Appalti con firma digitale da luglio. Tutte le soluzioni: da 40 a 5mila euro
Dalla Consip all'Avcpass documenti di gara (e contratti) ora viaggiano on line
Roma, 8 aprile 2013 – Da 40 euro fino a 5mila. O anche molti in più, se l'azienda deve gestire e archiviare molti documenti. Si chiama firma digitale ed è lo strumento con cui le imprese che partecipano a gare pubbliche dovranno fare i conti nei prossimi mesi. Che si parli di Consip, di Autorità di vigilanza sui contratti pubblici o di un piccolo Comune, i formati elettronici stanno prendendo il sopravvento.
Le regole sull'Avcpass (banca dati unica dei contratti pubblici), prevedono infatti che «i documenti inseriti dagli operatori economici devono essere firmati digitalmente» e, pertanto, le imprese «devono dotarsi di un certificato di firma digitale». A partire da luglio, con la sola eccezione dei settori speciali, scatterà l'obbligo e la Banca dati sarà l'unico mezzo per verificare i requisiti delle imprese.
Da gennaio c'è l'obbligo di sottoscrivere i contratti pubblici in forma elettronica, ai sensi del decreto Sviluppo-bis (Dl n. 179/2012): secondo il ministero della Funzione pubblica vale persino per le scritture private e, quindi, per i cottimi fiduciari. Senza contare che Consip ha già attivato da una decina d'anni un mercato elettronico sul quale, anche grazie alla firma digitale, è possibile partecipare a negoziazioni con la Pa, ad esempio per il facility management: a oggi conta tra gli iscritti 26mila amministrazioni e 13mila imprese.
II primo passo da compiere per la firma digitale è recarsi sul sito dell'Agenzia per l'Italia digitale, dove è possibile consultare l'elenco di tutti i «certificatori», i soggetti che hanno la possibilità di emettere le firme. Al momento sono a disposizione quattro tipologie di offerta, che variano per prezzo ma anche per le caratteristiche del servizio. Per due di queste sono necessari supporti fisici, da utilizzare quando si firma un documento.
La prima opzione è la smart card, una tessera simile a una carta di credito per la quale, come dice Silvia Loffi, senior consultant di Infocert, servono «un pc, un lettore, un software del lettore e un software di firma»: il kit, presso Infocert, ha il costo di 39 euro. In alternativa, c'è la pennetta Usb. Un esempio è la "Aruba key" che, come spiega il direttore marketing di Aruba, Stefano Sordi «è una soluzione di firma digitale che non richiede l'installazione di alcun driver o software, essendo già il client di firma immediatamente disponibile nella memoria della chiavetta». La pennetta, che costa 59 euro, fa tutto da sola e richiede solo l'uso del Pc.
Un servizio simile viene fornito anche dalle Camere di commercio, che mettono a disposizione dei loro iscritti la «Carta nazionale dei servizi»: si tratta di una smart card o di una pennetta Usb che consente alle imprese di dialogare con le amministrazioni via web, identificandosi in maniera sicura; al suo interno è inclusa anche una firma digitale. La prima è gratuita.
In alternativa esistono i cosiddetti sistemi di firma remota: ci si collega via web tramite una password a tempo, simile a quelle usate per l'internet banking. In questo caso non servono supporti fisici di alcun tipo; così, fa notare Sordi, questo tipo di firma «può essere utilizzato anche da dispositivi quali smartphone e tablet, consentendo quindi un utilizzo in mobilità, e aprendo di fatto ampi scenari di fruizione». Con un piccolo vantaggio anche in termini di spesa: i principali operatori la offrono a circa 40 euro.
Queste tre soluzioni sono consigliate per imprese medio-piccole, che lavorano poco con documenti elettronici. «Quando si hanno centinaia o migliaia di documenti da sottoscrivere — dice ancora Loffi — è possibile usare la firma automatica massiva». Si tratta di una firma in grado di riconoscere e sottoscrivere in automatico migliaia di pagine alla volta, facilitando il compito di chi deve lavorare con documenti molto articolati. L'Anas l'ha adottata di recente.
Vista la sua complessità, però, solitamente viene accompagnata da altri sistemi, progettati su misura, che consentono di gestire grandi quantità di file numerandoli, registrandoli e conservandoli in maniera sicura. Le spese, ovviamente, lievitano. Spiega Giuseppe Damiano, Cto di Intesi group: «Per una firma massiva parliamo di costi che arrivano fino ad alcune decine di migliaia di euro, non meno di 5-6mila euro per un sistema semplice». Un investimento impegnativo, in tempo di crisi.
Le quattro soluzioni di firma digitale finora disponibili per le imprese
FIRMA REMOTA
È una tessera simile a una carta di credito che serve a utilizzare la firma digitale. Per utilizzarla bisogna avere un personal computer, un lettore di smart card, un software per il lettore, un software per la firma digitale e un pin. Questo sistema ha il pregio di avere un costo contenuto, ma lo svantaggio di richiedere l'utilizzo di diverse apparecchiature e di software. I prezzi, a seconda degli operatori, variano tra i 36 e i 60 euro (più Iva) per ciascuna firma digitale.
TOKEN USB
È una normale chiavetta Usb dotata di una memoria, nella quale sono disponibili tutti i software di firma e le informazioni necessarie al funzionamento della firma digitale: per essere utilizzata basta conoscere il relativo pin. Al momento questa soluzione è la più venduta, perché abbina il basso prezzo alla facilità di installazione e di utilizzo. È leggermente più costosa della smart card: i prezzi, a seconda degli operatori, variano tra i 60 e i 70 euro (più Iva).
FIRMA REMOTA
Diversi operatori la stanno proponendo sul mercato. Per utilizzarla non serve nessun tipo di supporto, come nel caso delle smart card o delle chiavette Usb. Tramite un sistema di password più complesso, simile a quello dell'internet banking, si accede via internet ai server dell'azienda che fornisce la firma digitale: questo consente l'utilizzo anche attraverso dispositivi mobili. Si tratta della soluzione più economica in assoluto: costa tra 36 e 45 euro, a seconda degli operatori.
SOLUZIONI PERSONALIZZATE
Sono consigliate ad aziende che hanno necessità particolari, come la firma di grandi quantità di documenti, la loro archiviazione e la loro conservazione per lunghi periodi in formato digitale. Un esempio è la firma digitale massiva, introdotta da Anas per sottoscrivere i suoi contratti, automatizzando la firma di migliaia di documenti. Questa soluzione è inadatta ai soggetti meno strutturati perché, sebbene porti notevoli risparmi, può arrivare a costare anche diverse migliaia di euro.