Il terzo valico resta ancora un miraggio: Genova lo aspetta da più di cento anni
Ci sono già state tre "inaugurazioni" con tanto di ministri ma i lavori in realtà non sono mai decollati
Genova, 27 giugno 2011 - Della penultima inaugurazione, anno 2005, è rimasto perfino un villaggio abbandonato nello sprofondo della Val Lemme, cuore dell'Appennino, provincia di Alessandria, ma ancora terra ligure di spirito e lingua. Un villaggio-cantiere intorno a quello che doveva essere il foro-pilota del Terzo Valico, grande opera attesa dai genovesi inutilmente per 102 (chi dice 110) anni, che dovrebbe collegare più velocemente delle altre linee la ex Grande Genova del porto leader e di una vocazione mondiale di shipping e affari nel mondo, ieri con la pianura padana, Milano, Novara, la pancia del Nord Ovest italiano e, oggi anche con l'Europa. il Corridoio 24 che diventa Corridoio 4 e 5, una delle superpiste che Bruxelles ha disegnato nel suo futuro dei trasporti. L'ultima inaugurazione è del 2010 con due ministri in pompa magna, l'attuale titolare dei Trasponi Altero Matteoli e l'ex ministro dello Sviluppo Economico, il ligure Claudio Scajola, alla periferia di Genova industriale e ferroviaria, in uno show molto preelettorale, organizzato dentro due grandi tecnostrutture con plastici, proiezioni multimediali, tutto il bel mondo del trasporto italiano a celebrare il via, non solo del Terzo Valico, ma anche dei lavori per sciogliere il Nodo Ferroviario di Genova, operazione che impegna 3 miliardi di euro. L'altra inaugurazione, la terza, si perde nel buio degli anni Novanta e il cimelio è solo qualche caschetto di protezione che i protagonisti di quel taglio di nastro hanno nascosto per vergogna. Tre inaugurazioni e un funerale, verrebbe da dire, scimmiottando quel famoso film inglese, «Quattro matrimoni e un funerale», con protagonista uno dei miti del cinema Hugh Grant, se si pensa a questa Grande Opera che il Consiglio Comunale di Genova, riunito nel 1902, invocava all'epoca in cui un cronista del Corriere della Sera, di nome Luigi Einaudi, faceva la sua inchiesta sul porto, scoperchiandone l'importanza chiave nella nuova industrializzazione del Regno d'Italia e i primi grandi scioperi del Novecento. I genovesi e i liguri aspettano che cada quel muro di 53 chilometri, che è soprattutto una galleria divisa in due tronchi di sette e ventitré chilometri, tra Genova e Novi ligure, più i tratti all'aperto, aggiungendo una nuova linea ferroviaria più veloce, più capace di trasportare i container delle nuove generazioni e i passeggeri affamati dalla fretta delle nuove comunicazioni. Aspettano, i genovesi e i liguri del nuovo mondo dell'Alta Velocità, che questa linea progettata all'inizio degli anni Novanta, affidata al Consorzio Cociv, di cui Impregilo è il maggiore e potente azionista, finanziata per un sesto, cioè per 750 milioni di curo, di fronte a un costo complessivo di 6.2 miliardi, lievitati dai 3200 miliardi di lire del 1992, apra i cantieri e non i villaggi fantasma nell'Appennino. II Pre Cipe e il Cipe hanno messo i loro timbri al finanziamento pubblico, dopo anni di lentezze e di giravolte di Governi di un colore e dell'altro (il ministro dei lavori Pubblici Antonio Di Pietro bloccò l'opera. Prodi era perplesso, Berlusconi ha rilanciato, ma Tremonti vorrebbe rastrellare via quei 750 milioni soldi pubblici che aspettano di essere destinati al decollo). Se è vero, come ha scritto questo giornale, che per una grande opera pubblica ci vogliono26 firme di 11 enti, che un 40-45% del tempo di realizzazione se ne va nella progettazione, il 10-15% nella gara, il 45% nella realizzazione e un terzo di tutto nei cosiddetti tempi morti, il Terzo Valico questo percorso in galleria e fuori lo ha metaforicamente percorso tutto in un tempo molto più lungo e esclusa, ovviamente, la realizzazione, calcolata in 97 mesi. Oggi il Terzo Valico, che sturerebbe il porto di Genova, che curerebbe il collasso dei container scaricati dalle banchine genovesi nel numero previsionale di 4 milioni e mezzo nel 2012 e poi sempre di più, se l'economia mondiale lo permette, che cancellerebbe l'incubo di 35 mila merli pesanti quotidianamente in pista nel nodo ligure e intorno alle banchine portuali e alle loro intorcigliate connessioni, può sprofondare solo nella sua lentezza. Qual è il rischio? Che un'opera tanto attesa celebri il suo requiem perché quei tempi biblici di preparazione l'hanno strangolata con i costi che sono saliti al cielo. Il Cociv, il consorzio che ci lavora dagli anni Novanta, vanta un contenzioso di 850 milioni di curo che Rfi, «il concessionario», non gli riconosce nell'atto, ancora spasmodicamente sospeso, di affidargli i lavori del primo lotto costitutivo. L'opera è, infatti, divisa in sei lotti, ognuno fine a se stesso, in un meccanismo studiato dal commissario straordinario dell'Opera, l'ex provveditore alle Opere Pubbliche di Milano, Walter Lupi, per evitare lavori inutili e rilievi contabili. La trattativa avanza e si ferma da mesi, malgrado gli sforzi del ministro Altero Matteoli, che convoca ritmicamente i contendenti per trovare una mediazione e la firma del cosiddetto atto costitutivo che è il contratto definitivo. Il resto, sostiene Rfi, è un risarcimento"vuoto", compensato dalla assicurazione che si costruisce quella tratta. Il ministro alza la voce e in un convegno a Genova urla, scatenando gli applausi: «Il Terzo valico si farà, lo dobbiamo alle nuove generazioni, Io dobbiamo al porto di Genova e a tutto il sistema ligure e al Nord Ovest intero, che diventa il cuore dell'Europa». Il sistema bancario, con la Carige di Genova in testa aspetta che tutto si sblocchi, per partecipare all'operazione. Se i cantieri aprono ci sono subito 500 posti di lavoro e si muove un colossale indotto per il tempo della costruzione, fino al 2020. Unica certezza: una quarta inaugurazione, comunque, non ci sarà.