Flash news Infrastrutture:
 
 

Briciole di pane

Ciaccia vede infrastrutture da 25 miliardi. "E non sparo cifre a caso"

"Sbloccate Tem e Brebemi, gara per Centro Padane"

Roma, 4 giugno 2012 – Venticinque miliardi di opere infrastrutturali già decise, che salgono a 100 per i prossimi anni. Un elenco fitto cui il governo Mario Monti affida la possibilità di una qualche ripresa dell'economia. Sembrano tornati i tempi dei proclami di Silvio Berlusconi da Bruno Vespa con miliardi che volano mentre si fa fatica a trovare soldi per il terremoto. Eppure Mario Ciaccia, oggi viceministro per le Infrastrutture, quando gli si parla di cifre solo sulla carta, dice deciso: "I soldi ci sono e sono stanziamenti veri, alcune opere sono pronte a partire". Ciaccia è stato magistrato della Corte dei Conti e poi plenipotenziario per le infrastrutture nell'Intesa San Paolo di Corrado Passera. Un'esperienza che lo fa nuotare come un pesce nell'acqua nei corridoi del ministero, dove una lunga fila di foto, da Umberto Tupini a Altero Matteoli, riproduce gli uomini che hanno governato i Lavori Pubblici in Italia. Un ambiente, però, che presenta alcune onde tempestose. A pochi metri dal ministero di Porta Pia ci sono infatti gli uomini del ministero del Tesoro che fanno muro contro qualsiasi possibilità che si allarghi il deficit pubblico o si spiazzi il suo finanziamento sul mercato. Un confronto sotterraneo che si traduce spesso in un fermo di provvedimenti e regolamenti.
Si ricomincia dagli elenchi di grandi opere?
«Sì se partiamo da un dato di fatto. Senza infrastrutture non si va da nessuna parte. Ma non ci sono solo grandi opere: siamo anche poveri di piccole visto che i Comuni sono strozzati dal patto di stabilità e che spesso queste costituiscono l'humus sul quale nascono le grandi».
Cifre?
«Nei prossimi anni abbiamo calcolato che ne servono per circa 100 miliardi».
Sembrano numeri al lotto.
«No, nascono da una scelta precisa che abbiamo fatto rivedendo la Legge obbiettivo».
Che cosa non funziona?
«Nel suo spirito la legge obbiettivo è stata una mano santa perché è servita a disegnare un percorso accelerato. Ma proprio per questa caratteristica, nel tempo, vi sono state caricate decine di opere e la legge è diventata una sorta di finanziaria omnibus. Così si è paralizzata: doveva essere un frecciarossa, si è trasformata in un carro merci e in un libro di bei sogni».
E adesso?
«Ne abbiamo ridisegnato i contenuti, scegliendo le opere sulla scorta delle indicazioni dell'Europa, che dalla logica dei puri e semplici corridoi infrastrutturali è passata a disegnare reti e terminali. Dei 10 corridoi europei 4 passano oggi in Italia e su questi si agganciano 12 porti e 11 aeroporti prioritari».
A chi guardi dall'esterno, però, sembra tutto fermo.
«È falso. Nei tre Cipe che abbiamo tenuto tra dicembre e aprile sono stati messi in campo 25 miliardi di euro, finanziamenti precisi, non campati per aria».
Nomi?
«C'è l'asse alta velocità Treviglio Brescia, 2 miliardi, il terzo valico dei Giovi con 1,8, il Mose con 600 milioni, la linea C della metropolitana di Roma e cosi via. È chiaro che ci sono opere che proseguono e altre per le quali debbono essere fatti progetti e gare, ma adesso tutti sanno che i finanziamenti ci sono».
Ma chi controlla?
«Proprio per trasparenza e chiarezza le singole opere, i tempi e le cento norme che abbiamo cominciato a disegnare per facilitarle, li abbiamo inserti in un sito web (http://cantieri.mit.gov.it) consultabile da chiunque e che verrà mano mano arricchito. In totale sono 57 miliardi di euro che non si discutono più».
Dove si prendono i soldi?
«È chiaro che se non si crede a Babbo Natale bisogna cercare di sollecitare gli investimenti privati e in particolare tutte le forme di partenariato pubblico-privato. È per questo che abbiamo definito un quadro di certezze: durata delle concessioni, sistemi di finanziamento come i project bond, cioè obbligazioni che possono essere emesse dalle società di progetto e che siano garantite, defiscalizzazioni. Siamo anche intervenuti sui tempi di approvazione: una volta erano biblici, adesso tra il passaggio alla Corte dei conti e del Cipe non trascorrono più di due mesi».
Si dice che la discussione con il Tesoro su come concretizzare questi provvedimenti sia vivace...
«Beh, certo che si confrontano due scuole, diciamo anche due preoccupazioni diverse: chi teme per i conti e il debito e chi ha occhio allo sviluppo per ridurlo. Ma la discussione va avanti: se fossimo stati a sei mesi fa, titoli come le obbligazioni di scopo, che consentono ai Comuni di costruire opere mettendo gli asset in un veicolo, o norme come il contratto disponibilità, non avrebbero neanche potuto essere pensate».
Come saranno regolati i project bond?
«La discussione è in corso. Ma siamo gli unici in Europa ad averli. Sono obbligazioni che possono essere garantite a diversi livelli: un rischio senior per gli investitori specializzati e un rischio junior per il mercato retail. Per essere efficaci, dovrebbero essere equiparati come fiscalità ai titoli di Stato e c'è chi teme che possano fare concorrenza al debito pubblico. A mio modo di vedere è una categoria diversa perché è destinata a istituzioni, come i fondi sovrani o fondi pensione, che hanno già in pancia titoli del debito e vogliono investire su titoli che rappresentano infrastrutture che hanno certezze sui rendimenti».
Ci sono investimenti previsti dalle concessionarie autostradali e aeroportuali che potrebbero partire ma molte procedure sono ferme. Perché?
«C'è un'attenzione alla tenuta dei piani economici e finanziari e alle regole. Ma negli ultimi tempi si sono sbloccate opere come Tem, Brebemi, Pedemontana lombarda. Ci sono concessioni che si è stabilito che andranno a gara, come le Centro Padane, dato che si è stabilito che Anas non poteva pagare il prezzo di subentro. In cinque mesi si è fatto tanto. Anche per i porti con l'individuazione dei sistemi da finanziare: quello dell'Alto Adriatico, il Tirrenico e il Sud con Gioia Tauro e Taranto. Io stesso sono andato a inaugurare i lavori per i collegamento stradale di Gioia Tauro e la piattaforma intermodale di Taranto. Stiamo parlando di opere che hanno soldi a disposizione, con progetti individuati e non sparsi a pioggia e per l'Italia".

Alessandra Carini (La Repubblica Affari e Finanza)