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Milano Finanza: intervista a Graziano Delrio

Roma, 14 maggio 2016 – Due mesi per impostare la fusione tra Fs e Anas, fare decollare il nuovo codice degli appalti e attrarre investimenti esteri con vero project financing basato su stime reali. Priorità ai corridoi europei e all'intermodalità per fare ripartire le infrastrutture utilizzando al meglio la flessibilità europea. Graziano Delrio ha fatto il suo primo bilancio a un anno dalla nomina a ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e ha presentato le sue priorità intervistato da Andrea Cabrini durante l'incontro Italia Cantiere Aperto, organizzato da Key2People e Bcg.

Ministro Delrio, a un anno dalla sua nomina dove stanno le infrastrutture nella agenda del governo?
Hanno un ruolo fondamentale. L'Italia guida i Paesi che hanno avuto accesso al fondo Junker in questo primo anno di sperimentazione. Abbiamo preparato e stiamo preparando una serie di piani e di progetti che possano essere eleggibili per il finanziamento anche per quest'anno e il prossimo.

Quali sono le sue priorità?
L'Italia è un Paese abituato a non pensare ai nodi infrastrutturali come parte di una rete. I porti non dialogano con la ferrovia, gli interporti non dialogano con la ferrovia, le autostrade non dialogano con i porti. La programmazione va centralizzata e lo Stato deve avere il compito di fare dei documenti di programmazione pluriennale. Si devono poter realizzare opere che colleghino, per esempio, la ferrovia con il porto di Genova che, altrimenti, non sarebbe competitivo. Un container arrivava in Italia dall'Asia in 17 giorni e stava in media dagli 11 ai 12 giorni sulle banchine del porto. Si perdono 1 milione e mezzo di container che trovano più conveniente passare da Rotterdam per arrivare in Lombardia, invece di andare a Milano passando per Genova. Noi abbiamo lavorato sulle pratiche amministrative, per esempio permettendo lo sdoganamento della merce già in mare. Oggi abbiamo 13 porti che sdoganano in mare e 3.500 navi già accreditate per tale procedura: non si ha più bisogno di grandi piazzali per ospitare i container che arrivano a destinazione direttamente con i fast corridor. Considero un grande successo il fatto di avere riunito Liguria, Piemonte e Lombardia per realizzare un piano integrato di logistica.
Perché volete fondere Fs e Anas e che tempi avrà l'operazione?
La grande società che nascerà consentirà una progettazione più veloce e una programmazione più coordinata. E una potenziale sinergia molto interessante, ci sono poche esperienze comparabili in giro nel mondo. Con il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ci siamo dati due mesi di studio. Attendiamo gli esiti di questo lavoro, poi presenteremo i vantaggi e gli svantaggi dell'operazione.
Con i tassi a zero gli investitori istituzionali sono alla ricerca di occasioni di investimento e guardano alle infrastrutture come asset class sempre più attraente.

Cosa pensate di fare per portare in Italia i loro capitali?
È inutile proporre dei piani finanziari basati su stime di traffico irrealistiche. Ci vogliono chiarezza e buoni progetti. E lo Stato deve dire con precisione a quanto ammonterà il contributo pubblico su una determinata opera. Ci siamo attardati troppo su finti progetti. Ora dobbiamo mettere in campo progetti veri.
L'Italia è piena di infrastrutture ridondanti, che si potrebbero armonizzare. Si prenda Savona e Genova: non sarebbe più opportuna una cabina di regia unica per i due porti che si trovano a poche decine di chilometri di distanza?
Genova e Savona diventeranno un'unica grande autorità portuale a disposizione dei traffici internazionali, con una regia centrale sugli investimenti. In generale, dei 53 porti nazionali, 15 saranno autorità portuali. Bisogna lavorare molto sull'intermodalità: non abbiamo solo attuato la pratica dello sdoganamento in mare o i fast corridor, ma abbiamo anche suggerito a Rete Ferroviaria Italiana di investire sui corridoi merci principali e in tecnologia. Altro elemento fondamentale, gli investimenti in tecnologia della manutenzione, che consentono di tenere sotto controllo i viadotti senza utilizzare squadre. Gli investimenti utili, come l'ultimo miglio ferroviario in un porto, o le tangenziali di uscita da un aeroporto, vanno fatti.
Renzi ha annunciato di volere sbloccare tutte le opere pubbliche e private, anche perché gli investimenti sono scesi da 40 a 20 miliardi durante la crisi.A che punto siamo?
Abbiamo cercato di capire il motivo di questa caduta dei lavori pubblici. Uno degli elementi è stato il patto di stabilità dei comuni: grazie alle riforme abbiamo tolto i vincoli del patto e ciò ha portato, nel 2015, a un aumento di 2 miliardi negli investimenti dei comuni rispetto al 2014. Stiamo sbloccando molte opere. Solo nel 2015 abbiamo aumentato gli investimenti nelle ferrovie del 50%, dell'80% negli aeroporti e del 15% nei porti. Negli ultimi mesi abbiamo lavorato soprattutto sulle concessioni autostradali, dove abbiamo fatto ripartire molti cantieri. Sono fiducioso che il 2016 sarà migliore del 2015 sul fronte degli investimenti.
Ma su cosa volete puntare davvero rispetto ai soldi a pioggia del passato?
La priorità sono i corridoi infrastrutturali europei: abbiamo fatto il terzo e quarto lotto del Brennero, che sono i due bandi maggiori in Europa. Bisogna considerare tutti i nodi e sviluppare i corridoi con investimenti mirati: è sciocco parlare del ponte sullo stretto senza ragionare della Napoli-Palermo. L'altro nostro orizzonte è il trasporto pubblico. Faremo partire un investimento massiccio con capitali privati e pubblici perché puntiamo in tre-quattro anni al rinnovo completo del parco mezzi circolante e del parco rotabile.

Il 18 maggio arriverà la pagella europea sulla flessibilità. Quali sono le sue aspettative?
Il raggiungimento del via libera alla flessibilità i118 maggio porterà a sbloccare circa 10 miliardi di potenziali investimenti. L'Europa deve trovare il giusto equilibrio e deve essere pensata come un unico spazio con investimenti unitari in sviluppo e infrastrutture. Bisogna pensare al cielo unico europeo, allo spazio ferroviario unico, in modo che l'Europa possa far fronte al suo più grande problema, i 25 milioni di disoccupati. L'indirizzo che abbiamo dato all'Europa è di promuovere gli investimenti comuni.
 

Andrea Cabrini di Milano Finanza