare i comuni ad accrescere la propria rete di ricarica elettrica perché molte istituzioni non sanno come mettere a gara gli operatori, quindi abbiamo creato un modello standard per le richieste cosicché da aiutare con la burocrazia soprattutto le piccole realtà. I piani urbani della mobilità sostenibile sono fondamentali da far sviluppare ai comuni ed occorre una linea armonica da definire.
Per consentire un cambiamento nella fruizione dei mezzi e della mobilità è necessario anche un nuovo approccio culturale. Quali sono le vostre iniziative in tal senso?
Certo, è necessario creare consapevolezza attraverso l’utilizzo degli strumenti. Abbiamo nel concreto scritto alcuni vademecum: per i comuni per installare più strutture di ricarica, per il trasporto pubblico locale, per gli amministratori di condominio, etc. L'idea è quella di accompagnare e aiutare le persone e le istituzioni non dando per scontato che loro conoscano queste procedure. L’importante è non avere pregiudizi: bisogna mettersi dalla parte dell'altro e cercare di capire che non tutti hanno le stesse informazioni, ma bisogna essere propositivi e non rifiutare il nuovo per partito preso.
La buona notizia è che le auto elettriche sono raddoppiate nel 2021. Come procede il mercato in questo momento?
Il 2021 è stato un anno importante, anche se siamo lontani da altri Paesi europei come la Francia e la Germania che sono al 10% delle immatricolazioni, mentre noi siamo ancora al 4%, all’8% se consideriamo anche le ibride plug-in. In Italia il numero di veicoli è di circa 39 milioni, di cui circa 7 milioni sono ancora euro 1 e 2: si tratta di numeri enormi e sproporzionati considerato che siamo un Paese con poco meno di 60 milioni di abitanti; in sostanza circa il 65% della popolazione ha un proprio mezzo. È necessario far calare e cambiare il numero di veicoli, tra i più numerosi al mondo e il secondo in Europa dopo il Lussemburgo. Tutti i grandi mercati europei nel PNRR hanno inserito incentivi per l’acquisto di veicoli elettrici tranne l’Italia, questo significa che quest’anno le immatricolazioni elettriche caleranno bruscamente e meno persone cambieranno l’autovettura conservando quella inquinante. In questo modo anche il mercato internazionale non si concentrerà sul nostro Paese perché le case automobilistiche manderanno i nuovi veicoli prodotti altrove.
Come vede il futuro, come vede i prossimi 30 anni?
Stiamo andando nella giusta direzione, nonostante qualche caduta come quella degli incentivi, perché il cambiamento in qualche modo procede in maniera naturale. Avremo città più pulite sotto il profilo delle polveri sottili, l’auto avrà sempre un ruolo importante perché non credo che ci continueremo sempre e solo all’interno dei perimetri urbani. Il nostro Paese ha una grande qualità dell’aria e della vita fuori dalle città sovraffollate e quindi tenderemo ad andare via da lì e quindi a muoverci in auto per collegarci tra la nostra abitazione e i servizi di lavoro e intrattenimento metropolitani. Si produrrà inoltre energia elettrica anche sui nostri veicoli. Lo scenario di tutto questo non è così futuristico o fantascientifico come si vuole credere. La mobilità elettrica è dietro l’angolo: si tratta di costruire il perimetro normativo giusto e avremo tutto.