“La mobilità sostenibile deve essere sartoriale, costruita a misura dell’utenza”
Intervista a Tiziana Benassi, Assessora del comune di Parma alle politiche di sostenibilità ambientale, progetti europei e mobilità sostenibile, membro della Commissione Anci - Mobilità sostenibile

La mobilità sostenibile rappresenta una delle sfide fondamentali nell’ambito del processo di decarbonizzazione e di lotta ai cambiamenti climatici. I comuni italiani come la stanno affrontando?
In questo momento storico c’è un cambio di visione sul fronte della mobilità. Un approccio nuovo che punta sulla sostenibilità, voluto in primis dalle comunità, oltre che dalle istituzioni. E che corre su un doppio binario, quello della necessità di infrastrutturare il territorio e di sviluppare una cultura “green”. In particolare incrementare le connessioni dei centri urbani con il resto del mondo, garantendo all’interno un alto livello di sostenibilità declinata nella qualità e negli stili di vita, risolvendo problemi quali ad esempio la congestione del traffico nelle città e l’inquinamento.
Soprattutto nel PNNR si è posta grande attenzione verso il Sud, non solo nei termini del trasporto pubblico locale, un nodo sempre molto complesso, ma anche sul piano nazionale per la qualità dell’abitare. La Legge di bilancio prevede 32 miliardi di euro in infrastrutture. Per il Tpl ci saranno 1,3 miliardi in più rispetto al passato, di cui 2 miliardi sulla mobilità sostenibile “per aiutare il sistema italiano alla transizione oltre il 2026”. Quali saranno le novità?
Il trasporto pubblico locale è uno dei nodi cruciali della mobilità sostenibile, perché su questo piano si riesce a dare un messaggio all’opinione pubblica. Passa per esempio dal rinnovo del parco mezzi. Se l’utente ha a disposizione un autobus nuovo, confortevole è disposto volentieri ad un cambio di passo. Ad esempio nella città che amministro, Parma, questo ha ripagato in termini “green”. Oltre ad avere ridotto la CO2 di 3.200 tonnellate/anno, abbiamo infatti una flotta di bus con una età media di 6,9 anni, di gran lunga superiore agli standard nazionali, 11 anni, e appena oltre a quelli europei 7/8 anni, che ha convinto molti cittadini a lasciare a casa l’auto di proprietà. L’altro fronte su cui lavorare però oltre al mezzo, è l’implementazione dei servizi. La mobilità sostenibile deve essere sartoriale, costruita a misura dell’utenza. Solo così si riuscirà a dar valore a concetti quali intermodalità e flessibilità. Abbiamo attivato la bigliettazione elettronica a bordo, permettendo al passeggero di pagare le corse con carta di credito o bancomat senza munirsi preventivamente di ticket. Di fatto rendendo gli spostamenti sempre pù pratici sia per i cittadini che i turisti.
Il lockdown del 2020 ha dimostrato che una mobilità di prossimità può essere possibile (a piedi, in bicicletta, in monopattino) e può essere un punto di partenza per ripensare il sistema di movimento nelle città. Come andrebbe strutturato secondo lei e perché in Italia è più difficile che in tante città del Nord Europa per esempio, dove la bicicletta è un mezzo utilizzato da decenni? È una resistenza culturale o è un problema infrastrutturale?
Sicuramente l’infrastruttura è fondamentale per infondere senso di sicurezza agli utenti sorpattutto alle categorie più fragili. Ma non dobbiamo sottovalutare l’aspetto culturale e comportamentale. Cruciale in questo senso è il lavoro che tante amministrazioni stanno svolgendo nell’ultimo periodo, di concerto con i mobility manager, per inculcare la cultura della sostenibilità specie fra i più giovani. È dalla scuola che parte un messaggio virtuoso, è dai banchi che le giovani generazioni trasferiscono nelle mura domestiche un nuovo approccio sostenibile alla mobilità. I mobility manager di istituzioni e aziende sono gli attori/interlocutori con cui gestire i cambiamenti in atto. Importante in questo senso l’apporto del nuovo Codice della Strada che diffonde comportamenti corretti per raggiungere i target europei e costruire una vera cultura della sicurezza stradale. Solo con città più sicure riusciremo anche a tutelare le categorie più deboli elevando la qualità di vita all’interno dei centri urbani.
Per una maggiore qualità dell’aria, delle grandi città e non solo, è necessario alleggerire il traffico e promuovere, con incentivi appositi, una trasformazione di mezzi più sostenibili ed efficienti. Secondo lei, è sufficiente o sono necessari cambianti più radicali che riguardano lo stile di vita?
Ho già ribadito in più sedi che questo biennio di pandemia ha dato una accelerazione ai processi in atto, anticipando il futuro dei trasporti urbani. Spesso in passato ci siamo trovati a dover rimuovere l’ostacolo rappresentato dalla burocrazia e dalle normative che corrono ad una velocità decisamente più ridotta della vita reale. Ora con il PNRR abbiamo la possibilità effettivamente di cambiare il nostro approccio alla sostenibilità, a patto come ho ribadito prima che non si punti solo sul potenziamento infrastrutturale ma anche sull’aspetto comportamentale.
Negli ultimi decenni c’è stato un impoverimento del numero di abitanti nei piccoli e medi comuni a favore dei grandi e delle città metropolitane portando ad aree urbane sempre più popolate e congestionate contro altre, in particolare al Sud, sempre più isolate e deserte. Recentemente si è parlato molto di decongestionare le città, anche attraverso l’uso dello smart working e delle tecnologie, nonché attraverso iniziative di molti piccoli comuni, e lavorare verso un maggiore equilibrio demografico dei territori. Come potrebbe essere possibile?
La pandemia, peraltro ancora in atto, ha cambiato radicalmente il modo di vivere nei centri urbani. Una trasformazione cui ha contribuito in maniera rilevante anche lo smart working. Questa nuova modalità di lavoro può rappresentare l’occasione per ridisegnare la mobilità all’interno delle nostre città, riorganizzando i flussi di traffico ed evitando la congestione negli orari di punta. È necessario trovare un equilibrio sui tempi delle città, ovvero ripensare gli spazi urbani in base a una nuova gestione del tempo. Cambiare pelle con una serie di azioni atte a migliorare la qualità urbana e della vita dei cittadini. Intervenendo sugli orari per un miglior uso spaziale e temporale delle nostre città. Anci ha sostenuto anche il potenziamento delle dorsali di ferro, un ‘azione di concerto con Rfi per potenziare i collegamenti su rotaia non solo tra le grandi città ma anche tra le piccole realtà.
La sostenibilità passa anche per la valorizzazione dei territori: ci può raccontare un esempio virtuoso?
Ritengo che per avere una mobilità realmente sostenibile, in linea con gli obietivi prefissati dal Governo, sia necessario un circolo virtuoso tra pubblico e privato, solo così questo nuovo modello potrà essere realmente attrativo per tutti gli utenti. L’alleanza tra gli attori è fondamentale per raggiungere gli obiettivi fissati al 2030 in tema di neutralità climatica. Parlo dell’esperienza di Parma che ambisce a diventare una delle prime 100 città europee a conseguire questo traguardo. Attraverso la candidatura al bando europeo contiamo di accelerare ulteriormente sul tema della sostenibilità e della transizione ecologica, raccogliendo le istanze che ci sono pervenute da più parti e che hanno già portato all’attivazione di diverse progettualità e tavoli di lavoro congiunti con gli stakeholders locali, tra cui ricordiamo l’Alleanza Territoriale per la Carbon Neutrality siglata con attori pubblici e privati nel dicembre scorso. Nella governance del cambiamento, nessuno è escluso, anzi ci deve essere un coinvolgimento diretto dei cittadini, del settore della ricerca e del mondo produttivo.
Come immagina la mobilità nelle città italiane nei prossimi decenni?
Auspico una mobilità che metta al centro le persone. Quindi un movimento di cittadini e non di veicoli che si spostino in modo sicuro con un basso impatto sull’ambiente circostante. Naturalmente questa mobilità sostenibile, che si avvale anche di mezzi “dolci” deve necessariamente passare da una transizione energetica con mezzi che abbandonano le tradizionali motorizzazione endotermiche per accogliere carburanti ecosostenibili. E su questo fondamentale è investire sulle comunità energetiche utili. Un modello innovativo per la produzione, la distribuzione e il consumo di energia proveniente da fonti rinnovabili, basato sulla lotta allo spreco energetico all’efficientamento delle nostre città.