A3 Salerno-Reggio Calabria: Sfalassà si rinnova a prova di sisma
Ha compiuto 40 anni: viaggio sul viadotto di Bagnara, il più sofisticato della A3
Reggio Calabria, 9 giugno 2012 – Potremmo definirlo il Capitano, il Veterano o il Gigante. Il Ponte di Bagnara è l'opera maxima della tormentata autostrada A3. Questa avanguardia della tecnica, al secolo il Viadotto Sfalassà, tuttora il ponte ad arco portale più alto al mondo coni suoi 248 metri, si attrezza per festeggiare le 40 primavere.
Era l'estate del 1972 infatti, quando la stampa nazionale fece rimbalzare orgogliosa la notizia del viadotto dei record, del nuovo superattico europeo dei ponti a grandi luce. Al Km 414+490, il colosso al cospetto del mito di Scilla e Cariddi, era chiuso in chiave dai 128 operai di tre aziende diverse, che dall'aprile del 1968 si erano presi in carico la sua costruzione. L'ultimo distanziale metallico della campata centrale più lunga d'Europa, metri 376 lineari, era saldato e imbullonato fra le due sponde, avanzate a spinta dai viadottati costruiti partendo dai due pendii. Se passeggiate per le vie di Bagnara, vi sarà possibile incontrare qualche nostalgico anziano di quel gruppo dei record, quella comitiva di carpentieri, saldatori, strutturisti, geometri, che avevano raggiunto una sinergia lavorativa tramandata per anni nella memoria collettiva dell'Anas. Nelle fasi terminali delle lavorazioni, durante i disarmi della tiranteria di ritenuta, purtroppo tre operai rimasero uccisi: 50 mesi elevandosi a un quarto di km da terra, non li avevano colti in fallo quanto il rilascio delle robuste funi di vincolo dei carichi imponenti dei moduli ferrosi, quelli di cui è costituito lo Sfalassà. L'unica ombra su un progetto eccezionale, l'unica tavola tecnica fra i viadotti in quota, che non ha conosciuto l'onta della demolizione nei macrolotti 5 e 6 della Salerno-Reggio Calabria. Gli uomini dell'Anas non ve lo diranno mai, ma una piccola variante di percorso per lo Sfalassà è stata fatta. Difficile e costoso riprogettare e costruire un altro scavalcamento in quota in quella vallata vasta e insidiosa, sacrilego lasciare nella foto sul comodino un’opera tanto avanzata, figlia di quel Silvano Zorzi che con Fabrizio de Miranda, autore del fantastico Viadotto Italia di Mormanno, il fratellone meno sofisticato ma ancora più alto (260m) del ponte che domina Bagnara, condividevano lo scettro di miglior ingegnere italiano di sempre. Le lavorazioni del nuovo Sfalassà, sono ad un buon punto.
Il nuovo innesto planimetrico delle gallerie, ha comportato una variazione del disegno originale dei viadotti d'accesso al ponte, ora rettilinei in luogo dei precedenti curvilinei. Le nuove pile di calcestruzzo armato di sostegno, sono sensibilmente più resistenti delle vecchie alle spinte orizzontali e rispondenti alle ultime normative dei Lavori Pubblici: in buona parte ultimate, aspettano il completamento e quindi l'appoggio dei nuovi impalcati, cioè dei nuovi piani stradali. I vecchi solai esprimevano certamente un ottimo dato resistenziale, visto che erano stati costruiti per rispettare non solo i criteri di carico civili, ma addirittura quelli di passaggi di convogli militari. I nuovi impalcati hanno un telaio metallico molto più rigido, attraversato da spesse nervature e crociere di rinforzo che già alla vista denotano una possenza molto più elevata. Fra la campata metallica centrale e i viadotti d'accesso, esiste ora un distanziale provvisoriamente vuoto, in cui si attende di posizionare un elemento dissipatore delle forze sismiche. Il progetto originale dello Sfalassà infatti, prevedeva già all'epoca, quando gli studi sulla scuotibilità delle strutture erano ancora primordiali, delle frapposizioni fra la testa delle pile principali e il cassone metallico, di moduli che facessero scorrere tutto il ponte in senso orizzontale durante il terremoto, rispettando il principio della catena cinema. Dall'osservazione e dalle decine di simulazioni plastiche virtuali, si è capito però che la corsa massima di 90 mm prevista prima che metallo e calcestruzzo entrassero in potenziale contatto col rischio di danneggiare uno dei due impalcati, fosse una quota da aumentare.
Il nuovo elemento che andrà a contrastare le spinte sismiche, consentirà quindi un maggiore scorrimento orizzontale del ponte. Le due cerniere di base per ognuno dei due puntoni obliqui, importanti nel vincolare e gestire i movimenti del viadotto, sono state mantenute: sarebbero diventate tre per appoggio se ci fosse stato l'allargamento di ben 6,40 metri del ponte, possibilità poi esclusa dalla necessità di chiudere al traffico per mesi la struttura. Tutta la bulloneria è stata sostituita, ogni zona del cassone analizzata e rinforzata con fazzoletti d'acciaio, tutte le linee di saldatura ripassate e coadiuvate con nuove piastre. Dopo milioni di cicli di carico sopportati, il portale metallico dello Sfalassà era ancora in ottimo stato di conservazione, ma la stabilità insita dello schema ad arco portale spingente, che sfrutta l'effetto auto stabilizzante della propria spinta, meritava una profonda valutazione e rivisitazione di tutti gli aspetti strutturali dello Sfalassà, per i secondi 40 anni del Capitano della A3.