Fondi strutturali Ue, il cofinanziamento italiano fermo al 46%
Non si arriva al parametro dei 50-50
Roma, 19 ottobre 2013 - Per il cofinanziamento nazionale dei fondi Ue 2014-2020 la legge di stabilità mette in bilancio soltanto 24 miliardi, quattro meno di quelli necessari per arrivare al tradizionale parametro del 50% dell'ammontare complessivo di risorse. Anche quattro miliardi meno di quelli che aveva garantito originariamente il ministro perla Coesione territoriale, Carlo Trigilia, raccomandando la conferma dello storico parametro del 50-50.
Il testo della legge di stabilità definisce, inoltre, in 54,8 miliardi l'entità del Fondo sviluppo e coesione (Fsc) che sarà affiancato ai fondi europei con lo specifico compito di finanziare le grandi opere infrastrutturali. Sommando i 28 miliardi di fondi Ue, la programmazione 2014-2020 potrà beneficiare in tutto di circa 106 miliardi.
Nei giorni scorsi è stata fatta una prima intesa fra Trigilia e il presidente della conferenza delle Regioni, Vasco Errani, sulla via del più ampio accordo di partenariato Governo-Regioni da presentare a Bruxelles sull'intera programmazione 2014-2020 (in realtà la scadenza era al 30 settembre).
Questa prima intesa serve a togliere di mezzo la mina del finanziamento con le risorse regionali dei programmi operativi nazionali (Pon) per le aree più sviluppate del centro-nord. L'accordo prevede che siano destinati ai programmi nazionali il 12-13% delle risorse assegnate alle Regioni: molto meno di quel 18-24% che il Governo contava di portare a casa per finanziare i piani nazionali. In termini assoluti parliamo di un paio di miliardi contro circa tre ipotizzati rispetto al totale di poco meno di 14 miliardi.
Nessun problema invece per le Regioni meno sviluppate che già nei passati cicli vedevano convivere programmi operativi regionali (Por) e nazionali (Pon). La quota destinata ai Pon sarà del 30-38 per cento, mentre le «Regioni in transizione» (Sardegna, Abruzzo, Molise) destineranno quote minime del 25%.
Tuttavia l'accordo consente al Governo di puntare all'intesa più generale con i Governatori e di recuperare il ritardo con Bruxelles. Già nei giorni scorsi Trigilia aveva definito «positivo» l'accordo con Errani. «Questa prima intesa ci consente di riavviare il processo che dovrebbe portare alla sottoscrizione dell'accordo di partenariato», spiega ora Sabina De Luca, capo del Dipartimento politiche di sviluppo (Dps).
Il primo passaggio di questa ripartenza è proprio la rielaborazione da parte del Dps delle simulazioni sulla ripartizione delle risorse fra Regioni e fra gli 11 obiettivi che segnano una svolta rispetto ai precedenti cicli di programmazione. Niente grandi opere infrastrutturali, stavolta, con i fondi Ue, attenzione rivolta soprattutto alle reti immateriali: digitalizzazione, innovazione, sostegno all'occupazione, inclusione sociale, efficienza energetica, mobilità sostenibile).
Un altro aspetto che ancora non ha trovato una soluzione positiva nella legge di stabilità è la proposta di Trigilia di svincolare dal patto di stabilità le risorse del Fondo sviluppo e coesione. È necessario un passaggio con Bruxelles mentre l'intesa con la commissione Ue e la legge di stabilità ammettono già la flessibilità dal patto delle spese di co-finanziamento.