A ottobre in Sardegna si scende nel sottosuolo, percorrendo la via dell'antimonio
Durante la Settimana del Pianeta Terra è stato organizzato un tour per scoprire il mondo delle miniere dell'Altopiano di Sa Lilla

Roma, 8 settembre 2014 - Scendere sottoterra per riscoprire il nostro passato. Può sembrare una frase dal significato metaforico, ma è proprio ciò che accadrà in Sardegna durante la settimana del Pianeta Terra (dal 12 al 19 ottobre).
La storia della regione Sardegna è legata da tempo immemore alle attività connesse all’estrazione mineraria, ma fu nella seconda metà del 1700, sotto il Regno Sabaudo, che lo sviluppo di questo settore accelerò in modo consistente; le miniere funsero infatti da traino per l’intera economia sarda, che in quel momento storico risultava estremamente arretrata. Il valore di questi luoghi ha consentito la riconversione di molti di essi in siti turistico-culturali, nonostante le numerose difficoltà. Molte di queste aree, però, hanno tutt’ora bisogno di essere maggiormente valorizzate, per attrarre visitatori e non perdersi nel tempo.
A tal fine, in occasione dell’iniziativa del prossimo ottobre, che coinvolgerà numerosi siti naturalistici italiani per divulgare l’inestimabile patrimonio ambientale e artistico che possiede il nostro paese, è stato organizzato il tour alla scoperta del mondo delle miniere dell’Altopiano di Sa Lilla.
Dal villaggio dei minatori, immerso nel verde del bosco, si proseguirà seguendo la Via dell’Antimonio, la strada realizzata tra i diversi cantieri sotterranei della zona, le miniere cioè nelle quali si estraeva soprattutto la stibnite, un solfuro di antimonio. In compagnia di esperti, si scenderà nella miniera di Genna Flumini, nel comune di San Vito, ed in quella di Parredis, detta anche Bacu S'Arruinosa, ove venivano estratti piombo e zinco .
Quest’ultima miniera, assieme a quella di Sa Lilla, detta anche Gutturu Nieddu, sorse in seguito alla concessione di un permesso minerario di circa 900 ettari, nei comuni di Armungia, Villasalto, Villaputzu e S. Vito.
L’area attorno a Parredis era estremamente impervia, così che nella seconda metà dell’800 le Società minerarie furono costrette ad investire considerevoli capitali per la costruzione di strade, case cantoniere e magazzini . “Ben 27 KM di strada per collegare la minera al porto Murtas e 18 Km di strada per carri a cavalli – racconta Sandro Mezzolani, esperto di archeologia mineraria- . Dal 1865 al 1868 furono prodotti ben 11.800 quintali di minerali, per un valore pari a 98.200 lire. In quegli anni a Parredis lavoravano minatori, falegnami, fabbri, manovali, cernitori” “Negli anni ’20 e ’30 furono costruiti centinaia di metri di gallerie, discenderie e pozzetti”.
Impianti - ed infrastrutture connesse - che raccontano un pezzo di storia del nostro paese e che rischiano oggi, però, di andare perduti. “Un immenso patrimonio, anche per l’Italia di oggi ma che purtroppo rischia il totale degrado”, racconta Mezzolani, che prosegue sottolineando come questo tassello della memoria italiana sia tra l’altro incastonato in uno straordinario contesto geologico, tra fiumi, boschi e ruscelli.