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Briciole di pane

Come finanziare le grandi infrastrutture europee?

La proposta degli eurobond, i project bond e il ricorso ai capitali privati europei ed extraeuropei

Roma, 17 giugno 2011 - Nella sua audizione davanti alla Commissione economica e monetaria del Parlamento europeo del 14 giugno, il presidente designato della Banca Centrale Europea (BCE) Mario Draghi ha ripetutamente difeso la linea della BCE per quanto riguarda l'inflazione, sottolineando che nulla - nemmeno una crisi del debito sovrano - dovrebbe distogliere l’attenzione da questo obiettivo prioritario. Draghi ha anche riconosciuto che il ruolo della BCE nella valutazione del rischio e nella partecipazione alla politica monetaria è aumentato ma – ha precisato – senza arrivare a svolgere un ruolo di “supplenza politica”. Rispondendo a una domanda su un possibile ministro delle Finanze dell'Unione europea, Draghi ha replicato che l'UE non è pronta a questo passo. Per lo stesso motivo, ha anche detto che gli Eurobond rappresenterebbero al momento “un passo troppo lungo” che l’Unione Europea non si può permettere.

Il tema degli Eurobond è stato spesso evocato, anche dal Ministro dell’Economia italiano Giulio Tremonti, per dotare la Commissione europea di nuovi strumenti per finanziare gli ambiziosi obiettivi della Strategia di Lisbona (energia, infrastrutture, ricerca e innovazione) che dal 2010 sono stati rinviati al 2020, proprio a causa della impossibilità di adeguati finanziamenti. Si tratterebbe di dare la facoltà alla Commissione europea o alla stessa BCE di emettere dei titoli di debito (gli Eurobond) e quindi indebitarsi sul mercato dei capitali per raccogliere le risorse necessarie a finanziare i progetti TEN-T (Trans-European Transport Network) e TEN-E (energia). Tale soluzione non è ammessa dai Trattati e richiederebbe una revisione degli stessi, cosa non impossibile, ma tale da rendere il ricorso a questo strumento non praticabile nell’immediato futuro. Questo però non significa che il problema non si pone. Esso è all’ordine del giorno e una soluzione va trovata, con o senza Eurobond.

La crisi sta producendo effetti pesanti sulle finanze pubbliche di quasi tutti i paesi membri della UE. Quindi sarà difficile per i paesi UE ricorrere a risorse proprie per finanziare politiche comuni e in specie le grandi infrastrutture. I paesi emergenti con forti surplus monetari e finanziari si pongono il problema di come diversificare i loro investimenti e riserve. L’Europa è in condizioni di aumentare il suo grado di attrazione per attirare capitali dai mercati globali e per finanziare quelle politiche europee che implicano investimenti di lungo termine nei trasporti, energia, TLC, suscettibili di produrre ritorni certi ancorché differiti nel tempo. “Dopo la crisi per il finanziamento dei progetti infrastrutturali europei, - si legge in uno studio di F. Bassanini e E. Reviglio - più che far conto su improbabili risorse di bilancio, si dovrà far ricorso a capitali privati europei o extraeuropei o a capitali pubblici di provenienza extraeuropea; per farlo occorrerà predisporre strumenti finanziari innovativi“.

La Commissione europea ha stimato in un recente Rapporto i costi dei progetti TEN-T (trasporti) dal 2006 al 2020 in 900 miliardi di Euro (di cui già spesi a fine 2007 400 miliardi) e circa 500 dovranno essere spesi entro il 2020. Il costo dei progetti prioritari è stimato in 400 mld (dal 1996 al 2020), di cui 130 mld già investiti a fine 2007 e 270 mld da trovare e investire entro il 2020. Quanto agli investimenti in TEN-E (energia) gli investimenti previsti fino al 2013 sono stimati in 30 mld di Euro. E’ evidente che investimenti di questa dimensioni non potranno essere finanziati con le sole risorse pubbliche e con fondi propri. Si dovrà quindi far ricorso a capitali privati europei ed extraeuropei e a capitali pubblici provenienti dai Paesi in surplus. Il tema delle forme e degli strumenti necessari per incanalare questi capitali verso il finanziamento di infrastrutture diventa centrale. Occorre creare strumenti finanziari a basso rischio e di lungo periodo, capaci di attirare capitali sia pubblici che privati, soprattutto dai paesi emergenti. Alcune soluzioni sono possibili e sono state già avanzate delle proposte, di cui diamo una rapida sintesi.

Su iniziativa del Vice Presidente della Commissione Europea Antonio Tajani già nel 2008 si è proceduto a creare un Gruppo informale per studiare strategie per massimizzare l’utilizzo della BEI (Banca Europea degli Investimenti) che da anni opera per la realizzazione degli obiettivi economici della UE e finanzia le infrastrutture, per dotarla di strumenti finanziari flessibili e operativi per finanziare i progetti TEN-T e facilitare la partecipazione di investitori privati. E’ stato individuato un strumento finanziario innovativo : il Single Project Bond che consente di rivolgersi direttamente al mercato finanziario attraverso l’emissione di “obbligazioni di progetto” per iniziative nel settore dell’energia e dei trasporti. I Project Bond potrebbero essere promossi da grandi investitori istituzionali e avere la garanzia della BEI o di altri soggetti istituzionali per la realizzazione di un progetto specifico. Essi potrebbero rappresentare un’interessante opportunità di investimento di lungo periodo per fondi pensione, assicurazioni, fondi sovrani e per i risparmiatori, in quanto hanno un profilo di rischio molto basso e possono dare rendimenti interessanti, ma non speculativi.

Un’altra iniziativa è stata avanzata dal Ministro Tremonti nella riunione dell’ECOFIN di Nizza del settembre 2008. L’istituzione di uno o più Fondi per il finanziamento delle infrastrutture strategiche europee che consenta di uscire dall’impasse. L’idea è di sostenere gli investimenti strategici mediante un Fondo equity costituito non da risorse prelevate dal bilancio dell’Unione né dai bilanci pubblici dei singoli Stati europei, ma conferite da istituzioni finanziarie disposte ad investire con capitale proprio in progetti con orizzonte di lungo periodo e con tassi di ritorno vantaggiosi ma non speculativi, veicolando in questi impieghi capitali privati, risparmi delle famiglie e capitali pubblici dei paesi extraeuropei desiderosi di diversificare i loro investimenti.

Accogliendo la proposta l’ECOFIN ha affidato lo studio e la realizzazione a un Gruppo di lavoro, coordinato dalla Commissione Europea e dalla BEI, in collaborazione con alcuni investitori istituzionali di lungo periodo – la francese Caisse del Depots et Consugnations (CDC), l’italiana Cassa Depositi e Prestiti (CDP), la tedesca Kreditanstalt fur Wiederaufbau (KfW) a cui si sono aggiunte la spagnola ICO (Instituto de crédito oficial) e la polacca PKO Bank Polski – tutte istituzioni pubbliche (ma costituite in forma giuridica privata) orientate al mercato, dotate di significative competenze tecniche, con una missione indirizzata a progetti di interesse pubblico focalizzati sulle infrastrutture.

Il Gruppo dopo 3 mesi di lavoro ha presentato una proposta per la costituzione del Fondo Equity “Marguerite 2020”. Tale proposta è stata accolta dal Consiglio europeo del 20 dicembre 2008 ed è stato costituito ufficialmente a Lussemburgo il 12 novembre 2009. Il Fondo inizialmente ha deciso di arrivare a una dimensione di 1,5 mld di Euro (la Commissione ha partecipato al Fondo con una quota di 80 milioni di euro, inferiore a quella degli altri soci fondatori che hanno messo 100 milioni di E ciascuno). Si stima che nei prossimi anni il Fondo sarà in grado di mobilitare, grazie al suo effetto moltiplicatore e di sostegno di fondi privati, 30 mld di Euro per investimenti nei settori dell’energia e infrastrutture europee. Il Fondo investirà in equity in nuovi progetti nell’ambito dei TEN-T e TEN-E. Esso sarà un Fondo di mercato, ma diverso dai Fondi di private equity tradizionali: 1) in quanto avrà un target di ritorno sull’investimento non speculativo; 2) un orizzonte di lungo periodo; 3) un forte endorsement istituzionale, assicurato dalla Commissione europea. Il Fondo Marguerite (ancora poco conosciuto) è uno dei primi esempi di cooperazione rafforzata nel settore finanziario in Europa, con il compito di sostenere il mercato per finanziare gli ambiziosi obiettivi della Agenda di Lisbona.

Giancarlo Pasquini