Fondi Ue non spesi, salvati altri cinque miliardi
Periodo 2007-2013. Opere incompiute, il primato spetta al Mezzogiorno
Opere incompiute, il primato spetta al Mezzogiorno. La cifra precisa sarà resa nota probabilmente già nella prossima settimana. Ma il monitoraggio è stato completato e i calcoli definitivi sono ormai pronti. La nuova riprogrammazione dei fondi europei non spesi, relativi sempre alla tranche stanziata per il periodo 2007-2013, dovrebbe portare al recupero di altri cinque miliardi, euro più euro meno. Il lavoro avviato dal ministro per la Coesione territoriale Carlo Trigilia sulla scia del percorso avviato dal suo predecessore Fabrizio Barca rimette sul piatto somme importanti per aiutare il Mezzogiorno.
È la quarta riprogrammazione in meno di due anni e anche stavolta non verrà messa a rischio la prosecuzione di opere già finanziate anche se i lavori non sono partiti o sono in parte fermi. Si pesca tra risorse non vincolate, non ancora assegnate cioè, e sempre nell'ottica di sostenere lo sforzo del governo per i giovani disoccupati e le imprese. Sulle priorità di spesa, ci sono indicazioni specifiche delle parti sociali. Imprese e sindacati chiedono che le risorse siano spese per sostenere l'accesso al credito delle imprese, il rilancio dell'edilizia pubblica e privata, lo sviluppo degli investimenti. Il tutto in attesa delle prossime scadenze: e cioè l'accordo di partenariato, in base al quale le proposte concordate da governo e Regioni devono essere presentate all'Ue entro fine ano per poter accedere alla programmazione dei fondi 2014-2020; e soprattutto l'avvio dell'Agenzia per la coesione territoriale su cui, come dice Alessandro Laterza, non ci possono essere equivoci. «Nessun neocentralismo e nessuna volontà di sostituire l'Agenzia alle Regioni», dice il vicepresidente di Confindustria.
Sono in molti a pensarla come lui. E del resto i numeri irrobustiscono questa convinzione. La recente gestione dei fondi strutturali ha dimostrato - ma ce n'era ancora bisogno? - che è proprio la frammentazione dei processi decisionali una delle cause maggiori dei ritardi e delle inadempienze dell'Italia verso Bruxelles. Ben 75mila i progetti presentati tra Pon-Fesr nazionali e Pon Fesr regionali. E di essi il 77,4% è rappresentato da microeventi che non superano i 150mila euro di costo rendicontabile. Quasi inutile aggiungere che proprio questa parcellizzazione di risorse finisce per incrociare i problemi di finanza locale derivanti dal taglio dei trasferimenti dello Stato. Non è un caso, ricorda il sito Lavoce.info che «poco più del 32% dei Comuni italiani risulta beneficiario di almeno un progetto finanziato da un programma operativo regionale Fesr. Il dato sale al 62% nelle regioni dell'obiettivo convergenza (quelle del Sud) mentre si arriva al 95% dei Comuni di Puglia, Calabria e Sicilia che attuano progetti con fondi europei.
Facile allora capire perché è proprio il Sud in testa alla classifica nazionale per le opere incompiute. Il censimento ufficiale è affidato al sito aperto dal ministero dei Trasporti e affidato al sistema Simoi: ma i dati delle Regioni potranno affluire con calma visto che è stata prorogata di sei mesi (fino a tutto il 2013, cioè) la scadenza prevista dal decreto istitutivo dell'allora ministro Passera. Si calcola che in Italia siano almeno 360 le opere di tutte le dimensioni rimaste a metà, non partite affatto o non completate. Dalla Salerno-Reggio Calabria a impianti sportivi, case di riposo, centri polifunzionali e così via. Un problema complesso che di sicuro apre grossi interrogativi sulle risorse che hanno accompagnato certe decisioni.
Dove sono andate a finire quando, ovviamente, era garantita la loro disponibilità? Al momento c'è il web che aiuta a farsi un'idea di questo Paese incompiuto che ha ispirato un progetto, «Incompiuto siciliano» (è la regione con il maggior numero di casi) e un film documentario di un regista francese. Le segnalazioni in rete continuano ad essere tantissime, ma solo il monitoraggio ministeriale potrà fare chiarezza su quante e quali opere pubbliche devono essere catalogate in questa classifica e capire che farne. Ieri sul tema delle grandi opere è intervenuta Susanna Camusso, segretario generale della Cgil. Parlando a Salerno ha detto che «sarebbe un errore pensare solo alle grandi opere. Bisogna guardare a un riscatto integrale del territorio. Penso, ad esempio, alle risorse che servirebbero per la riqualificazione delle periferie e quanta qualità della vita ne determinerebbero in risultati per le città e per le persone. Anche quelle sono opere pubbliche, rappresentano cantieri, lavoro».