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Briciole di pane

Censis, cresce il divario tra Nord e Sud. Sul banco d'accusa anche le infrastrutture poco competitive

Insufficiente l'utilizzo del fondi Ue

Roma, 20 marzo 2013 - Il Mezzogiorno d'Italia fa fatica e sembra abbandonato a se stesso. La crisi economica ha allargato il divario tra Nord e Sud. Tra il 2007 e il 2012, infatti, nel Mezzogiorno il Pil si è ridotto del 10% in termini reali a fronte di una flessione del 5,7% registrata nel Centro-Nord. Nel 2007 il Pil italiano era pari a 1.680 miliardi di euro, cinque anni dopo si era ridotto a 1.567 miliardi. E' quanto emerge dal Rapporto "La crisi sociale del Mezzogiorno" realizzato dal Censis presentato oggi a Roma da Giuseppe De Rita e Giuseppe Roma, presidente e direttore generale del Censis. Tra le cause, le infrastrutture poco competitive e l'insufficiente utilizzo dei fondi Ue.

Nella crisi abbiamo perso quindi 113 miliardi di euro, molto più dell'intero Pil dell'Ungheria, un Paese di quasi 9 milioni d'abitanti. Di questi, 72 miliardi di euro si sono persi al Centro-Nord e 41 miliardi (pari al 36%) al Sud. Ma la recessione attuale è solo l'ultimo tassello di una serie di criticità che si sono stratificate nel tempo: piani di governo poco chiari, una burocrazia lenta nella gestione delle risorse pubbliche, infrastrutture scarsamente competitive, una limitata apertura ai mercati esteri e un forte razionamento del credito hanno indebolito il sistema-Mezzogiorno fino quasi a spezzarlo. Ma non solo, nel confronto con i grandi sistemi dell'euro zona l'Italia è il Paese con le più rilevanti diseguaglianze territoriali. Il Centro-Nord (31.124 euro di Pil per abitante) è vicino ai valori dei Paesi più ricchi come la Germania, dove il Pil pro-capite è di 31.703 euro. Mentre i livelli di reddito del Mezzogiorno sono inferiori a quelli della Grecia (17.957 euro il Sud, 18.454 euro la Grecia).

Sul fronte dei Fondi europei, si legge nel rapporto del Censis, le risorse risultano non spese e i programmi inefficaci. I contributi assegnati per i programmi dell'Obiettivo Convergenza destinati alle regioni meridionali ammontano a 43,6 miliardi di euro per il periodo 2007-2013. A meno di un anno dalla chiusura del periodo di programmazione risulta impegnato appena il 53 per cento delle risorse disponibili e spesi 9,2 miliardi (il 21,2 per cento). Anche l'efficacia dei programmi attivati con i fondi europei è discutibile. Al contrario di ciò che è accaduto in altri Paesi con un marcato dualismo territoriale, in Italia la convergenza tra Sud e Nord non si è mai realmente affermata. Prova ne è il fatto che nel prossimo ciclo di programmazione l'Ue stima che la popolazione sottoposta all'Obiettivo Convergenza passerà in Italia dall'11 per cento al 14 per cento del totale, mentre altri Paesi vedranno calare drasticamente tale quota: la Germania passerà dal 5,4 per cento allo 0 per cento e la Spagna dal 9,1 per cento allo 0,9 per cento. Le risorse spese nelle regioni meridionali non solo hanno contribuito debolmente al riequilibrio territoriale, ma hanno rafforzato i circuiti meno trasparenti e congelato l'iniziativa imprenditoriale con incentivi senza obbligo di risultato e progetti spesso estranei alle vere esigenze delle economie locali.

I sindacati rilanciano l'allarme. "Se non riparte il Sud a farne le spese è l'economia dell'intero paese", avverte la Cgil, con il segretario nazionale Serena Sorrentino, che chiede di agire per "invertire il ciclo negativo" del Mezzogiorno. Anche la Cisl, con il segretario confederale Luigi Sbarra, evidenzia come il Sud abbia "pagato il prezzo più alto in termini di perdita di posti di lavoro e riduzione dei redditi, il che mette a rischio la coesione sociale. Ecco perché il nuovo Governo deve collocare le politiche per il Mezzogiorno al centro delle sue strategie di crescita. Per favorire l'occupazione nel Mezzogiorno, devono assumere un ruolo centrale, le infrastrutture materiali ed immateriali ed un'istruzione soprattutto tecnica". Anche il presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti afferma che "lo Stato dovrebbe garantire un grande investimento nelle infrastrutture per il miglioramento dei collegamenti stradali e ferroviari già esistenti. Potenziando questi due aspetti il Sud sarebbe giù più attraente agli occhi degli investitori italiani e stranieri".

M.Av.

  Il comunicato del Censis