Ecobonus, Finco: bene la proroga, male la mancata stabilizzazione
Il commento della Federazione Industrie Prodotti Impianti Servizi ed Opere Specialistiche per le Costruzioni: Ancora una volta una misura tampone (la quinta)
Roma, 18 ottobre 2013 – In un comunicato stampa diffuso oggi, Finco – Federazione Industrie Prodotti Impianti Servizi ed Opere Specialistiche per le Costruzioni – ha affermato di ricevere “certamente con favore” la proroga del 65% e del 50% per un anno ulteriore per poi passare al 50% ed al 40% rispettivamente per la riqualificazione energetica e la ristrutturazione edilizia, “ma esprime grande perplessità quanto al lasso di tempo coperto da tale proroga”.
Nella legge di “stabilità”, prosegue la nota, non si “stabilizzano” le detrazioni previste dall’ecobonus ed ancora una volta si escludono senza alcun motivo logico e razionale (ratio ex legem) settori, peraltro assai poco “dispendiosi”, utili ai fini dell’efficienza energetica e del rilancio dell’economia, quali le schermature solari. Secondo Finco tale atteggiamento, se non corretto in sede parlamentare, “paleserebbe una miopia ed una limitata conoscenza del sistema industriale italiano da parte del Governo che non può lasciarci fermi ed indifferenti”.
“Come Federazione - ha commentato Sergio Fabio Brivio, Vice Presidente Finco per la sostenibilità ed ambiente - chiediamo di estendere anche ad altri settori i benefici dell’ecobonus e non comprendiamo i timori del Governo sul reperimento delle risorse economiche per supportarne la copertura . A nostro avviso la detrazione del 65%, che potrebbe essere riformulata con aliquote decrescentiin una logica di stabilità sino al 2020 (e non al 2015), si autofinanzia, poiché di fatto favorisce la creazione e/o il mantenimento dei livelli occupazionali e contribuisce concretamente all’emersione stabile del sommerso tributario e contributivo. In quest’ottica Finco ha da sempre sostenuto la conversione in misura permanente di queste detrazioni che hanno registrato, fino ad oggi, un contenuto impatto sul bilancio statale a fronte di risultati positivi in termini di investimenti privati pari a circa 25miliardi oltre agli aspetti positivi sul versante energetico‐ambientale”.
“In un Paese come il nostro - continua Brivio -favorevolmente esposto a Sud, e che può contare su un elevato soleggiamento, l’utilizzo di schermature solari in estate ed impianti di micro cogenerazione in inverno, contribuirebbe concretamente a contenere i costi energetici per la climatizzazione degli edifici, e ridurre le emissioni di gas clima-alteranti (come peraltro richiesto dagli accordi in sede UE).”
La mancanza di orizzonte temporale non consente peraltro la programmazione imprenditoriale delle risorse necessarie (attrezzature e forza lavoro). Altro aspetto a nostro avviso errato è non aver voluto ridurre o rendere flessibile per il contribuente il periodo di ammortamento delle detrazioni portandolo magari da dieci a cinque anni.
Nel comunicato si legge che “va invece nella giusta direzione la conferma del differenziale di aliquota tra la ristrutturazione edilizia e la riqualificazione energetica, ma sarebbe appunto opportuno, in linea con la risoluzione Capezzone-Realacci, mantenerla ai livelli attuali anche dopo il 2016”. Con il 2015 - se non interviene una necessaria correzione in sede legislativa - anche le detrazioni per la riqualificazione energetica verrebbero portate al 36% diventando meno “competitive” e forse con una prevedibile ripresa del sommerso e - alla fine - con minore introiti anche per l’Erario.
“Per recuperare le maggiori risorse economiche necessarie ad estendere la platea degli interventi in detrazione nonché a stabilizzarli- conclude Brivio -i nostri decisori politici dovrebbero poter e saper operare tagli di spesa strategici volti a diminuire i costi che gravano sulle nostre aziende e sulla pubblica amministrazione e che non hanno alcun ritorno in termini occupazionali né di sviluppo economico. La lista, mai realmente affrontata per pura mancanza di volontà politica, è lunghissima ed ormai arcinota. A puro titolo di esempio si potrebbe optare per una decisa ridefinizione a livello funzionale, dimensionale e territoriale, di istituzioni ed apparati ormai datati, quali, ma non solo, la grandissima maggioranza delle società pubbliche locali, il sistema delle Camere di Commercio con le loro miriadi di partecipazioni societarie, o le stesse Province; enti spesso sovra strutturati e/o palesemente autoreferenziali. Per quanto tempo ancora, o per quanti Governi ancora, dovremo sentirci dire che non ci sono le Risorse per l’economia reale? Quando poi allo stesso tempo le Risorse e le coperture si trovano sempre per salvare i bilanci di aziende pseudo privatizzate? Queste sedicenti misure ci vengono “vendute” a salvaguardia occupazionale, ma in realtà sono misure di ordine pubblico e consenso elettorale che purtroppo continuano a finanziare l’occupazione in settori per nulla strategici o addirittura sbagliati, togliendo invero, le risorse e strozzando l’occupazione in comparti, come quello delle Costruzioni, veramente strategici per la ripresa del Paese.”