Flash news Infrastrutture:
 
 

Briciole di pane

Dagli appalti risparmi 3 miliardi

È il beneficio che secondo l'Autorità si otterrebbe introducendo maggiore concorrenza

Roma, 14 maggio 2012 – Tre dei 4,2 miliardi di euro di risparmi che il commissario Enrico Bondi deve recuperare dalla revisione della spesa pubblica possono provenire dalla riorganizzazione degli appalti. Ne è certa l'Autorità dei contratti pubblici, che ha già fatto i conti grazie all'enorme quantità di dati immagazzinata nel proprio database.
«Il ricorso ai bandi tipo - spiega Sergio Santoro, presidente dell'Authority che sta elaborando questi modelli - permetterebbe di aumentare la concorrenza anche nelle gare per servizi e forniture, facendo così crescere il numero dei partecipanti, che invece oggi è mediamente di tre aziende, contro una media di 25 concorrenti nei lavori pubblici, dove già esiste una standard i razione dei requisiti dei candidati. Ecco perché attualmente i ribassi d'asta nelle gare di servizi e forniture sono inferiori mediamente del 4% rispetto a quelli che si spuntano nei lavori. Se si riuscisse a equiparare i due settori, si otterrebbe un risparmio di circa 3 miliardi, dato che quell'ulteriore 4% andrebbe applicato su un mercato che vale quasi 75 miliardi di euro, Iva esclusa».
Sono le cifre riferibili agli appalti di servizi e forniture che rappresentano la fetta più consistente del complesso delle commesse pubbliche, un sistema che nel 2011 ha "fatturato" oltre 105 miliardi - di cui i lavori rappresentano il 30% (31,2 miliardi).
Il suggerimento dell'Autorità dei contratti pubblici coglie nel segno. Sia le direttive di spending review già dettate dal ministro dei Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, sia quelle contenute nel decreto legge sulla razionalizzazione della spesa (il Dl 52/2012) indicano che il mondo delle gare pubbliche deve essere attentamente scandagliato dal commissario Bondi per eliminare i costi superflui. Nel decreto legge si parla, infatti, di costi standard, di applicazione dei parametri prezzo-qualità di Consip da parte di tutte le amministrazioni, di maggiore trasparenza nelle gare. A tal proposito, il decreto chiama in causa proprio l'Osservatorio dei contratti pubblici, ovvero la grande banca dati dell'Autorità, che dovrà rendere pubbliche attraverso il proprio portale le tantissime informazioni che contiene relative alle stazioni appaltanti.
Dati da cui si può, per esempio, evincere la polverizzazione delle gare per servizi e forniture inferiori a 40mila euro: sono, infatti, i 3 milioni l’anno - contro i 120mila appalti di importo superiore ai 40mila euro - che si contendono un mercato che non raggiunge i 6 miliardi. Gare spesso circoscritte a livello locale, fatto che, alla fine, genera il coinvolgimento di una miriade di micro-imprese. Ci si può fare un'idea di quale sia la galassia dei candidati che ruota attorno agli appalti pubblici osservando i dati sui lavori (presso l'Osservatorio non ne esistono di analoghi relativi al settore dei servizi e forniture), che pure richiedono criteri più selettivi: i concorrenti sono 39mila. Una situazione che induce l'Autorità a un'ulteriore riflessione: la necessità di accorpare gli appalti di piccolo importo o di fare maggior ricorso alle centrali di committenza. «Misure da cui si potrebbero ottenere - aggiunge Santoro - economie di scala». Parte dei tre miliardi di risparmi ottenibili, quindi, può derivare dal maggiore ricorso ai maxisconti sui prezzi dei beni ottenuti dalle convenzioni Consip.
La parcellizzazione delle gare porta con sé un altro problema: la scarsa qualificazione delle stazioni appaltanti. Ne risultano bandi mal congegnati, che prestano facile fianco al contenzioso. E siccome la parte soccombente è di frequente l'amministrazione pubblica, la gara alla fine viene a costare tra l'11 e il 30% in più. Senza considerare il fattore tempo, con rallentamenti che creano danni - meno facili da quantificare - al sistema economico e sociale.
A voler cercare risparmi nel sistema degli appalti pubblici, si potrebbe trovarli anche nel sistema di calcolo delle offerte potenzialmente anomale. Oggi, spiegano all'Autorità, nella maggior parte delle gare il limite di anomalia è molto vicino al massimo ribasso, perché il meccanismo è congegnato in modo tale che anche quando le offerte non presentano differenze di rilievo, l'allarme "scatta" comunque, tagliando fuori proposte che invece di sospetto non hanno nulla. Secondo i dati dell'Osservatorio, il limite di anomalia è in media di quasi tre punti percentuali inferiore al massimo ribasso. E questo porta a escludere, anche in casi non sospetti, le offerte più vantaggiose, che se prese in considerazione porterebbero a far risparmiare, complessivamente, un miliardo di euro l'anno.

Antonello Cherchi e Valeria Uva (Il Sole 24 Ore)