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Briciole di pane

Armani: Una tariffa per gli investimenti Anas

L'intervista del Corriere della Sera a Gianni Vittorio Armani, presidente Anas

Roma, 15 agosto 2015 - «Guardi, questa è la nostra programmazione da qui al 2019. Ci sono investimenti per 20 miliardi, ma al momento ne abbiamo finanziati meno di 5. E sono quasi tutti per quest'anno. Sa cosa vuol dire?». Che l'anno prossimo i cantieri si fermano. «Peggio. Se decidi ogni anno sulla base di quanto hai in cassa, finisce che un anno fai 10 km di strada nella zona X perché in quel momento le condizioni politiche benedicono quel territorio. Poi, per i 20 anni successivi, quell'opera non è completata perché a essere benedetto è un altro territorio. Così non ci costruisce una rete, non si fa nemmeno manutenzione. Ci si limita a distribuire lavoro secondo le convenienze del momento».

Gianni Armani è da meno di tre mesi alla guida di Anas. È arrivato in questo palazzone vicino alla stazione Termini con l'idea di portare la società all'indipendenza finanziaria, cioè senza il problema di battere cassa allo Stato ogni anno con tutte le (nefaste) conseguenze del caso.

Pensate al pedaggio sulla Salerno-Reggio Calabria o sul raccordo anulare di Roma?

«Nient'affatto. Il meccanismo che proponiamo è molto simile a quello già usato per l'elettricità o gli aeroporti. Si tratta di introdurre una tariffa sul prezzo dei carburanti, circa 7 centesimi al litro, che le aziende petrolifere dovrebbero pagare direttamente ad Anas. A quel punto avremmo risorse certe, quasi 2 miliardi l'anno, e potremmo programmare gli investimenti».

Ma questo vuol dire aumentare il prezzo della benzina. Politicamente un suicidio.

«No, il prezzo resterebbe lo stesso. Con questo meccanismo lo Stato non avrebbe più il problema di finanziarci, per di più emettendo debito pubblico. Quindi potrebbe compensare la tariffa tagliando di 7 centesimi le accise sulla benzina».

Allora il costo sarebbe a carico dell'aziende petrolifere?

«Neanche. L'unica differenza è che quei sette centesimi dovrebbero pagarli non allo Stato ma direttamente a noi. È un gioco a somma zero».

Ma non teme che le aziende possano fare in qualche modo resistenza?

«Anche alcune società autostradali hanno fatto resistenza sul sovra canone che devono pagarci. Ma ho gli strumenti giuridici per farli pagare. E l'eventuale lite legale con un numero definito di petrolieri sarebbe più gestibile».

Quindi nessuno pagherebbe di più. Ma se la spesa per investimenti dovesse salire?

«Certo, se decidiamo di fare 5 miliardi di investimenti sulle strade invece di due, allora si potrebbe pagare di più. Ma è giusto che il costo di utilizzo delle strade venga attribuito a chi lo genera, cioè a chi vende il carburante per percorrerle e chi le usa per spostarsi».

La programmazione ha bisogno di tempi lunghi per dare risultati. La politica, invece, ha bisogno di vedere vantaggi immediati. Ce ne sono?

«Molti. E le faccio un esempio non di fantasia, purtroppo. Se una frana investe un viadotto, con le regole ordinarie di adesso servono tre anni per risolvere il problema. Prima devo aspettare le risorse perché appaltare un'opera non finanziata è illegale. Con la tariffa potrei intervenire subito perché le risorse le ho in cassa».

Sulla A19, l'autostrada Palermo-Catania, l'appalto l'avete aggiudicato pochi giorni fa, a quattro mesi dalla frana che ha investito il viadotto.

«E solo perché è stato nominato un commissario. Ora siamo partiti con i cantieri, contiamo di finire a novembre».

Intanto ci ha pensato il Movimento 5 Stelle con la trazzera, un itinerario alternativo costruito in tempi record.

«Capisco chi si indigna per i tempi dello Stato. Ma le autorizzazioni servono a evitare che si facciano scempi ambientali e a fare in modo che gli appalti non vadano ad aziende mafiose e che l'opera sia sicura. Non so che tipo di autorizzazioni abbia quell'opera. I tempi vanno ridotti ma azzerarli del tutto mi sembra pericoloso».

Lei è arrivato qui tre mesi fa. Come ha trovato l'Anas?

«Ha presente la macchina del tempo? Mi è sembrato di tornare indietro di 150 anni. Una burocrazia incredibile, controllori che sedevano al tavolo dei controllati. Ma stiamo cambiando molte cose, ad esempio abbiamo introdotto l'obbligo del tornello per i dirigenti».

Ah, non c'era?

«No. E poi stiamo eliminando gli incentivi per i dipendenti che fanno attività professionale, come i collaudi. Finora emettevano fattura ad Anas, un po' come i medici in intramoenia e costavano all'azienda milioni di euro l'anno».

Fra tornelli e taglio degli incentivi chi lavora all'Anas sarà contento.

«E invece ho riscontri positivi. C'è grande voglia di riportare l'Anas al livello che merita».

Lorenzo Salvia - Corriere della Sera