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Briciole di pane

Un canale per salvare il Mar Morto

La Banca mondiale valida il progetto di 180 km che apre il collegamento con il Mar Rosso

Roma, 10 aprile 2013 - Dopo più di un decennio di dispute tra favorevoli e contrari a quest’opera dal sapore faraonico, il verdetto della Banca mondiale sembra chiaro: l’antico progetto del canale tra il Mar Rosso ed il Mar Morto è “fattibile”.

Sono state rese note infatti qualche settimana fa le conclusioni dello studio di impatto ambientale e sociale. Anche l’ingegneria italiana è coinvolta nel progetto: la società veneta Thetis, infatti, ha realizzato uno dei cinque studi necessari alla verifica di fattibilità, valutando l’impatto dell’opera sulla circolazione delle acque e sull’ambiente marino del reef. La collaborazione internazionale ha visto impegnati esperti dei centri Interuniversity institute for Marine Science in Eilat e Israel Oceanographic and Limnological Research (Israele) e del Marine Science Station in Aqaba (Giordania).

Sulla base degli studi condotti, è arrivato il via libera della Banca mondiale sul progetto del tunnel sotterraneo che si snoderà per 180 chilometri nel deserto, per salvare il mare salato dalla carenza d'acqua. Ma il progetto è realizzabile anche sul piano finanziario e politico? Parte della risposta si conoscerà a metà aprile, quando sarà pubblicato il rapporto sui sondaggi effettuati in Israele, Giordania e Cisgiordania.

Alla base della questione, un fatto innegabile: il Mar Morto si secca irrimediabilmente, il livello dell’acqua si abbassa di 1 metro circa ogni anno. Dagli anni ’60 la superficie si è ridotta da 950 km2 a 637 km2 ed il livello è sceso di 29 metri. Se non si fa nulla per arrestare questo processo, in cinquant’anni il volume del Mar Morto sarà diminuito di oltre il 10%, con conseguenze negative per le industrie locali, il turismo e l’ambiente, che sono state valutate dalla Banca mondiale approssimativamente in 33 miliardi di dollari (25,6 miliardi di euro).

La maggiore causa per questa desertificazione progressiva è nota: Israele, la Giordania, la Siria e il Libano deviano l’acqua del fiume Giordano con sbarramenti, in funzione dei loro bisogni e senza concertazione per preservare questa risorsa vitale. L'acqua del fiume biblico, che nasce dal monte Hermon tra la Siria e il Libano, è fortemente sfruttata e al passaggio di Allenby, tra Israele e la Giordania, rimane solamente un magro ruscello.

La soluzione? E’ stata approfonditamente verificata dai tecnici della Banca mondiale. Tra diverse opzioni, è stato privilegiato un vecchio progetto di metà del XIX secolo: sfruttare la differenza di altitudine di 423 metri tra il Mar Rosso ed il Mar Morto per portare, attraverso un canale di 180 km, l'acqua dal primo al secondo, per un volume di circa 2 miliardi di metri cubi per anno.

Lo studio di fattibilità commissionato dalla Banca mondiale evidenzia che Israele, Giordania e l'Autorità palestinese beneficeranno di importanti ricadute, compreso un impianto di desalinizzazione con la capacita di 850 milioni di metri cubi per anno, prospettiva particolarmente attraente per la Giordania, quarto paese più povero di acqua al mondo. Una centrale idroelettrica sarà costruita e l'energia prodotta servirà ad alimentare la stazione di pompaggio di Aqaba, così come l’impianto di desalinizzazione, riuscendo anche a fornire l'elettricità a Giordania, Israele e Palestina.

Uno degli obiettivi di questa iniziativa è pure quella di “creare un simbolo di cooperazione pacifica nella regione”. Ma gli ostacoli sono numerosi, tanto sul piano politico, finanziario che ambientale.

Mentre la Palestina rivendica il suo accesso al Mar Morto, in Israele e in Giordania il progetto non trova la condivisione unanime; alzano gli scudi le organizzazioni in difesa dell’ambiente, in particolare “Les Amis de la terre Proche-Orient” (Foeme) e l'associazione israeliana “Adam Teva V'Din”.

Secondo Gidon Bromberg, direttore per Israele di Foeme, i veri beneficiari del progetto saranno gli industriali coinvolti nella costruzione dell’opera, mentre le popolazioni subiranno il costo proibitivo dell'elettricità prodotta e il degrado ambientale. Il Mar Morto, sottolinea ancora l'associazione Foeme, rischia la proliferazione di alghe rosse e la formazione di gesso per la miscelazione con l’acqua del Mar Rosso (la cui salinità è inferiore) nonché il versamento di salamoia, che andrebbe a cambiare in maniera irreversibile la sua composizione minerale.

Tra gli altri rischi annunciati c’è quello di un inquinamento del sottosuolo con acqua marina per effetto di eventuali perdite nella canalizzazione. Un tale scenario è plausibile: come hanno mostrato i quindici atti di sabotaggio in un anno compiuti al gasdotto che collega l'Egitto alla Giordania e ad Israele, una azione terroristica è possibile.

Infine, in questa regione sismica della faglia siro-africana, va tenuta presente anche l'ipotesi di un terremoto.

Resta l'aspetto finanziario, forse il più incerto. Lo studio della Banca mondiale valuta il costo del progetto in 9,97 miliardi di dollari (7,78 miliardi di euro) – una somma che non considera però la canalizzazione di acqua potabile verso Israele e la Giordania – e assicura che le ricadute economiche eccederanno di 1 miliardo di dollari l’investimento finanziario. Ancor più “i benefici della pace porteranno circa 30 miliardi di dollari ogni anno nel medio periodo”, grazie a questa azione di “cooperazione pacifica” tra Israele, Giordania e l'Autorità palestinese. Una affermazione per lo meno teorica.

La Banca mondiale confida su un apporto privato pari a 2,6 miliardi di dollari, derivanti da prestiti internazionali per circa 5 miliardi di dollari. Inoltre, ancora più problematico, il calcolo effettuato prevede che la Giordania - il cui deficit di bilancio supera oggi il 10% del PIL - contribuisca con 2,5 miliardi di dollari, il che appare poco realistico.

Il progetto del canale tra il Mar Rosso e il Mar Morto è stato preferito ad altre soluzioni, come quella di un canale tra il Mar Morto ed il Mediterraneo, che era stato in origine sponsorizzato da Israele.

Quando ad aprile saranno pubblici i risultati sull’opinione dei territori coinvolti, i governi dovranno decidere se dar seguito al progetto. In caso negativo, un’altra opzione – più efficace e pragmatica agli occhi degli ambientalisti – consisterebbe nel tentare un accordo tra i paesi che deviano e sfruttano le acque del fiume Giordano, provocando e accelerando la carenza d’acqua nel Mar Morto. Si tratta però di un approccio difficile dal punto di vista politico.

Manuela Zucchini

  "Un canal pour sauver la mer Morte" Le Monde, 8-4-2013

  Studio di fattibilità ambientale di Thetis