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Briciole di pane

Convegno Confcommercio, gli altri interventi

Paolo Uggè, vicepresidente Confcommercio - Perché un manifesto di Confcommercio Imprese per l’Italia sui trasporti? Perché a Confcommercio aderiscono le più grandi federazioni del trasporto su gomma, ma anche significative realtà delle ferrovie private, l’intera filiera marittimo-portuale, il sistema della mobilità urbana, ed il comparto automotive. Una seconda ragione, non meno importante della precedente, risiede nel fatto che i trasporti la logistica e la mobilità incidono trasversalmente sulla competitività di tutte le imprese di tutti i settori, garantendo loro l’accesso ai mercati di riferimento e le condizioni di contesto utili per poter operare. Nel dibattito pubblico di settore abbondano, purtroppo, i luoghi comuni: ”lo scippo del corridoio per l’Europa”, “l’Italia al centro dei flussi globali”, “l’ultimo treno per lo sviluppo” “riequilibrio modale”, luoghi comuni che dobbiamo assolutamente superare! Questa fiera delle banalizzazioni sta, infatti, creando una forma di narcotizzazione dell’opinione pubblica per la quale si è portati a pensare che qualsiasi cifra spesa per grandi opere sia ben impiegata, trascurando le esigenze vere, quelle con cui gli operatori si scontrano ogni giorno, che richiedono opere che invece servono. A proposito di riequilibrio modale non c’è dubbio che sia stato uno dei termini più usati/abusati all’interno del dibattito di settore degli ultimi 20 anni. Ciò che, si contesta, a questo proposito, è l’utilizzo, talvolta strumentale che è stato fatto di tale principio, trasformato in una sorta di “mito”, per giustificare scelte che con l’efficienza del sistema integrato dei trasporti avevano poco o nulla a che vedere, così come l’illusione che si è coltivata di poterlo perseguire al di fuori di una strategia di intervento integrata, che partisse dalle scelte insediative di imprese e famiglie nei territori. I veicoli che circolano nel nostro Paese sono circa 50.000.000, quelli commerciali circa 4.000.000, quelli autorizzati conto terzi 750.000, compresi rimorchi e semirimorchi, che percorrono distanze superiori a 500 km sono 10.000. Se togliessimo dalla strada tutti i tir che percorrono più di 500 km, il traffico complessivo, sia automobili che mezzi adibiti al trasporto merci, si ridurrebbe dello 0,2%. Il punto vero non è la quantità di veicoli che si tolgono dalla strada, ma come si regolamentano quei veicoli che operano sulle lunghe distanze in condizioni di sovra costo rispetto ai prezzi che oggi riconosce il mercato con gravosi effetti sulla sicurezza individuale e sociale. Per Confcommercio imprese per l’Italia “Sciogliere i nodi per competere” significa innanzitutto intervenire su quelle problematiche che frenano la competitività del sistema nazionale dei trasporti e della logistica:

• La competitività del sistema nazionale dei porti Approvazione della Riforma portuale, sportello unico e pre clearing doganale

• La piena liberalizzazione del trasporto ferroviario Separazione societaria rete e regole non discriminatorie per nuovi operatori ferroviari

• L’evoluzione logistica dell’autotrasporto Rispetto delle regole sulla sicurezza sociale e della circolazione, confronto tra le parti (Consulta), Professionalità e qualità dei servizi, contratto di logistica

• La mobilità urbana e l’efficienza della logistica Un Patto nazionale tra Istituzioni e forze economiche per iniziative condivise per l’accessibilità delle città, che superino il triste paradigma dell’“immobilità sostenibile”.

“Sciogliere i nodi” significa, anche, chiedere una rinnovata centralità, nelle politiche di settore, per nodi della rete: aree metropolitane, porti, interporti, piattaforme logistiche. Le infrastrutture sono utili per i servizi che sono in grado di garantire Non basta, quindi, contare i chilometri di strade, ma occorre considerare la loro capacità di fare sistema-attraverso l’integrazione- e di rispondere con efficacia ed efficienza alle esigenze della domanda di trasporto. L’accessibilità, dunque, si è ridotta a causa delle diverse dinamiche che hanno caratterizzato, nel decennio considerato, in Italia, la domanda e l’offerta: il traffico sulla rete e l’estensione della stessa, con conseguente crescita della congestione che ha incrementato costi e tempi degli spostamenti. Una simulazione del nostro ufficio studi è riuscita a quantificare in oltre 62 miliardi di euro la perdita di PIL sperimentata nel decennio dal sistema Paese, a causa di tale peggioramento dell’accessibilità. Un secondo esercizio ha stimato, inoltre, quale sarebbe potuto essere l’incremento di PIL italiano nel decennio, se il Paese avesse potuto godere dei livelli di accessibilità della Germania: il dato è impressionante: 142 miliardi di euro a prezzi costanti del 2010. Infine, in riferimento ai divari territoriali, un terzo esercizio ha quantificato in 50 miliardi di euro (+3,2%) l’incremento teorico di PIL che si sarebbe potuto registrare nel 2010 qualora le regioni meridionali avessero potuto godere di livelli di accessibilità pari a quelli della buona pratica settentrionale. Segno che esiste certamente una questione settentrionale, ma quella meridionale è e resta più grave. Per affrontare con efficacia, tali problematiche, occorre innanzitutto promuovere una strategia nazionale integrata duratura nel tempo, invariante rispetto agli esiti elettorali, che individui le scelte strategiche da perseguire nel settore dei trasporti e della logistica e in funzione di esse formuli le conseguenti priorità di intervento in campo infrastrutturale. Un Piano dei trasporti, che partendo dal Piano Nazionale della Logistica approvato dal CIPE nel 2006 apportando le necessarie modifiche ed integrazioni affronti in maniera organica i diversi “nodi da sciogliere”, individui gli obiettivi da perseguire nel settore fornendo indicazioni vincolanti per le azioni settoriali da implementare. Sì, perché è evidente che se la pianificazione dei trasporti punta, giustamente, a ottimizzare la filiera logistica delle città, gli sforzi possono, purtroppo, essere vanificati in un attimo da interventi “a gamba tesa” sui divieti di circolazione adottati in nome della qualità dell’aria, al di fuori di un contesto di coerenza. In questa prospettiva, sarebbe sicuramente un elemento facilitatore dell’unitarietà della direzione di marcia una revisione della ripartizione delle competenze in materia tra Stato centrale e Regioni che riduca il rischio di sovrapposizioni, intendimento contenuto nell’allegato al DEF, che Confcommercio condivide pienamente, così come i propositi in tema di debat public. Nel nostro Paese i termini troppo abusati devono sparire dall’agenda politica, vorremmo di contro in questo settore l’emozione del cambiamento. Non l’”ideona”, ma le idee che servono, sette interventi concreti da cui partire:

• Aprire un dibattito pubblico articolato sul tema della mobilità

• Elaborare un Piano integrato della mobilità con invarianti nei passaggi chiave

• Accelerare la riforma dei porti e degli interporti ed i processi operativi collegati

• Migliorare l’accessibilità territoriale e la connettività delle reti prioritariamente nelle grandi aree urbane

• Definire la piena liberalizzazione del trasporto ferroviario

• Attivare politiche per la evoluzione logistica dell’autotrasporto

• Concertare un Patto nazionale per la mobilità urbana.

Giacomo Di Patrizi, presidente Fercargo - Storicamente l'Italia e' fanalino di coda nel trasporto merci su ferrovia per mancanza di investimenti e la situazione e' peggiorata negli ultimi anni perché dopo la liberalizzazione del 2007 si e' tornati indietro. Fondamentale, d'altra parte, e' avere una ferrovia efficiente che funzioni. In questo senso, abbiamo apprezzato le iniziative del governo in carica, in particolare l'Autorità che per noi ha valore fondamentale ma che deve essere dotata di poteri veri e avere attività di indirizzo vera per evitar conflitti e perdite di tempo. Il governo deve prendere in mano la gestione del settore, finora si e' perso troppo tempo. E' necessario un piano di sviluppo per le aree non particolarmente sviluppate nel trasporto ferroviario. Interventi mirati, anche di non particolare entità, possono cambiare radicalmente la situazione.

Umberto Masucci, consigliere RINA - Per i porti italiani c' e' stata una forte crescita negli ultimi quindici anni per occupati e fatturato e un terzo del traffico via mare passa per i porti italiani. Cio' non vuol dire che no manchino le criticità: nel settore container, ad esempio, siamo poco competitivi rispetto soprattutto al nord Europa, ma anche all'Oriente e al nord Africa; nei porti, inoltre, si muove per ferrovia solo il 10% delle merci rispetto al 22% della Germania. Non c'e' nessun treno, tanto per dare un'idea, che parta da Gioia Tauro verso l'interno. Inoltre, va riformata la governance dei porti mettendo al comando manager qualificati e non persone designate dai partiti e bisogna cominciare a ragionare in termini di sistema portuale. Infine, occorre recuperare i ritardi in materia doganale e sburocratizzare, mentre su dragaggi dei porti e autonomia funzionaria, inesistente, siamo maglia nera in Europa. Massimo Marciani, presidente Fit Consulting - La crisi economica impone innovazione nei sistemi, nelle persone, nelle competenze, nelle professionalità. E' tempo di superare blocchi e divieti e bisogna fare di piu' per attuare le idee contenute nel piano nazionale per la logistica. Da parte sua, il sistema distributivo deve cambiare per adattarsi alle nuove esigenze del mercato e bisogna aumentare la tracciabilita' dei veicoli e delle merci trasportate

Mario Ciaccia, viceministro Infrastrutture e Trasporti - L'impegno complessivo del prossimo triennio nella realizzazione di nuove infrastrutture comportera' una spesa tra pubblico e privato per circa 45 miliardi di euro, pari cioe' a oltre un punto di Pil per ciascun anno (13,3 miliardi). lo sforzo fatto e' stato quello di combinare l'effetto dei provvedimenti Salvitalia e Crescitalia con le ultime delibere Cipe e Piano Sud, effetto che si puo' stimare in un'attivazione di risorse per investimenti per circa 25 miliardi. Ulteriori opere per circa 20 miliardi saranno realizzate entro un triennio nei settori aeroportuale e autostradale. La crisi ha imposto una via obbligata: quella di concentrare le risorse pubbliche e private disponibili su un numero di infrastrutture notevolmente ridotto rispetto al piano della legge obiettivo, selezionando le opere tra quelle maggiormente produttive di competitivita', sviluppo e coesione. Le risorse previste per i prossimi tre anni genereranno un fatturato diretto, indiretto e indotto di 120 miliardi. Tenuto conto dei tempi di produzione di questi effetti puo' ipotizzarsi nel triennio uno stimolo pari a 2-3 punti percentuali di pil, mentre gli effetti sull'occupazione potrebbero quantificarsi in alcune decine di migliaia di posti di lavoro aggiuntivi per tre anni.

Luigi Grillo, presidente Commissione Lavori Pubblici al Senato - In Italia dal 1948 al 1992 abbiamo fatto importanti opere infrastrutturali, il blocco e' arrivato nel 1993 con Tangentopoli e i seguenti cambiamenti legislativi sfociati nella macchinosità della legge Merloni. Tra il 2001 e il 2006 c'e' stato uno scatto in avanti, con tre provvedimenti importanti emanati dal Parlamento che hanno rilanciato le infrastrutture, tanto che nel 2010 sono state costruite 1427 opere pubbliche con partecipazione di capitali privati. E oggi il 25% delle opere pubbliche sono fatte dai privato col sistema del project financing. Per migliorare la situazione, e In attesa che in Europa cambi qualcosa, dovremmo riportare le nostre dogane all'altezza della situazione, fare la riforma dei porti, migliorare il trasporto urbano delle merci.

Paola Signori, Università di Verona - Migliorare la nostra logistica e' una leva competitiva, le nostre imprese ne hanno bisogno. I progetti migliori in questo senso sono quelli tra imprese, anche a livello settoriale.

Mario Valducci, presidente Commissione Trasporti alla Camera - Le infrastrutture in questo Paese sono ripartite grazie al ministro Lunardi e al governo Berlusconi. Sono una ricchezza, ma occorre arrivare in tempi rapidi ad una loro migliore classificazione e ad una maggiore loro intermodalita' reciproca. E' importante sfruttare e migliorare cio' che esiste per diventare competitivi in tempi rapidi, la concorrenza non ci aspetta. Silvia Velo, vicepresidente Commissione Trasporti alla Camera - Oltre che costruire nuove infrastrutture, occorre mettere a sistema quelle esistenti. Centrale e' il tema dell'autotrasporto, che va innovato e modernizzato: solo così, vista la configurazione geografica e produttiva del nostro Paese, si migliora l'efficienza della nostra distribuzione. In particolare, si deve passare da un sistema di aiuti a pioggia alle imprese ad un sistema di aiuti finalizzato alla crescita dimensionale.