I duellanti delle grandi opere: Astaldi e Salini
La sfida è iniziata
Roma, 17 ottobre 2011 - La famiglia Astaldi e la famiglia Salini si contendono la leadership del mercato italiano delle costruzioni generali. La sfida è iniziata quando il gruppo romano Salini Costruzioni, numero tre del ranking, ha messo un piede in Impregilo (numero due in classifica), con l'idea di arrivare a creare un campione nazionale in grado di battere l'attuale numero uno, Astaldi, sempre romano.
Visioni differenti Salini ha sorpreso il mercato per l'audacia della mossa, ma anche Astaldi aveva suscitato sorpresa quando, pochi mesi fa, aveva ampliato il suo core business per rilevare l'8% dell' autostrada Serenissima divenendone il secondo socio privato.
I due gruppi, diversi per storia e dimensioni, hanno in comune l'ambizione di crescere, un business radicato all'estero e una famiglia proprietaria giunta alla terza generazione. Astaldi è già quotato in Borsa, fattura 2 miliardi è 93esimo nel mondo ed è specializzato nelle grandi infrastrutture di trasporto, Salini ha ricavi per 1,1 miliardi, è focalizzato nelle grandi opere idroelettriche e si sta preparando a seguire le orme del rivale.
«I gruppi italiani - afferma Pietro Salini, amministratore delegato - dovrebbero lavorare per creare un campione nazionale in grado di farsi valere all'estero, non competere tra loro. Così non si sopravvive. II nostro ingresso in Impregilo invita il sistema a riflettere sul problema delle dimensioni». Un po' meno preoccupata la visione della famiglia Astaldi che il suo percorso di crescita lo ha avviato vent'anni fa. «La dimensione è importante - dice Paolo Astaldi, presidente del gruppo -. Ma non è tutto, conta anche la qualità di ciò che fai. Per essere grande all'estero prima devi essere grande a casa tua. Noi concorriamo su tutti i mercati internazionali e non sfiguriamo, la nostra dimensione ci consente di poterci muovere senza complessi di inferiorità per la professionalità del nostro management». Il matrimonio con Impregilo era stato considerato anni fa proprio dagli Astaldi, ma poi era stato abbandonato. «Abbiamo valutato a suo tempo la fusione con Impregilo - spiega Paolo Astaldi - ma abbiamo una diversa visione strategica per cui non è andato in porto». Salini e Astaldi sono i due player più dinamici del momento nel ristretto club delle costruzioni generali paralizzato dalla crisi e dai debiti. Salini prima di entrare in Impregilo ha rilevato la Todini Costruzioni ricapitalizzandola e assorbendone i debiti e Astaldi pochi giorni fa ha rilevato la Busi Impianti dalla famiglia Aldrovandi realizzando un'integrazione verticale del proprio business.
Espansione «Il mercato domestico è piccolo - dice Salini - e quel poco che c'è finisce oggetto di contestazioni, la frantumazione porta a costi generali alti e ad inefficienze. Ma non è detto che ci sia un consolidamento». Anche Astaldi nota le difficoltà nel settore, ma non vede «un consolidamento, nè grandi opportunità sul mercato». Salini e Astaldi decidono con la rapidità delle riunioni di famiglia e gli orizzonti lunghi delle proprietà stabili. II gruppo Salini che ha appena compiuto 75 anni, fa capo per il 52% a un'accomandita, la Salini Simonpietro, la cui maggioranza a sua volta è passata dal padre Simon Pietro al figlio Pietro e alla sua famiglia qualche anno fa tramite un cosiddetto family buyout. II resto dei titoli è di proprietà dell'altro ramo famigliare cioè quello di Saverio con i suoi tre figli. Ma gli assetti proprietari non interessano più di tanto. «In questa fase - continua Pietro Salini - non scartiamo nessuna opzione anche se immaginare un'integrazione con un gruppo indiano o australiano è difficile». Meglio la Borsa perché «aumenta la trasparenza, le fonti di finanziamento, la possibilità di realizzare scambi carta contro carta senza far crescere l'indebitamento». Salini ha un «piano industriale da 3 miliardi di ricavi nel 2015 già coperto per il 65% e tante commesse importanti, dal metropolitana di Copenaghen alla diga Millennium in Etiopia». Astaldi, fondata nel 1920 da Sante Astaldi, fa capo a una cassaforte (Finast) dove siedono alla presidenza la madre Francesca Del Torre e nel ruolo di consiglieri i tre figli Paolo, Pietro e Caterina. I tre fratelli Astaldi hanno un terzo a testa del capitale ma l'usufrutto sul 33,99% è ancora in mano alla madre. Nel 2010 Astaldi ha realizzato un fatturato consolidato di 2 miliardi con un utile netto di 63 milioni ed ha un piano industriale al 2015 da oltre 3 miliardi di ricavi. «Abbiamo impostato il nostro percorso di sviluppo a metà degli anni Novanta - spiega Paolo Astaldi -. È stata una scelta a lungo termine che ha visto d'accordo famiglia e management.