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Briciole di pane

Autogrill. Volare all'estero? Con un partner

Il gruppo dei Benetton vuole espandersi negli aeroporti. Tondato: oltre frontiera il 75 per cento dei ricavi

Roma, 5 marzo 2012 – Più aeroporti, meno autostrade e, possibilmente, «un partner straniero di area industriale per l'espansione», in particolare nei duty free e all'estero. Sono questi i piani per tentare il canestro dell'ex cestista Gianmario Tondato Da Ruos, amministratore delegato di Autogrill che mercoledì prossimo, 7 marzo, presenterà i conti 2011 al consiglio d'amministrazione, fresco del rafforzamento dell'asse con la Starbucks Coffee di Howard Schultz. È di venerdì scorso il nuovo accordo di Autogrill con la catena della quale il gruppo di ristorazione dei Benetton (è controllato al 59,3% da Edizione, la holding di famiglia presieduta da Gilberto Benetton) gestisce ormai 370 locali (352 in Nord America e 15 in Europa), e intende aprirne altri 120 entro il 2020 negli Usa e in Canada. L'intesa prevede lo sviluppo, nelle stazioni ferroviarie del Belgio, di altri caffè Starbucks a gestione Autogrill (oltre ai quattro già affidati) e fa seguito a quella, firmata in gennaio con Starbucks, per I'«ampliamento della partnership sull'Europa». Il primo passo è l'apertura, in estate, di uno Starbucks-Autogrill alla stazione di Ghent, capoluogo delle Fiandre orientali. Seguirà entro l'anno un punto vendita alla stazione di Bruxelles Nord, dice l'azienda.

Più duty free
Ma la linea di Autogrill, più che su Starbucks e sulle autostrade italiane, fa ormai rotta sugli aeroporti e sul canale Duty free e Retail (29% del fatturato nel 2010), che cresce più dell'altra divisione d'affari del gruppo, il Food & Beverage (71% dei ricavi). «Continueremo a sviluppare il business prevalentemente in ambito aeroportuale e all'estero — dice infatti Tondato —. Dopo l'India, dove siamo leader di mercato nella ristorazione aeroportuale, ci stiamo consolidando in Cina e anche nei Paesi del Medio Oriente, che riteniamo molto interessanti». Anche con alleanze (scartate le acquisizioni): «In entrambi i settori d'attività siamo aperti a collaborazioni con partner industriali internazionali — dice il manager — che non apportino solo asset e contratti, ma anche competenze». Quanto alla crescita organica: «Il nostro approccio è, prima di tutto, sviluppare al massimo le aree dove siamo già presenti». Prudenza, insomma.
Il motivo del riallineamento verso i cieli è semplice: gli aeroporti, snodi internazionali dove passano persone di ogni nazionalità e dunque anche da Paesi estranei alla crisi, stanno risentendo meno della congiuntura negativa, rispetto alle autostrade. E, del resto, già coprono ormai il 62% del giro d'affari di Autogrill per canale, il doppio rispetto alle autostrade. «Il traffico aeroportuale riflette il prodotto interno lordo mondiale e comprende l'influenza positiva degli hub dei Paesi emergenti — dice Tondato — mentre il traffico autostradale è più correlato al Pil dei singoli Paesi ed è influenzato dall'aumento del prezzo della benzina alla pompa. Negli Stati Uniti, per esempio, siamo ormai stabilmente sopra i 4 dollari a gallone. Tutto ciò pesa in negativo sul traffico delle autostrade, in Europa e nei Paesi occidentali».
La strategia, comunque, è chiara: più estero, meno Italia. Una scelta che sembra essere di tutto il gruppo veneto. Mentre il titolo Benetton Group sta per cancellarsi dal listino di Borsa Italiana (il via libera del consiglio all'Opa, offerta pubblica d'acquisto per il delisting, dovrebbe arrivare oggi), e l'altra grande quotata di Ponzano, l'Atlantia uscita da Impregilo, si espande nelle autostrade in Cile e Brasile («Nessuna sovrapposizione, logiche diverse», puntualizza però Tondato), anche la società di ristorazione dei Benetton (Gilberto ne è presidente e Alessandro siede in consiglio) affronta il 2012 guardando fuori. E preme per smarcarsi dall'immagine d'impresa nazionale: basta con l'essere considerati un'azienda soltanto italiana. «Siamo una multinazionale e l'Italia copre il 20% del nostro giro d'affari — dice l'amministratore delegato di Autogrill —. Siamo il primo operatore di ristorazione negli Usa, presenti nei principali hub (gli snodi aeroportuali) del mondo».
Ormai Autogrill fattura — e parliamo soltanto del canale aeroporti, dove in Italia i ricavi per il gruppo sono di 93 milioni di euro — 2,6 miliardi di dollari (1,9 miliardi di euro) negli Usa e 120 milioni in Giordania e Kuwait, 50 milioni in Cile, 20 milioni in India. Al confronto, per esempio, con uno scalo come Chicago, dove ha incassato 115 milioni nel 2010, la decina di milioni di ricavi da Aeroporti di Roma (altra società di famiglia, controllata dai Benetton) non sono poi molti, dice Tondato: «Fiumicino è il nostro trentesimo aeroporto in termini di fatturato».

L'«effetto Paese»
Ciò che Tondato sembra temere è I'«effetto-Paese» sugli investitori internazionali, positivo o negativo che sia. E l'indiretto riferimento è anche alla Borsa Italiana, che nell'ultimo anno ha penalizzato il titolo Autogrill (-25% a venerdì scorso, lo stesso andamento dell'indice Ftse Mib) malgrado i risultati positivi: «Evidentemente non riusciamo a convincere gli investitori della nostra internazionalità» (problema, peraltro, sollevato da altre aziende, lo scollamento del valore mercato-impresa). L'ultima trimestrale si è chiusa con ricavi nei nove mesi a 4,3 miliardi (+2,5% a valuta corrente sul gennaio-settembre 2010), margine operativo lordo a 483,9 milioni (+2%) e risultato netto a 125,7 milioni (+7,6%). Sul bilancio 2011 Tondato non dà anticipazioni, ma gli analisti di Kepler riportavano, a novembre, le «stime del management» di chiudere con ricavi sui 5,8 miliardi (5,7 nel 2010) e con un margine operativo lordo a 615-620 milioni, contro i 605 milioni del 2010. Si vedrà mercoledì se sono state rispettate.

Alessandra Puato (fonte: Il Corriere della Sera Economia)