Self-driving car, tra sperimentazioni e incidenti di percorso
In California si registra qualche preoccupazione sulla proposta normativa

Roma, 28 ottobre 2016 – Gioie e dolori per le self-driving car. Oggetto di giustificata attenzione, sono da tempo impegnate nei test finalizzati a valutarne le potenzialità. Dietro queste innovative vetture ci sono nomi importanti: Google, Ford, General Motors, Honda, Volkswagen, Volvo e Tesla, per indicarne qualcuno.
La guida autonoma rappresenta il futuro dell’automotive e di quel variegato mondo che ruota attorno alle quattroruote. Di recente, i riflettori si sono di nuovo accesi su questi innovativi veicoli a causa di un piccolo incidente stradale, avvenuto a Singapore, che ha interessato una vettura della nuTonomy, adibita a taxi, e un camion. Avete letto bene: si tratta del primo taxi al mondo a guida autonoma. Si può, attualmente, utilizzare gratuitamente, in quanto il servizio è in fase di sperimentazione. Attivo dal mese di agosto, si svolge all’interno di un’area di circa sedici chilometri quadrati. Il tratto che percorrono è, quindi, predeterminato. Una corsa con nuTonomy, è stato quantificato, costerà la metà di quella effettuata con un taxi tradizionale. C’è da precisare che nelle sei vetture a disposizione della clientela è sempre presente un ingegnere dell’azienda pronto a intervenire in caso di necessità. Se tutto filerà liscio, il servizio, a pagamento e senza safety-driver, decollerà nel 2018 e potrà contare su un parco-auto costituito da cento mezzi.
Ma la tecnologia sforna novità a getto continuo. Quella sviluppata da Otto, società acquisita da Uber, è stata installata su un camion utilizzato per consegnare un carico costituito da 50.000 lattine di birra. Il primo esperimento è stato portato a termine con successo, nei giorni scorsi, in collaborazione con Budweiser. Un mezzo pesante della Volvo ha percorso, il 20 ottobre scorso, circa 160 km senza alcun intervento da parte del conducente a bordo. Ha gestito ogni singola operazione di guida con i software e ai sensori installati. Il conducente ha preso i comandi manuali solo nella parte iniziale e finale del viaggio. Partito da Loveland, è arrivato a destinazione a Colorado Springs in circa due ore. Per l’occasione, le lattine sono state personalizzate con la scritta “First delivery by self-driving truck”, ovvero: “La prima consegna di un camion a guida autonoma”.
Negli Usa, invece, si registra qualche grattacapo rispetto alla normativa interessante le self-driving car. La California, come sappiamo, è il primo stato americano a consentire la circolazione su strade pubbliche delle vetture guida autonoma di “livello 5”. Quelle, lo rammentiamo, in grado di gestire qualsiasi aspetto del viaggio, senza l’intervento attivo da parte di un autista. Si tratta di veicoli senza volante né pedali, che basano il loro funzionamento esclusivamente sul sistema self-driving di bordo.
Di recente, il Department of Motor Vehicles californiano è fatto oggetto di alcune critiche da parte delle società impegnate nello sviluppo di queste tecnologie. Hanno espresso il loro disappunto rispetto ad alcuni passaggi della normativa in fase di approvazione. Tra questi: l’obbligo di equipaggiare i veicoli con un dispositivo definito data recorder, che la polizia potrebbe richiedere per analizzarne il contenuto, senza preavviso e senza l’obbligo di un’ordinanza emessa dal giudice; il fatto che le singole autorità cittadine potrebbero consentire, o non consentire, il transito sulle proprie arterie delle self-driving car.
Comunque sia, e a prescindere da tutto il resto, l’auto connessa piace. Si tratta di una considerazione “certificata” dall’indagine di McKinsey presentata a “Smart Mobility World 2016”. In più, aspetto commercialmente appetibile, è stato evidenziato che la mole impressionante di dati che questi veicoli elaborano può rappresentare un’ulteriore opportunità di “mercato”. I “big data”, si ipotizza, potrebbero essere monetizzati, a fronte di possibili e interessati acquirenti degli stessi. McKinsey ha fatto rilevare che il 71% degli automobilisti non ha difficoltà ad autorizzare l’accesso ai propri dati personali e che l’80% non ha problemi a condividerli. Il 41% dei “consumers”, inoltre, è disponibile a sostituire la sua vettura con un’altra in grado di offrire un livello di connettività superiore.