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Briciole di pane

I porti, volano di sviluppo economico e occupazione

Ogni milione aggiuntivo di tonnellate di traffico merci genera trecento posti di lavoro

Roma, 26 giugno 2013 - Luci e ombre, dalla tavola rotonda internazionale sulla portualità tenutasi, nei giorni scorsi, a Civitavecchia.

Si conferma e si accentua l’importanza di porti e sistemi portuali ai fini della crescita economica. Dimitrios Theologitis, Capo Unità Porti della Commissione Europea, ha fornito una stima di notevole interesse: ogni milione di tonnellate di incremento di traffico merci genera trecento posti di lavoro. Rendere i porti sempre più attrattivi, e i relativi servizi sempre più efficienti, è, dunque, un imperativo per un’Europa che arranca dal punto di vista occupazionale.

Non a caso i nuovi “Corridoi”, tendenzialmente, partono dal mare e arrivano al mare. Basti pensare a quello Scandinavo-Mediterraneo e a quello Baltico-Adriatico, che toccano direttamente l’Italia. I porti, quindi, assumono il ruolo di “porte” d’Europa.

Passando allo scenario nostrano, non appare né provocatoria né esagerata la scelta del Piano Nazionale della Logistica di intitolare il suo capitolo centrale “Ciò che fa bene ai porti fa bene al Paese”; ed è positivo che un intero articolo del recentissimo "Decreto del fare" sia dedicato alle misure per l'aumento della produttività nei porti.

Parlavamo, però, pure delle ombre.

Queste non attengono tanto all’incapacità dei singoli porti di portare a compimento progetti infrastrutturali e trasportistici impegnativi. Civitavecchia, per lo meno, rappresenta un esempio del contrario. Primo porto europeo per numero di crocieristi, in crescita nel trasporto merci nonostante la crisi, ha saputo sfruttare la propria caratteristica di essere uno dei pochi porti mediterranei non chiuso da un retroterra urbanizzato per espandersi verso nord. La nuova banchina 27, recentemente inaugurata, è stata ultimata addirittura in anticipo rispetto ai tempi programmati.

Le criticità, piuttosto, sono di sistema: carenze che, per l'Italia, si appuntano sulle hinterland connections, sulla insufficiente intermodalità, sul mancato sviluppo di un piano strategico di tutti i trasporti.

Certo, qualcosa si sta muovendo, soprattutto grazie agli sforzi dei gestori di infrastrutture più attenti. Per restare in loco, è del 13 febbraio 2013 la stipula di una Convenzione tra l'ANAS e il Porto di Civitavecchia finalizzata alla "redazione della progettazione preliminare del sistema infrastrutturale di collegamento del Porto di Civitavecchia con il nodo intermodale di Orte".

Ma non basta: occorre, evidentemente, una regia unitaria. Anche per far fronte ai mutamenti epocali che stanno intervenendo nel mercato. Le grandi compagnie di traffico container (che, lo rammentiamo, è il 60% del traffico totale) tendono a fondersi, accentrarsi, fare cartello. La prospettiva è chiara: rimarranno sulla scena pochissimi players: vere multinazionali industriali del mare (in buona parte è già così). Colossi in grado di monopolizzare i traffici e dettare le condizioni a qualsiasi altro soggetto. I territori, come quello italiano, dovranno allora dimostrare di essere pronti: per non subire i processi, anziché governarli.

Carlo Sgandurra