I porti italiani perdono colpi
Logistica. Report Ambrosetti: Genova e Trieste retrocedono al posto 15 e 16 in Europa
Milano, 19 giugno 2013 – Sta perdendo colpi il sistema portuale italiano, fiaccato, più che dalla crisi, dall'incapacità del Paese di valorizzare il comparto marittimo e logistico. E quanto emerge dallo studio redatto dal gruppo The european house-Ambrosetti, che è stato presentato a Roma al forum su «Il rilancio della portualità e della logistica italiana», organizzato dalle Assoporti, Federagenti e Fedespedi, le tre associazioni di categoria che rappresentano rispettivamente i porti, le navi e la merce.
Il quadro che emerge dal report Ambrosetti è tutt'altro che rassicurante. Vi si legge che «i principali scali mercantili italiani, Genova e Trieste, sono al 15° e 16° posto in Europa»; mentre, per quanto riguarda il transhipment (cioè il trasbordo di container da navi madri a feeder), la nostra quota nel Mediterraneo è in discesa era al 26% nel 2006 e oggi è finita al 20%. Inoltre, incrociando dati del ministero dei Trasporti, di Assoporti e di Unioncamere, è emerso che l'Italia perde quasi 500mila teu (container da 20 piedi) l'anno che potrebbero sbarcare negli scali nazionali, mentre vengono dirottati, soprattutto per ragioni legate a eccessiva burocrazia e carenze logistiche, in altri porti europei. Da una stima fatta sul 2012, emerge che l'Italia ha ceduto 441mila teu, che sono andati a Rotterdam (220mila), Anversa (126mila), Amburgo (43mila), Le Havre (24mila) e Zeebrugge (28mila).
Pur essendo un Paese ancora considerato logistic friendly, inoltre, l'Italia sta arretrando. All'interno del Logistic performance index 2012 occupiamo la 24° posizione: nel 2007 eravamo al 22° posto. Le criticità che hanno portato a questa discesa traspaiono, ad esempio, dai tempi di esportazione delle merci; che nel nostro Paese sono di 17 giorni, mentre la media europea si attesta su 11. Guardando le singole nazioni si vede che il Regno Unito impiega una media di 5 giorni; la Germania 7; la Spagna 9; la Francia 11; la Grecia 15. Appare chiaro, quindi, come l'Italia sia il worst performer in Ue. Anche in termini di import, peraltro, i tempi dell'Italia sono in ultima posizione: totalizziamo 19 giorni, al pari della Grecia, quando la media Ue è di 11. Secondo i dati raccolti dallo studio, peraltro, le inefficienze della logistica costano alle imprese italiane circa 12 miliardi l'anno. E prendendo in considerazione il dato secondo cui, per ogni giorno di ritardo, il commercio internazionale subisce una contrazione dell'1% nell'arco dell'anno, il report sottolinea che «se l'Italia si allineasse alla media europea e guadagnasse una media di 6-8 giorni nelle operazioni di sbarco e imbarco, il commercio internazionale nel Paese aumenterebbe di circa 50 miliardi».
Il problema, sottolinea lo studio, è che porti e logistica non sono «nella mappa mentale del Paese» e quindi non sono considerati come un tema prioritario. Restano, tuttavia, delle potenzialità significative che si potrebbero valorizzare eliminando i colli di bottiglia burocratici e investendo sulle infrastrutture dove davvero serve.
A questo proposito, Piero Lazzeri, presidente di Fedespedi, ha sostenuto «la necessità di decise azioni di semplificazione normativa e burocratica nelle procedure di import ed export delle merci, per ridurre lo spread crescente fra la capacità competitiva del nostro settore e quella dei nostri partner europei».
Il numero uno di Assoporti, Luigi Merlo, ha sottolineato la necessità di un ritorno della politica sul settore marittimo, con «l'abbandono di una visione ragionieristica della gestione del paese, che equivale a un suicidio». Michele Pappalardo, presidente di Federagenti, a aggiunto che «è il momento di affermare con forza che senza i porti e senza le navi, l'Italia muore».